In un solo anno di pandemia la ricchezza complessiva dei miliardari americani è cresciuta del 55%. Se a marzo 2020 questi disponevano complessivamente di “appena” 2,95 mila miliardi di dollari, al 12 aprile 2021 il gruzzolo a disposizione per tutti loro (appena 719 persone) era di 4,56 mila miliardi. Negli ultimi trenta anni questa ricchezza è cresciuta di quasi 20 volte e circa un terzo di tale crescita è avvenuto in un solo anno: proprio quello della pandemia. Sono i dati elaborati dalle due organizzazioni americane “Inequality” e “Americans for Tax Fairness”, sulla base delle tradizionali classifiche annuali fornite dalla rivista “Forbes”. La correttezza della metodologia di calcolo adottata è stata poi certificata da un’apposita agenzia specializzata (PolitiFact).
Jeff Bezos di Amazon, ha visto aumentare negli ultimi 13 mesi il suo patrimonio del 74%, arrivando a quasi 200 miliardi di dollari. Elon Musk, fondatore di Tesla e Space-X, che ha recentemente ammesso di avere la stessa sindrome di Greta Thunberg, ha avuto un incremento patrimoniale durante la pandemia del 600% arrivando a quota 172 miliardi di dollari. Bill Gates, fondatore di Microsoft e neo-divorziato dalla moglie Melinda, si è dovuto accontentare del 33% in più rispetto all’anno precedente con appena 130 miliardi di dollari totali. Meglio è andata a Mark Zuckerberg, CEO di Facebook e di WhatsApp, che ha messo a segno un più 108% ed arrivando a quota 113,5 miliardi. Ma alla stragrande maggioranza degli americani, nello stesso periodo, come del resto in tutto il mondo, le cose sono andate ben diversamente. Oltre 28 milioni si sono ammalati del virus e più di 500mila di loro sono morti a causa di esso. Il reddito complessivo della fascia più povera della forza lavoro (circa 82% della popolazione in età lavorativa) è diminuito di quasi il 3% in termini reali. Senza contare tutte le persone che il lavoro lo hanno perso (76 milioni) e quelli che già erano disoccupati (18 milioni).
Sono decenni che si parla ormai di questa spaventosa iniquità economica, senza che mai si siano adottate misure per contrastarla da parte della politica. Ora però, finalmente, molte fonti stanno dimostrando che le enormi diseguaglianze sociali e l’ingiustizia climatica in corso sono determinate dagli stessi fattori, con un nesso di causa ed effetto. Da un lato è proprio l’impronta di carbonio determinata dallo stile di vita delle persone ricche che sta maggiormente contribuendo al riscaldamento globale del pianeta. Dall’altro lato sono proprio le persone più povere, quelle che lasciano una impronta di carbonio insignificante, a subire le più nefaste conseguenze del riscaldamento climatico in corso. Si tratta quindi di cambiare l’impostazione politica per la soluzione di questi problemi intrecciati, mettendo in evidenza le irresponsabilità dei ricchi nei confronti non solo del pianeta, ma soprattutto verso coloro che non hanno nessuna responsabilità nell’immissioni di grandi quantità di gas serra nell’atmosfera. In alcuni paesi dell’Africa come la Nigeria, ad esempio, il 20% della popolazione più povera che vive in zone ad alto rischio, ha 50% in più di probabilità di essere ulteriormente colpita da nuove alluvioni rispetto alla media Nigeriana: la probabilità sta crescendo di anno in anno. Per la siccità e le ondate di calore le probabilità in più sono rispettivamente del 130% e dell’80%. Nelle zone soggette all’innalzamento del livello dei mari come il Bangladesh, l’India e l’Honduras, i produttori agricoli poveri stanno perdendo i raccolti causati da inondazioni e tempeste mediamente da due a tre volte in più rispetto ai produttori ricchi.
D’altro canto, secondo un rapporto delle Nazioni Unite, l’1% più ricco del mondo produce il doppio delle emissioni di carbonio prodotte dal 50% più povero. Tra il 1990 e il 2015 (anno dell’Accordo di Parigi sul Clima) il solo 5% più ricco della popolazione mondiale ha contribuito per il 37% alla crescita delle emissioni inquinanti in atmosfera. Tant’è che ormai si parla espressamente di “élite inquinatrice” che non tiene in nessun conto le proprie responsabilità. Perché sono quelle persone che prendono più spesso un aereo per viaggiare, anche se la stessa tratta è coperta da un treno. Sono quelli che comprano i SUV e si considerano ambientalisti perché queste auto adesso hanno il motore elettrico. Sono quelli che hanno grandi case, che possono permettersi di riscaldarle e rinfrescarle quanto gli pare, senza badare ad isolarle dalle dispersioni energetiche.
Altri documenti comunque stanno dimostrando che a medio – lungo termine sarà la stessa irresponsabilità dei ricchi a creare i maggiori danni a se stessi. Vale a dire che Jeff Bezos, ad esempio, che nell’ultimo anno ha visto aumentare di molto di più il suo patrimonio rispetto a quanto si è impegnato a costituire un fondo (con 10 miliardi di dollari) per la lotta ai cambiamenti climatici. Nel breve futuro la sua Amazon potrà avere anche la flotta di automezzi più climaticamente corretta di questo mondo (cioè con tutti con motori elettrici) per la consegna a domicilio di pacchi e pacchetti. Ma resta il fatto che l’impronta ecologica lasciata dal suo sistema di distribuzione delle merci è (e resterà) tra le più pesanti attualmente esistenti, in fatto di consumi energetici, costi di trasporto e produzioni di rifiuti. E se poi sempre più persone perderanno il loro posto di lavoro e verranno spinti verso la povertà, pandemia o non pandemia, sarà ben difficile che gli stessi avranno la possibilità e soprattutto la voglia di fare acquisti con i pacchi e i pacchetti di Jeff Bezos e della sua Amazon. La politica prima o poi dovrà intervenire con misure di contrasto verso i grandi produttori di emissioni dannose nell’atmosfera e nella società. Ma non perché siano realmente tutti convinti della necessità di adottare tali misure, ma semplicemente perché gli elettori, quando sono stati ben informati, tendono a toglie rapidamente il sostegno verso tutto ciò che ritengono ingiusto: soprattutto in un momento come quello attuale. E’ meglio quindi che i ricchi si diano “una regolata” il più presto possibile.