Mettiamo che ognuno di noi, con o senza la pandemia da Covid 19, domani decidesse di andare al lavoro e a fare la spesa a piedi o in bicicletta invece che in macchina, magari usando solo i mezzi pubblici. Cosa succederebbe al Prodotto Interno Lordo (PIL) del nostro paese? Cioè al parametro sintetico considerato il principale indicatore dello stato di salute di un sistema economico, in base al quale vengono calcolati tutti gli altri fattori che riguardano la vita quotidiana di ognuno di noi e l’intera nostra esitenza: tasse, redditi, pensioni, inflazione, interessi sul credito, prezzi al consumo, ecc., ecc? Risposta: il PIL diminuirebbe drasticamente perché per andare a piedi o in bicicletta non bisogna acquistare una macchina, pagare un’assicurazione, fare il tagliando dopo un certo numero di chilometri percorsi, recarsi ai distributori per il rifornimento del carburante, sostituire i pneumatici una volta usurati e via dicendo. Vuol dire che se da un lato perdiamo la comodità di usare un veicolo privato che possiamo usare quanto ci pare, ma che ci obbliga anche a imbottigliarci nel traffico e a produrre inquinamento, dall’altra parte il benessere è sicuramente accresciuto, visto che manterremo meglio la nostra salute e risparmieremmo un bel pò di soldi. E non stiamo parlando di una generica “decrescita felice”, che pure è un concetto fondamentale da prendere in considerazione: quì stiamo parlando dell’attuale metodo di calcolo di un parametro che è basato sulla insostenibilità di modello di sviluppo fin qui seguito. Un metodo di calcolo che, tra l’altro, non ha ha mai preso in considerazione l’apporto economico fornito gratuitamente ogni giorno dai servizi resi dalla natura (vedi: Servizi ecosistemici: la ricchezza inconsapevole). Anzi, a dirla tutta, il calcolo del PIL attuale si basa proprio sulla sistematica distruzione di questi servizi. Stiamo parlando quindi di un gigantesto errore di valutazione del parametro che continua a calcolare solo l’aumento delle attività umane (a prescindere da e a che cosa servano) e non il benessere individuale e collettivo. E’ un errore in primo luogo logico e concettuale perché è sbagliato considerare una continua crescita economica senza considerare i limiti ecologici del nostro pianeta. Stiamo quindi parlando di un problema politico e che proprio una coraggiosa persona impegnata in politica avera espresso con estrema chiarezza tanti anni fa.
Robert Kennedy, detto Bob, il 18 marzo 1968, presso l’Università del Kansas aveva pronunciato un lungimirante discorso sul concetto sbagliato del PIL e su quanto altrettanto sbagliata era l’idea di ricchezza che ne derivava: “Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.”
Sarà un caso ma Robert Kennedy, già Ministro della Giustizia degli USA durante la presidenza di suo fratello John, è stato assassinato a sua volta appena 80 giorni dopo aver pronunciato quel discorso. Continuare a misurare quindi l’insieme aggregato di beni senza considerare la distruzione del capitale naturale, non può far altro che accrescere il malessere individuale delle persone, la disoccupazione e la crisi ecologica del nostro pianeta. Occorre invece mettere in campo un concetto di sviluppo diverso che consideri la conservazione della natura e il rinnovamento delle sue risorse come base fondamentale per un metodo di misura diametralmente opposto rispetto a quello attuale. Per questo motivo è stato presentato recentemente dal Prof. Elliott Harris, capo economista dell’ONU, un nuovo indicatore del PIL che considererà sia i dati economici che quelli ecologici, mettendo al centro di ogni valutazione la sostenibilità (anche sociale) dei relativi processi produttivi. Esattamente quello che Bob Kennedy aveva auspicato, previsto e programmato oltre cinquanta anni fa.
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