Si chiama “contributo di aiuto alla fioritura” e oltre a ottenere elettricità e calore al 100% rinnovabili, serve a produrre buon polline per le api. La mortalità degli insetti impollinatori, causata in gran parte dall’uso indiscriminato dei pesticidi neonicotinoidi è un problema che sta interessando ormai tutti i paesi del mondo. D’altra parte, con la nuova impennata dei prezzi dei combustibili fossili causata dall’assurda invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ci si rende conto quanto siano state sbagliate e siano ancora oggi miopi le politiche che non hanno consentito lo sviluppo delle fonti rinnovabili a livello globale. Non ci stancheremo mai di ripetere che la transizione verso le fonti energetiche rinnovabili è un passo che tutte le economie del mondo dovranno compiere, a prescindere dai governi in carica nelle varie nazioni, perché ai ritmi attuali di consumo le fonti fossili si esauriranno in tempi sempre più brevi. Allo stesso tempo, con questa stupida impostazione economica, avremo portato la temperatura del pianeta oltre il punto di non ritorno per quanto riguarda i cambiamenti climatici. A questi due problemi però se ne sta aggiungendo anche un terzo, specifico di un modo sbagliato di realizzare la transizione energetica verso le fonti rinnovabili: è l’uso dei terreni pregiati per attuare colture agrarie, in particolare il mais, da destinare alla produzione di biogas. Per nostra fortuna comunque le buone idee non mancano mai e cosi in Germania, già da alcuni anni, hanno messo a punto un semplice progetto incentivante, “Bienenstrom” (letteralmente: “flusso energetico delle api”), per risolvere con un’unica soluzione questi tre grandi problemi planetari. Una soluzione che intanto si sta applicando su scala locale, ma che presto si potrebbe estendere ovunque, essendo facilmente replicabile in ogni angolo del pianeta.
Sostanzialmente gli incentivi funzionano in questo modo: per ogni chilowattora di energia elettrica consumato e prodotta dagli impianti del progetto (per lo più centrali idroelettriche collocate in montagna), un centesimo di euro viene destinato alla coltivazione e alla manutenzione di aree dove vengono seminate erbe e piante che fioriscono e rifioriscono in continuazione: in questo modo si ricreano gli habitat preferiti dalle api e dagli insetti impollinatori in generale. Per un una famiglia media di tre – quattro persone, che consuma circa 3.600 kWh all’anno, questo corrisponde a un costo annuale medio di 36 euro e con i quali si realizza una nuova superficie fiorita si circa 500 m²: ogni 20 famiglie che aderiscono al progetto quindi si crea un nuovo ettaro di campi fioriti e per questo l’iniziativa sta attirando l’interesse anche degli sponsor. Ma non è finita qui.
Man mano che l’idea andava prendendo piede e i campi fioriti diventavano sempre più numerosi, a questo primo incentivo se ne è aggiunto un altro ancora più sostanzioso: 2 centesimi di euro per ogni kWh di energia elettrica venduta. Una volta terminata la fioritura e in attesa della prossima, le erbe e le piante seminate (che possono essere pluriannuali o addirittura perenni), vengono falciate e utilizzate nei piccoli impianti locali per la produzione di biogas dal quale poi si ricava calore ed energia che può essere venduta in tutta la Germania. “Bee Heat”, denominato anche in tedesco Bienenwärme (“calore delle api”), è un gas combustibile neutro dal punto di vista delle emissioni di CO2, che gli utenti possono scegliere di far miscelare con altro biogas prodotto dai residui agricoli e altre biomasse certificate: la miscela può variare dal 10% al 20%, ma si può arrivare anche al 100% utilizzando solo gli sfalci dei campi fioriti. Il contributo per la fioritura di 2 centesimi per kWh è lo stesso per tutte e tre le tariffe.
Il calore delle api, prodotto dalla società Stadtwerke Nürtingen GmbH (un’azienda municipalizzata), in sostanza è il primo prodotto di gas verde che crea un habitat ideale sia per gli insetti che per le piante stesse, evitando in questo modo di ricorrere alle monocolture per produrre biogas: a partire dal mais. Il contributo alla fioritura quindi serve in particolar modo ad espandere le superfici e le aziende coinvolte. Queste ultime non necessariamente devono mettere a disposizione i terreni che ordinariamente vengono utilizzati per produrre il reddito aziendale complessivo, visto che per le colture energetiche da fiore possono essere impiegate anche aree marginali all’interno dell’azienda stessa o addirittura quelle incolte lungo i fossi e i canali: un potenziale molto importante che oggi risulta completamente trascurato.
Bisogna sapere infatti (questa valutazione la mettiamo a disposizione noi) che quando viene bruciato il gas naturale di origine fossile, anche quello che importiamo dalla Russia con i gasdotti che attraversano l’Ucraina, per ogni kWh prodotto vengono rilasciati in atmosfera 0,2 kg di CO2. Con il consumo di 3.600 KWh prodotti da questa fonte annualmente, ogni famiglia media contribuisce quindi ad immettere 720 kg e, per restare nell’esempio su riportato, occorre almeno un ettaro e mezzo di superficie agricola ordinaria, cioè coltivata con qualsiasi coltura, per compensare le emissioni di 20 famiglie: in tal modo le emissioni di CO2 saranno sempre maggiori degli assorbimenti. Utilizzando invece il biogas ordinario, quello ottenuto con gli stocchi del mais per intenderci, il fabbisogno di superficie scende ad un ettaro, mentre le entrate e le uscite della CO2 vanno in pareggio. Con il biogas ottenuto dalle colture energetiche da fiore il rapporto si inverte: il sequestro e lo stoccaggio della CO2 da parte delle erbe e delle piante sarà sempre maggiore delle emissioni e in tal modo si andrà a diminuire la quantità di gas serra attualmente presenti nell’atmosfera. Questa sarebbe una prospettiva lungimirante di cui si dovrebbero occupare i governi di tutto il mondo, invece di stare a valutare con la solita miopia e in difesa degli stessi interessi di sempre, come uscire fuori dall’ennesima guerra “energetica” della storia umana.