Insistiamo con la nostra tesi: non è il lavoro che manca, è la possibilità di remunerarlo, che è cosa ben diversa. Che è cosa inaccettabile di fronte alle enormi disparità economiche che si vanno sempre più ampliando a livello globale tra ricchi e poveri. Che è cosa assurda di fronte ai cambiamenti climatici e al progressivo degrado che stanno subendo l’ambiente, il suo paesaggio e le risorse naturali. Che è cosa vergognosa, quest’impossibilità di remunerare il lavoro che comunque esiste, di fronte al fatto che proprio il lavoro potenziale potrebbe andare a vantaggio dell’inserimento sociale delle persone svantaggiate. Che è cosa insostenibile, di fronte agli sconvolgimenti determinati anche dalla pandemia da Covid 19. E’ sul lavoro che c’è ma che non si vuole che venga pagato che si gioca la credibilità e l’affidabilità dell’intera classe dirigente a livello nazionale, europeo e globale.
Tutto si gioca sulle opportunità occupazionali che si possono/vogliono offrire soprattutto verso le persone con scarse competenze, con bassa scolarizzazione, con disoccupazione di lunga durata e con un trascorso di immigrazione. Condizioni che quasi sempre si aggravano ulteriormente quando le persone interessate appartengono al genere umano femminile. Di conseguenza queste opportunità di occupazione si giocano soprattutto sul concetto del labour intensive (lavori ad alta intensità di mano d’opera), piuttosto che sui due concetti finora imperanti del capital intensive (ad alta intensività di capitale) e dell’energy intensive (ad alta intensità di energia). In base a quata seconda filosofia, c’è chi sostiene che i futuro appartiene ai robot, i quali, invece di aumentare la disoccupazione in realtà la ridurrebbero, determinano le condizioni per creare nuove professionalità (sulla progettazione, sul design, sul consumo di energia, sulla programmazione delle cose da fargli fare, ecc.). In linea teorica noi non siamo contrari a questa impostazione, ma facciamo mestamente notare che un qualsiasi robot, a prescindere da quanto è costato realizzarlo, non funziona se non viene costantemente alimentato con una spina attaccata alla rete elettrica. D’altra parte le sue azioni non possono essere che ripetitive (come accadeva una volta con le catene di montaggio nelle fabbriche), con una standardizzazione che inevitabilmente abbassa la qualità e la diversità del prodotto finale. Gli esseri umani invece non sono interessati da questi limiti di disponibilità di energia e di capitale.
Per questi motivi la potenzialità di creazione di posti di lavoro dell’economia verde porta con sé anche le opportunità di aiutare a ridurre la povertà, l’inserimento e il re-inserimento delle categorie svantaggiate. Questa tesi non è nuova e l’aveva già elaborata circa cinquanta anni fa l’economista-ecologista americano Barry Commoner. Anzi, a dirla tutta, è proprio l’economia verde, quella che permette alle persone vulnerabili di acquisire le prime esperienze lavorative e le competenze minime per accedere ad un posto di lavoro. Il contrasto e la mitigazione ai cambiamenti climatici, in accordo con la transizione all’economia circolare, rendono ormai ineludibili le scelte verso la creazione di opportunità occupazionali “verdi” a livello locale. Le principali città europee se ne sono accorte ed hanno già iniziato ad agire, soprattutto sul versante del risparmio energetico: a proposito di dove si trovano i soldi per remunerare il lavoro che già c’è e iniziando ad eliminare intanto gli sprechi energetici. Spieghiamoci come al solito con un primo esempio (ci torneremo in futuro).
Nella città finlandese di Tempere, come è in realtà in tutte le città del mondo, il centro storico è formato da vecchie abitazioni che hanno un valore storico irrinunciabile anche per le future generazioni. Queste case però hanno una efficienza energetica molto bassa e sono abitate soprattutto da persone anziane che spesso si trovano nella necessità di effettuare delle ristrutturazioni edilizie, anche solo per allargare il bagno (che un tempo non esisteva) o per rifare i soli servizi igienici. La normativa nazionale finlandese però prevede che tutte le ristrutturazioni di una certa dimensione devono essere accompagnate da un progetto di efficientamento energetico. Se questo progetto non c’è, la ristrutturazione non si può fare. Ma per realizzare questi interventi occorre mano d’opera specializzata (che non c’è) oltre alla competenza nello scegliere i materiali compatibili con le ristrutturazioni di vecchie case. D’altra parte, a causa di queste difficoltà, i giovani di Tempere preferivano vivere in case nuove, che però per essere realizzate richiedono più soldi e maggiori consumi di risorse rispetto alle ristrutturazioni. L’amministrazione comunale quindi ha riunito organizzazioni, scuole, centri di formazione, professionisti e imprese per trovare nuove idee su come riparare gli edifici storici e preservarne il valore. Il progetto è stato poi affidato ad un’impresa senza scopo di lucro di proprietà della città di Tampere, che ha cominciato ad insegnare alle persone, anziani inclusi, come rendere le abitazioni più efficienti dal punto di vista energetico anche solo con alcune piccole riparazioni, come la sigillatura delle finestre. L’iniziativa ha avuto un grande interesse e per rendere sostenibile il risultato ottenuto è stata poi fondata la “Tampere Region Built Heritage Association”, che riunisce organizzazioni di istruzione pubblica, imprese private e ONG. L’associazione ha acquisito una vecchia casa (la Timber Floater) che è stata ristrutturata appositamente con l’obiettivo di creare un centro espositivo su come si possono ristrutturare le abitazioni storiche della città.
Con varie fonti di finanziamento, in buona parte di provenienza comunale, ma anche da privati, nel centro vengono formati professionalmente giovani disoccupati, fornendo loro le basi minime per il miglioramento dell’efficienza energetica nell’ambito dei lavori di ristrutturazione delle vecchie case. In questo modo acquisiscono anche abilità pratiche nelle riparazioni, ampliando così anche la loro base professionale. Al termine della formazione c’è anche la possibilità di ottenere un diploma di qualifica e una relazione di accompagnamento che possono essere utilizzare anche in altre città della Finlandia per trovare lavoro. L’idea è che questi giovani possano trovare un’occupazione dopo la formazione poiché i residenti delle case del patrimonio storico delle città si rendono conto non solo che è possibile rendere gli edifici più efficienti dal punto di vista energetico, risparmiando così sulle bollette energetiche, ma anche che in questo modo si aiuta il contrasto ai cambiamenti climatici e dando per giunta lavoro proprio alle future generazioni. Alla fine, pure le casse pubbliche, nel loro complesso, ci guadagnano. L’argomento è così interessante che necessita di molti altri approfondimenti su questo sito.
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