Cambiare il modo di fare politica è possibile. Questo è il primo di una lunga serie di articoli che pubblicheremo su questo sito sui percorsi sociali attuati dal basso, dai comuni cittadini, per sostituirsi agli inconcludenti partiti tradizionali che erano e sono al governo delle loro istituzioni.
Quella attuale, è soprattutto una crisi di civilizzazione, di una civiltà che sta arretrando. E’ una crisi che racchiude tutte le altre: sanitaria, economica, ambientale e sociale. Negli ultimi vent’anni, da quando presero forma a livello mondiale i movimenti No-Global, tutte le richieste presentate dagli attivisti e dalle organizzazioni di volontariato sono cadute nel nulla. Dopo il momento iniziale in cui l’attenzione mediatica era altissima (in buona parte dovuta all’effetto sorpresa), poi è sempre subentrata una fase di “distoglimento” della medesima attenzione che di fatto ha determinato l’interruzione e l’arresto di tutte le iniziative. Quello di Greta Thunberg e dei movimenti “Fridays for Future” rischiano di fare la stessa fine. La tattica sembra essere sempre la stessa: grande esposizione mediatica iniziale, nascita di gruppi (sui social soprattutto) di contrapposizione ai leader dei movimenti e uso della violenza gratuita, sia fisica che verbale, nelle manifestazioni pacifiche e nei dibattiti televisivi. Intanto il tempo passa e poi arriva sempre qualche nuova questione su cui si concentra, per necessità informativa, tutto il sistema delle comunicazioni. E’ stato così per i No Global nati a Seattle, passati per i tremendi episodi di Genova del luglio 2001 e di fatto seppelliti, politicamente parlando, con l’attentato alle torri gemelle a New York, meno di due mesi dopo. E’ cosi oggi, mentre siamo letteralmente inondati di messaggi sul Covid 19, ma dell’emergenza climatica in progressiva espansione, sembra non preoccuparsi più nessun governo al mondo. Anzi, si stanno affermando sempre di più pericolose alleanze “negazioniste” tra settori della grande finanza globale, chiese e lobby conservatrici, capitali illegali e capitali nascosti nei paradisi fiscali. Le ascese al potere di Duterte nelle Filippine, Macri in Argentina, Orban in Ungheria, Modi in India, Trump negli Stati Uniti, Putin in Russia e Lukashenko in Bielorussia, passando per altri “sovranisti” in quasi tutti gli stati dell’Unione Europea, riflettono questa situazione. Il tutto si sta traducendo in una nuova fase altamente aggressiva della finanza speculativa, con pochissimo rispetto per i diritti, la democrazia e le istituzioni politiche esistenti (vedi caso Grecia): dell’aggressione verso Natura, una volta tanto, non ne parliamo.
Ci sono però in giro per il mondo moltissime realtà dove i movimenti non si sono fermati alle semplici rivendicazioni o ad aspettare che su di esse cambiasse il clima culturale generale. Una volta constatato che le promesse fatte dai partiti tradizionali erano rimaste lettera morta, hanno deciso di sostituirli nelle istituzioni attraverso le elezioni. Esperienze che in qualche caso sono fallite dopo poco tempo, mentre altre hanno dovuto ridimensionare o riadattare l’agenda politica. Tutte queste esperienze però conservano intatta ancora oggi la loro originalità progettuale, perché tutte si sono formate e sviluppate intorno al concetto del bene e dell’interesse comune, in contrapposizione con quello personale e individualista.
Il primo caso che illustriamo brevemente è quello della conquista da parte dei movimenti di base del governo delle principali città spagnole (Madrid, Barcellona, Saragozza e Coruña, tra le altre) nelle elezioni municipali tenutesi in Spagna nel 2015 e che sostanzialmente sono state riconfermate lo scorso anno, anche se poi solo la Sindaca di Barcellona ha potuto proseguire la sua esperienza. L’elezione dei Sindaci in Spagna è indiretta ed avviene con un accordo di coalizione tra le forze politiche rappresentate in Consiglio comunale. In molti casi questo accordo non è stato trovato ed è stata favorita così l’elezione di Sindaci con l’appoggio di Vox: un partito di estrema destra. Tutto è nato il 15 maggio 2011 con i raduni di massa e le occupazioni da parte degli “Indignados” delle piazze principali delle città e dei luoghi simbolici della finanza internazionale. Anche quello degli “Indignados”, detto anche 15M, che sta per 15 maggio, è stato innescato da un movimento globale (iniziato con “Occupy Wall Street”) contro le drastiche misure imposte dall’allora governo conservatore, a causa della crisi economico-finanziaria scoppiata nel 2008. Quando fu chiaro, nel 2014, che le istituzioni politiche consolidate erano rimaste immuni dalle proposte di cambiamento, i movimenti di base riuscirono a coalizzarsi trasformando una crisi economica e sociale in una crisi politica. Fu lanciata una sfida al sistema al potere (ma anche ai principali partiti di opposizione), per cercare di impadronirsi delle stesse istituzioni che avevano voluto e tentato di riformare. La strategia messa in campo sostanzialmente fu questa: 1) scegliere il livello municipale, quello più vicino ai cittadini, dove far convergere una serie di mobilitazioni ed esperienze collettive; 2) elaborare con un percorso condiviso un piattaforma e una “candidatura di confluenza” alla carica di Sindaco della città; 3) istituzionalizzare la “governance” del movimento, prima delle elezioni; 4) orientare questa “governance” in primo luogo alla creazione di nuovi strumenti politici e piattaforme elettorali costituite da cittadini. Doveva passare l’idea (come poi avvenne) che la politica non fosse un affare esclusivo di rappresentanti ed esperti, ma un ambito in cui i cittadini comuni potessero essere coinvolti in ogni processo decisionale. Un coinvolgimento vero però e non solo, di tanto in tanto e a cose fatte, con un click della tastiera di un computer. Questo esperimento ha avuto successo, come detto, in tante città spagnole. Soprattutto a Barcellona, la capitale della Catalogna, con l’affermazione del movimento “Barcellona en Comú”, “Barcellona in Comune” in catalano, dove il termine Comune sta ad intendere sia la sede del municipio che una cosa condivisa nell’interesse collettivo: un bene comune, per l’appunto.
Alla carica di Sindaco è stata eletta Ada Colau, un’attivista dei movimenti per i diritti alla casa che protestavano contro gli sfratti imposti dalle banche a chi non riusciva a pagare il mutuo. Malgrado una leggera flessione di consenso del movimento, lo scorso anno Ada Colau è stata riconfermata alla carica di Sindaco. Oggi Barcellona, tra le tante proposte di visita e conoscenza della città può mettere in campo anche un “turismo politico”: cioè di come la comunità è riuscita a mandare a casa una classe politica che non rappresentava più nessuno e che curava solo il proprio interesse personale.
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