Reattori nucleari che in caso di incidente grave si spengono da soli: almeno in teoria. Questa è la scusa che permetterà di buttare al vento altre montagne di denaro pubblico. A quasi dieci anni dal disastro nucleare di Fukushima in Giappone (11 marzo 2011) e oltre 34 anni da quello di Chernobyl in Ucraina (26 aprile 1986) i cittadini europei sembrano abbastanza convinti che sono definitivamente fuori dall’avventura dell’energia atomica. La Germania guidata da Angela Merkel (laureata in Fisica) ha deciso da anni di eliminare gradualmente l’energia nucleare e ha già iniziato lo smantellamento dei reattori nucleari di seconda generazione. In Italia ci sono voluti due referendum (svolti nel 1987 e 2011) per chiudere le centrali esistenti e non farne costruire di nuove. Anche la Svezia ha detto no all’energia atomica con un referendum, mentre in Austria l’idea di utilizzare l’energia nucleare è stata respinta fin dall’inizio, circa cinquanta anni fa. Anche in Francia, che è la nazione con la più alta concentrazione di centrali nucleari al mondo, tra problemi tecnici, invecchiamento degli impianti e qualche incidente di non poco conto, questa modalità di produzione di energia elettrica da una fonte fossile destinata ad esaurirsi (l’uranio) sembrerebbe ormai passata di moda. A rafforzare questa sensazione c’è anche il fatto che i reattori di terza generazione avanzata che da anni sono in costruzione nella stessa Francia, in Finlandia e nel Regno Unito hanno incontrato una mole imponenti di difficoltà e costi sempre più in aumento. Solo recentemente in Cina e negli Emirati Arabi sono entrati in funzione nuovi reattori, ma di fatto si tratta di prototipi che devono ancora dimostrare di essere sicuri.
Malgrado le crescenti difficoltà però la lobby del nucleare non è stata mai ferma in tutti questi anni e recentemente è tornata a vantarsi del fatto che i reattori di quarta generazione saranno molto meno problematici rispetto al passato, anche se rimangono non testati e non provati. Anche rispetto allo stoccaggio definitivo e in sicurezza delle scorie, oltre allo smantellamento totale degli impianti dismessi, non si dice un granché.
In nome della ricerca scientifica però un po’ tutti i paesi che hanno costruito reattori nucleari in passato hanno lasciato aperta la porta per la sperimentazione dei cosiddetti reattori nucleari di quarta generazione. Si tratta di impianti che in teoria dovrebbero essere “intrinsecamente sicuri”, cioè in grado di spegnersi da soli in caso di incidente, senza rilasciare dosi rilevanti di radioattività nell’ambiente e senza produrre scorie di lunga durata. Ma come e quando questi obiettivi possano essere raggiunti nella realtà ancora non è chiaro a nessuno.
Già da quindici anni l’Unione Europea ha stipulato accordi a livello internazionale per lo sviluppo di questo tipo di impianti nucleari e tal proposito ha stanziato specifici fondi infrastrutturali con il programma “Euratom – Fission”: ad oggi però non è stata ancora rivelata l’entità precisa stanziata. All’inizio i progetti presentati a livello mondiale erano circa un centinaio e tra questi ne sono stati selezionati una decina. L’Italia ad esempio si è impegnata negli studi e nella ricerca dei reattori veloci refrigerati a piombo fuso: una concezione tecnologica inizialmente sviluppata dall’ex Unione Sovietica per la propulsione dei suoi sommergibili nucleari. Ancora una volta quindi, esattamente come successo per le vecchie centrali nucleari , si cerca di rendere “pacifica” una concezione impiantistica nata per scopi militari. Al relativo progetto sperimentale è stato dato il nome di ALFRED (Advanced Lead Fast Reactor European Demonstrator) e per realizzarlo, nel dicembre 2013, è stato costituito il consorzio FALCON (Fostering ALfred CONstruction) formato da società da una società controllata dallo Stato (l’Ansaldo Nucleare), da un Ente di ricerca statale (l’ENEA – Ente Nazionale Energie Alternative) e l’ICN (Istituto rumeno per le ricerche nucleari). Questo progetto sarà sviluppato e realizzato nei prossimi anni in Romania sulla base di sperimentazioni tecnologiche e qualificazioni di componenti che sono in corso di realizzazione presso i laboratori Enea del Brasimone: un lago artificiale formato dall’omonimo fiume che si trova nell’Appennino bolognese ai confini con la Toscana (è l’immagine che si vede nella foto di apertura di questo articolo).
Positive, ovviamente, le motivazioni poste alla base dello sviluppo della nuova avventura. Quella più gettonata però è anche quella di sempre: la produzione di energia elettrica da fonte nucleare non creerebbe praticamente nessun gas serra e per questo la tecnologia sarebbe “sostenibile”. Sono già stati creati diversi progetti con la funzione di startup che dovrebbero portare questa tecnologia a livelli di efficienza ed economicità che od oggi sono molto lontani dall’essere raggiunti. Tra queste startup c’è Terrapower di cui è amministratore Bill Gates, il fondatore di Microsoft (insieme a Paul Allen), oggi il secondo uomo più ricco al mondo e promotore di molte attività filantropiche (nei settori della povertà, malnutrizione e salute dei bambini, agricoltura, ecc.), attraverso l’apposita fondazione creata insieme alla moglie Melinda. Terrapower è un’azienda fondata nel 2006, si legge sul sito, con la prospettiva di produrre energia nucleare in modo affidabile, sicuro e amico dell’ambiente.
Altri progetti sono quelli avviati dalla statunitense NUScale a Portland (foto qui a sinistra) nello stato di Washington presentato come una tecnologia emergente, piccola sicura e che ci libererà dall’uso del carbone e quello sviluppato dalla Rolls Royce: un mini reattore la cui costruzione dovrebbe iniziare nel 2029, grosso modo con le stesse promesse delle altre iniziative, rispetto alla loro capacità di affrontare e contrastare i cambiamenti climatici. E’ opinione comune che questi progetti non diventeranno mai commerciali ad eccezione di un reattore ad altissima temperatura (VHTR) che sarebbero in grado di produrre idrogeno: il combustibile del futuro.
Come in passato comunque di prove a sostegno di tale tesi non se ne vede neanche l’ombra.
Ma allora, a cosa serve riproporre ancora una volta questa opzione tecnologica per produrre energia elettrica, proprio mentre molti paesi la stanno abbandonando a causa della sua insicurezza e della perduta competitività con le fonti rinnovabili? Ce lo ha spiegato da tempo con due semplici frasi lo scienziato tedesco, esperto nei limiti della globalizzazione, Wolfgang Sachs: “Il nucleare mantiene inalterati interessi e poteri a livello mondiale. Con le rinnovabili invece chiunque e ovunque può produrre energia”. E’ questa l’unica vera grande ragione dell’ipotetico ritorno alla fonte atomica,