In poche settimane il costo del gas metano che usiamo come carburante per le automobili è raddoppiato. Lo abbiamo appreso solo quando siamo andati a fare il rifornimento al distributore, perché in realtà i maggiori mass media nazionali e internazionali non si sono neppure accorti (o non hanno voluto accorgersi) di questo vertiginoso aumento. Del resto, in tutta Europa si registrano quasi quotidianamente aumenti dei costi di tutti i combustibili fossili (anche da riscaldamento) dai quali si ottiene ancora oggi gran parte dell’energia elettrica che utilizziamo nelle nostre case e nei nostri cicli produttivi. I governi nazionali e la stessa Unione Europea stanno cercando in tutti i modi di adottare misure per calmierare i prezzi affinché questi aumenti non abbiano impatti rilevanti su una situazione economica che è già stata messa in ginocchio dalla pandemia del coronavirus. In ultima analisi comunque queste misure andranno ad aggravare i singoli bilanci statali e di conseguenza, anche se indirettamente, saranno a carico dei cittadini. Le cause di questi vertiginosi aumenti le abbiamo descritte fin troppe volte su questo sito: una per tutte, il fatto che questi combustibili prima o poi si esauriranno e al ritmo di consumo attuale i tempi si stanno abbreviando. Ma, a ben vedere, la causa degli aumenti è soprattutto “politica”. Non a caso è stata per prima la Russia ad aver tagliato inaspettatamente le forniture la corsa estate. Senza preavviso i paesi europei non hanno potuto effettuare lo stoccaggio prima dell’inverno e di conseguenza è scattata la crisi energetica e il relativo, gigantesco, affare per gli oligarchi russi.
In vista dell’imminente summit mondiale sul clima (COP26) che si terrà nei prossimi giorni a Glasgow e dal quale tutta l’opinione mondiale si attende drastiche misure per affrontare e risolvere l’emergenza climatica in corso, è fin troppo evidente che con questi aumenti i colossi mondiali produttori dei combustibili fossili (petrolio, gas, carbone e uranio), per tramite dei governi nazionali da loro stessi spalleggiati, stanno cercando di far pesare il loro ruolo strategico: le assenze al summit scozzese di capi di governo con economie altamente “fossili” la dicono lunga in tal senso. Il ruolo di queste fonti ancora oggi è ancora pressoché insostituibile per l’intera economia mondiale. Mentre gli stessi leader politici continuano a parlare di sostenibilità ambientale e sociale, ma senza realizzare atti e fatti concreti in questa prospettiva, è quasi certo che dal summit di Glasgow si uscirà con un nulla di fatto. Si tratta di un atteggiamento ricattatorio che però ha già innescato un altro grande rischio planetario: anche l’agricoltura è ancora completamente dipendente dai fertilizzanti, dai prodotti chimici e dai carburanti che si ottengono dalle fonti fossili. Tranne che nelle aree dove si applicano i sistemi di coltivazione biologica e biodinamica, la permacoltura e altre tecniche di agricoltura rigenerativa, c’è il rischio che questi aumenti determinino un impatto devastante sui prezzi al dettaglio e sulle scorte di cibo a livello globale. Questo rischio comunque, da un lato potrebbe avere effetti preoccupanti solo nel breve-medio termine (per le stesse ragioni su evidenziate), mentre dall’altro spingerà ulteriormente l’intera economia globale ad emanciparsi dall’insostenibile meccanismo di produzione attuale. Vediamo perché.
