È ormai diventata una vera e propria filiera commerciale quella dei prodotti a “chilometro zero”, che vengono venduti solo nel luogo di produzione e nei dintorni per evitare l’inquinamento dei lunghi trasporti intercontinentali. In Italia stanno diventando sempre più numerosi i gruppi che si organizzano per acquistare direttamente dai produttori locali gli alimenti – soprattutto frutta e verdura – che hanno questa caratteristica. Anche il concetto di “rifiuti zero”, che prevede il riutilizzo, il recupero e il riciclaggio di ogni bene prodotto secondo la filosofia dell’economia circolare, sta prendendo sempre più piede nella consapevolezza dei consumatori. Vale a dire niente più spazzatura che finisce indistintamente nelle discariche o in qualche termoinceneritore, ma solo prodotti progettati e realizzati per essere riparati, riutilizzati e riciclati. Questo accade almeno tra i cittadini, perché invece in Parlamento un apposito disegno di legge di iniziativa popolare presentato nel lontano 2012, di fatto, non è mai stato portato in votazione.
Ora è la volta di altre risorse che possono essere utilizzate senza provocare consumi, impatti e alterazioni all’ambiente, ma che già adesso hanno (ne avranno sempre di più nel futuro), importanti ripercussioni positive sull’economia. Con l’idea di avere energia a impatto zero, cioè senza utilizzare fonti fossili e senza produrre emissioni inquinanti, sono stati già costruiti e ristrutturati molti edifici in tutto il mondo. Uno di questi, che si può considerare tra i più evoluti sotto il profilo innovativo e tecnologico, è il Frick Environmental Center di Pittsburgh negli Stati Uniti, inaugurato nel settembre 2016 e che in un anno e mezzo (per l’esattezza l’11 aprile 2018) ha raggiunto lo status die “Edificio Vivente” (Living Building Status) previsto da un apposito programma edilizio degli USA. Si tratta di un centro educativo che si trova nell’omonimo parco cittadino e che è stato ristrutturato a seguito di un incendio. L’edificio e tutte le altre parti della struttura, sono stati realizzati soprattutto con materiali locali, si estende per 1.500 metri quadrati su due piani ed è ricoperta da un tetto, dove è stato collocato un impianto di pannelli fotovoltaici progettato per generare oltre 150mila chilowattora l’anno: quasi il 10% in più dei consumi elettrici che richiede l’intero edificio.
L’ipotesi progettuale si è rivelata cautelativa perché l’energia effettivamente prodotta in quattro anni è stata mediamente superiore del 18% rispetto ai suoi fabbisogni: se ne sono avvantaggiate una ventina di case vicine che così l’hanno potuta utilizzare attraverso la rete elettrica locale. I consumi che servono per climatizzare gli ambienti, inoltre, sono integrati con dei pozzi geotermici profondi circa 150 metri, attraverso i quali viene scaldata per via naturale l’acqua che scorre negli impianti di riscaldamento. Il calore poi viene diffuso negli ambienti attraverso un pavimento radiante.
Non a caso il Frick Environmental Center è stato dichiarato il primo edificio al mondo di proprietà pubblica (la città di Pittsburgh) rispettoso degli standard programma statunitense Living Building Challenge. Il programma è tra i più severi al mondo per quanto riguarda l’edilizia “pulita, bella ed efficiente come l’architettura della natura”. L’intera struttura infatti, sempre ispirandosi concetto “spreco zero”, è stata progettata anche in riferimento all’efficienza energetica e non solo alla produzione: utilizzerà il 40% in meno di energia rispetto ad un edificio tipico delle sue dimensioni nella zona. Attraverso un sistema di sensori in grado di quantificare quanta luce proviene dall’esterno (anche di notte), un piccolo computer regola l’intensità dell’illuminazione all’interno della struttura.
Grazie, infine, ad altri sensori che eseguono un monitoraggio costante delle condizioni meteo e della temperatura fuori dall’edificio, lo stesso sistema avverte i frequentatori, con l’accensione automatica di una luce verde, che dal punto di vista energetico è meglio stare con le finestre aperte. Così si regola anche il ricambio d’aria e il passaggio del calore (o del refrigerio) dall’esterno all’interno e viceversa. Quello che integra l’unicità di questo edificio comunque è l’impianto denominato net zero water: la pioggia viene immagazzinata nelle cisterne della struttura per i consumi non potabili e in parte per raffrescare l’edificio d’estate. La zona di Pittsburgh di solito è molto piovosa e quindi non esiste (almeno per il momento) il rischio di una carenza idrica. Tutto questo sta determinando un impatto occupazionale molto positivo nella zona: tra l’altro in un settore, quello edilizio, già da tempo fortemente in crisi e che solo in questo modo può essere rilanciato. Ne riparliamo in un altro articolo su questo sito.