Acqua, gas, energia, mense scolastiche, comunicazioni, trasporti e smaltimento rifiuti sono voci di spesa decisive per il nostro bilancio familiare. Sono tutti servizi pubblici che negli ultimi decenni sono stati privatizzati a livello globale in nome della concorrenza e della maggiore efficienza dei soggetti privati. Servizi di cui siamo ormai abituati, se non rassegnati, a veder aumentare spesso le relative bollette. Ma da qualche anno, dopo decenni di gestioni a dir poco selvagge, sta accadendo l’esatto contrario. Non è ancora una situazione generalizzata, perché in alcuni casi (pochi per la verità) il ricorso ai privati nella gestione dei servizi dati in concessione ha avuto successo, tipo nella telefonia mobile. Ma i segnali di una inversione di tendenza sono sempre più numerosi e importanti, soprattutto a livello comunale. Il Transnational Institute (TNI) di Amsterdam, con il suo ultimo rapporto The Future Is Public, ha calcolato che i casi di ri-municipalizzazione negli ultimi anni si sono quasi raddoppiati: nelle città medio-grandi a livello globale erano circa 1.400 circa vent’anni fa e oggi sono saliti a più di 2.400 in 58 paesi diversi. Il fenomeno si chiama insourcing (internalizzazione), vale a dire affidare determinati compiti a soggetti al proprio interno, ed è il contrario di outsourcing (esternalizzazione). E’ un fenomeno che sta ad indicare che i famosi mercati non si sono rivelati la migliore soluzione possibile ad ogni problema, come ci è stato fatto credere mentre l’attività svolta da parte del settore pubblico era stata raffigurata come un fardello inefficiente sull’economia nel suo complesso. Oggi si scopre sempre di più che è vero l’esatto contrario se si vuole perseguire per davvero il bene comune: ovvero l’interesse di tutti e non più quello del proprio portafoglio. Le privatizzazioni infatti hanno sempre comportato aumenti tariffari insostenibili, contratti capestro dove il privato aveva ed ha sempre ragione, prodotti finanziari derivati (la più tossica delle speculazioni finanziarie) nascosti dentro le tariffe applicate alle utenze, disservizi a ripetizione e sprechi delle risorse (specialmente quella idrica), vessazioni e abusi di potere nei confronti delle utenze. Senza trascurare i frequenti casi di corruzione di politici e amministratori interessati dalle stesse privatizzazioni. Nessuna demonizzazione dei servizi dati in concessione ai privati da parte nostra. Questo è solo il riscontro di una casistica ormai sempre più imponente a dieci anni di distanza del referendum del 12 e 13 giugno 2011.
IL CASO ACQUA A PARIGI
La rimunicipalizzazione dell’acqua a Parigi è stato l’esempio più eclatante di questa tendenza (vedi anche: Sindaci senza paura delle multinazionali: il ritorno all’acqua pubblica). L’amministrazione comunale si era accorta da tempo che le due società francesi private, Suez-GdF e Veolia (le più grandi multinazionali mondiali anche nel settore dei rifiuti e ben radicate in Italia), incaricate della gestione del servizio idrico della città rispettivamente sulla riva sinistra e sulla riva destra del fiume Senna, non avevano effettuato gran parte degli investimenti promessi all’inizio dell’affidamento. La promessa concorrenza sulle tariffe non c’era stata affatto ed anzi i due colossi economici avevano creato una società comune che si occupava della fatturazione e del recapito a domicilio delle bollette. Così l’allora Sindaco Bertrand Delanoë (socialista), scaduto il contratto che durava da 25 anni, aveva dato il benservito ai due gestori e presunti concorrenti, anche a seguito di alcuni scandali giudiziari. Già nel 2010, anno in cui la gestione è tornata in mano al Comune, sono stati risparmiati 35 milioni di euro poi reinvestiti per aumentare l’efficienza del servizio, mentre le bollette sono state abbassate dell’8% : già nel primo anno del nuovo corso verso il bene comune. La società interamente pubblica subentrata, Eau de Paris, poi ha installato persino dei distributori che forniscono gratuitamente acqua frizzante refrigerata; un’idea che sembra sciocca per il privato (per quella logica sono solo costi aggiuntivi), ma che diventa economica in mano pubblica e buona per l’ambiente quando si vanno a calcolare le centinaia di migliaia di bottiglie di plastica risparmiate prima per l’imbottigliamento e poi per non essere inserite nei cicli di smaltimento/trattamento. Senza contare i risparmi di combustibili fossili per portarle dai luoghi di prelievo e imbottigliamento ai luoghi di vendita. Nella sola Francia si sono verificati almeno 110 i casi di ri-municipalizzazione nel settore idrico e igienico-sanitario dal 2000 ad oggi.
GERMANIA E SPAGNA: ENERGIA PUBBLICA E PULITA
Altro esempio è stato quello di Monaco di Baviera, in Germania, dove gli amministratori pubblici si sono già ripresi gli impianti di produzione di energia elettrica ed hanno deciso che entro il 2025, cioè “domai mattina” sotto il profilo amministrativo, il 100% del fabbisogno di energia elettrica di quella città dovrà provenire da fonti rinnovabili. Proprio in Germania, dove il carbone in passato costituiva la principale fonte energetica, è stata avviata la più grande espansione della fornitura municipale diretta dei servizi pubblici da fonti rinnovabili. Circa due terzi dei Comuni tedeschi hanno programmato la ri-acquisizione degli impianti di produzione e distribuzione di elettricità affidati ai privati, una volta arrivati a scadenza i relativi contratti. Questa tendenza sta riguardato anche lo smaltimento dei rifiuti, gli alloggi popolari e i trasporti pubblici.