Malgrado la grande sproporzione delle loro dimensioni geografiche, attualmente i due maggiori esportatori mondiali di prodotti alimentari sono gli USA e i Paesi Bassi e i loro sistemi agricoli dipendono quasi esclusivamente dalle fonti fossili. Nei Paesi Bassi in particolare, dove il clima non è di certo tra i più favorevoli, l’esportazione riguarda soprattutto gli ortaggi coltivati sotto serra con il sistema della coltivazione idroponica: la cosiddetta agricoltura senza terra, dove le piante vengono coltivate senza trapianto nel terreno e crescono grazie ad appositi apporti nutrizionali forniti attraverso tubi e canalizzazioni artificiali. Le serre olandesi ad alta tecnologia coprono un’estensione di oltre 10mila ettari e le aziende che le gestiscono riforniscono per 12 mesi all’anno i supermercati dell’intera Europa delle verdure e degli ortaggi di più largo consumo (insalate, pomodori, cetrioli, peperoni, zucchine, etc.). Al già alto impatto per il clima che si realizza con questo sistema di produzione, ci si aggiunge anche quello dei trasporti e della distribuzione. Negli ultimi anni queste aziende si stanno espandendo anche nei paesi mediterranei dove la competizione dei loro prezzi è basata soprattutto sul basso costo dei salari applicati per lo più alla mano d’opera immigrata. Malgrado la pandemia, nel 2020 le esportazioni olandesi di prodotti agricoli prodotti in serra sono state pari a 10,7 miliardi di dollari, ma questo potrebbe essere l’ultimo anno in cui si è registrato un saldo così positivo. La causa è dovuta proprio all’aumento vertiginoso del prezzo del gas naturale e dell’elettricità con cui vengono riscaldate le serre e gestiti gli impianti di illuminazione durante l’inverno. Sarà difficile che i consumatori scelgano di pagare sempre di più questi prodotti per compensare spese di produzione così insostenibili. L’associazione di categoria Glastuinbouw Nederland infatti prevede un impatto enorme dell’aumento dei costi energetici nel settore e già molte aziende hanno preannunciato tagli della produzioni, chiusure e licenziamenti degli operai.
Dal lato dei fertilizzanti le cose non vanno di certo meglio perché la causa è sempre la stessa: la FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di agricoltura e sicurezza alimentare) ha comunicato recentemente che i prezzi alimentari su scala globale hanno già raggiunto il livello massimo degli ultimi dieci anni: non è difficile immaginare che andrà sempre peggio. Siamo quindi in presenza di un’altra enorme emergenza su scala mondiale e che potrebbe durare a sua volta per molto tempo, malgrado le affermazioni di molti banchieri e governanti “ottimisti”.
Questo esito è ancora più assurdo considerando il fatto che le coltivazioni sotto serra e senza alcun apporto della chimica si realizzano ormai da secoli in tutto il mondo: per la precisione da quando si è cominciato a usare il vetro per realizzare il caratteristico effetto di riscaldamento in ambienti confinati. Nel tempo il vetro è stato sostituito con i film plastici, molto più economici e maneggevoli, anch’essi ricavati essenzialmente da prodotti petroliferi. Oggi però questi film si possono produrre con materie di origine organica e che risultano biodegradabili a fine ciclo. E con il meccanismo dei due strati di copertura, anche di notte si può mantenere una temperatura di molto sopra lo zero all’interno della serra(in media – 8 gradi C°), persino quando la temperatura esterna scende a –11 gradi centigradi. Questo senza contare che tra le misure inserite nel programma “Next Generation 2.0” per la conversione ecologica dell’economia i governi hanno inserito misure di incentivazione anche per le serre fotovoltaiche che insieme alle produzioni agricole con la stessa installazione riescono a ricavare grandi quantità di energia dal sole. Con le tecniche di fertilizzazione dell’agricoltura biologica infine le produzioni agricole realizzate con queste strutture possono risultare persino più abbondanti e qualitativamente migliori rispetto sia all’agricoltura convenzionale (la scarsa qualità delle colture idropiche non la consideriamo proprio): l’esatto contrario di quanto avviene nei Paesi Bassi.
L’autore di questo approfondimento dispone di una vasta esperienza in tal senso e senza ombra di dubbio può affermare che non esiste paragone tra i prodotti ottenuti con un effetto serra rispettoso della Natura, rispetto ai prodotti ricavati (si potrebbe dire “manipolati”) artificialmente, con coltivazioni di piante le cui radici non toccano mai la terra e che utilizzano intensivamente i combustibili fossili per riscaldare e illuminare gli ambienti di coltivazione. Non si tratta di scegliere tra due opzioni dello stesso valore perché solo uno dei due tipi di produzione, il primo, determina ricadute positive per l’economia mondiale e per il clima, mentre l’altro effetto serra non fa altro che aggravarlo in favore di qualche oligarca dell’energia fossile e dei suoi fantocci politici di turno.
Leggi anche su questo sito:
Risolvere velocemente il cambiamento climatico: bioplastiche dai gas serra
Siamo ancora in tempo per evitare lo scenario “Terra Serra”
Abbattere le emissioni dei gas serra in poco tempo è già possibile