In Spagna la sindaca di Barcellona Ada Colau, eletta al primo turno con la piattaforma “Barcelona en Comú” nel 2015 (costituita inizialmente da organizzazioni di volontariato da tempo impegnate in città), ha prima combattuto e contrastato le società monopoliste del settore con l’obiettivo di determinare e migliorare l’autosufficienza energetica e la sostenibilità ambientale. Poi, nel giugno del 2019, ha costituito “Barcelona Energia” (BE), una società produttrice di energia rinnovabile al 100% di proprietà interamente pubblica, che ha iniziato a fornire elettricità agli edifici e alle strutture del Comune, nonché a 20.000 abitazioni popolari, rendendola cosi la più grande società energetica della Spagna. Infine, installando pannelli solari sui tetti degli edifici pubblici e ricorrendo anche alle altre fonti pulite, l’amministrazione comunale intende raggiungere l’autosufficienza energetica in pochi anni nel proprio territorio di competenza.
LONDRA VIAGGIA “PUBLIC”
E’ nel settore dei trasporti pubblici in Inghilterra però, per la precisione a Londra, che c’è stata la ri-municipalizzazione più significativa negli ultimi venti anni. Perché è da lì che è partita l’idea delle privatizzazioni dei servizi, con il suo impianto “filosofico” secondo cui le aziende private sono garanzia di maggiore efficienza, ordine, libera concorrenza e contenimento delle tariffe, meritocrazia, ecc. ecc. ecc. Una virus politico pandemico che è stato diffuso inizialmente dalla Sig.ra Margaret Roberts, coniugata Thatcher, prima donna ad aver ricoperto il ruolo di Primo Ministro del Regno Unito. Un’idea spalleggiata poi dal Sig. Ronald Reagan e che poi è stata diffusa in tutto il mondo anche grazie la corruzione e la collusione della politica. Attraverso la società Transport of London già alcuni anni fa il Comune ha rinnovato i mezzi (autobus e metro) che le gestioni privatizzate precedenti non avevano sostituivano una volta diventati obsoleti e pericolosi; anche in questo caso le tariffe sono state abbassate fin dall’inizio della nuova gestione pubblica. Le ferrovie nel frattempo a loro volta sono state di nuovo nazionalizzate, almeno parzialmente. Uno specifico sondaggio effettuato alcuni anni fa ha riscontrato che tra 140 Comuni inglesi interpellati, ben 80 avevano già provveduto a riprendersi almeno una delle gestioni dei servizi pubblici locali privatizzate. Come negli altri casi illustrati, quasi sempre questo è avvenuto e avviene alla scadenza dei precedenti contratti, che di solito durano 25-30 anni. Dunque, se per caso sentiamo dire in giro che il nostro Sindaco (o candidato tale) vuole privatizzare un servizio comunale, facciamoci due conti ed alziamo di molto il livello di attenzione: sarebbe il caso di fargli presente che prima di prendere tale decisione è necessario valutare attentamente le esperienze fatte da chi quella strada l’aveva imboccata tanti anni fa, salvo poi tornare indietro, anche rispetto a ciò che sta succedendo attualmente.
FENOMENO “GLOCAL” (il contrario di Global)
Il rapporto del Transnational Institute di Amsterdam dimostra come in molte città, ben prima dell’arrivo della pandemia da Covid 19, le amministrazioni locali si erano accorte che le privatizzazioni anche dei servizi sanitari non funzionavano: è successo per la prima volta a Selangor in Malesia. Oggi tutti i cittadini cileni beneficiano di prezzi dei farmaci drasticamente più bassi da quando sono state create nuove farmacie pubbliche (escluse a suo tempo dalla dittatura di Augusto Pinochet). Da alcuni anni sono di nuovo in mano delle amministrazioni comunali anche gli alloggi a suo tempo privatizzati a Berlino, in Germania, i servizi per i rifiuti a Winnipeg, in Canada e per la pulizia dei trasporti pubblici a Seoul, in Corea del Sud. Della partita fanno parte anche le telecomunicazioni a Chattanooga, nel Tennessee (USA), dove ben 141 nuovi fornitori di proprietà pubblica, da dieci anni e grazie ad una rete di fibre ottiche, forniscono servizi Internet super veloci, a prezzi bassi e anche a località in cui le società private avevano deciso di non fornirli in quanto per loro antieconomici (foto qui a sinistra).
Ma perché le gestioni in mano pubblica funzionano? Perché non debbono estrarre ad ogni costo profitti per distribuire dividendi agli azionisti e per altri “rivoli” dell’amministrazione che glieli ha assegnati (raccomandazioni e assunzioni clientelari di personale quando va bene, corruzioni e collusioni quando va male). Clamoroso in tal senso è stato proprio l’esempio dell’acqua, che sostanzialmente costituisce un “monopolio naturale” e dove la concorrenza si è blandamente manifestata all’atto delle gare per l’individuazione della società alla quale è stato affidato il servizio. Ma in realtà la concorrenza non è mai esistita ed è sempre stata sostituita con “accordi di cartello” anti concorrenziali, in barba alle Agenzie statali di controllo. Tutto pur di trarre vantaggi economici (il proprio portafoglio) anche sul bene che è indispensabile ad ogni essere umano, animale e vegetale per vivere. Invece di consentire lauti dividendi per gli azionisti, la proprietà pubblica consente ai Comuni di puntare all’essenziale: fornire un buon servizio, garantire posti di lavoro migliori stabili ed essere sostenibili sia sotto il profilo sociale che ambientale. In poche parole, un nuovo senso del bene comune.