Immaginate di salvare ogni anno dalla morte 100.000 tartarughe e mammiferi marini, oltre a 1 milione di uccelli marini, eliminando del tutto gli imballaggi di plastica che stanno inquinando i nostri mari e gli oceani. Questa “mattanza” avviene perché soprattutto i sacchetti di plastica con cui facciamo la spesa (i cosiddetti “shoppers”) vengono scambiati per cibo dagli animali marini e una volta ingeriti ne provocano la morte per soffocamento e blocco intestinale.
Sappiamo che almeno 8 milioni di tonnellate di plastica (molte delle quali invisibili) finiscono nei nostri oceani ogni anno. Sfugge alle discariche, galleggia nei nostri scarichi, finisce nei fiumi e si fa strada nei nostri oceani. Secondo un articolo del National Geographic del dicembre 2020, una percentuale enorme, di tutta la plastica prodotta nel mondo, il 91%, non viene mai riciclata. Se continuiamo a usarla come stiamo facendo attualmente, il problema è destinato ad aumentare di dieci volte entro il 2025. Una bottiglia di plastica può durare 450 anni nell’ambiente marino senza degradarsi, per poi frammentarsi lentamente in pezzi sempre più piccoli che alla fine diventano microscopici ma che non vanno via mai veramente e il suo impatto sull’ecosistema, la vita marina e gli esseri umani sono potenzialmente irreversibili. Con il pesce pescato, in ultima analisi, la stessa plastica rientra nella catena alimentare umana, con le conseguenze per la nostra salute che nessuno finora è riuscito a studiare fino in fondo.
Molte persone hanno già scelto di comprare il cibo da fattorie e mercati locali, portando con se i loro contenitori. Ma che dire delle marche comuni che troviamo nei supermercati? Alcuni rivenditori hanno già riconosciuto e stanno affrontando il problema: Ekoplaza, un supermercato nei Paesi Bassi, dedica tra i propri scaffali di vendita più di 700 offerte “plastic-free”, avvolte o contenute in cartone, metallo, vetro o plastica compostabile certificata. Il rivenditore britannico Iceland invece punta a eliminare la plastica da tutti i suoi prodotti a marchio proprio entro cinque anni, a favore di bottiglie di vetro a rendere, vassoi di carta e cellulosa e bio-plastiche che sono compostabili a fine ciclo d’uso. Nell’ottica dell’economia circolare una buona idea che si sta affermando velocemente è quella di produrre le bio-plastiche all’interno dei propri cicli produttivi e con i materiali di scarto delle lavorazioni.
Alcune aziende e ricercatori accademici stanno sperimentando l’uso di carboidrati da fonti come gli amidi di patate. Lamb Weston, la principale azienda di patate del Nord America, ha introdotto un nuovo imballaggio utilizzando biomateriale di mais e patate. Nella nuova laminazione degli imballaggi, il 16% della struttura completa, uno strato sigillante precedentemente composto da polietilene lineare a bassa densità, è stato sostituito con materiale di origine vegetale che è in realtà un sottoprodotto delle patatine fritte prodotte dalla stessa azienda.
Altri stanno lavorando con le proteine per fare imballaggi commestibili. Peggy Tomasula, un ingegnere chimico del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, ha realizzato pellicole trasparenti dalla proteina del latte, la caseina, che dice “si comporta come la plastica ed è un modo per riutilizzare un prodotto dell’industria casearia”. In base a quanto è stato dimostrato dall’USDA (Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti) le pellicole fatte di grovigli di proteine di caseinato di calcio, con l’aggiunta di pectina dei polisaccaridi di agrumi, sono 500 volte più efficaci nel bloccare l’ossigeno rispetto ai tradizionali involucri di plastica. Questo significa che da un lato il materiale risulta altamente resistente, così come prescrive la legge sugli imballaggi, mentre dall’altro lato è bio-degradabile (quindi commestibile da altri esseri viventi) perché usa il glicerolo come plastificante. Tomasula ora sta collaborando con alcune aziende private per sviluppare prodotti fatti di queste pellicole, che in breve tempo potrebbero sostituire le pellicole di plastica monouso che avvolgono il formaggio porzionato in vascetta.
Non c’è da stupirsi: da sempre la natura fa bene gli imballaggi commestibili. Le bucce delle mele e dell’uva proteggono la frutta dai microbi e dall’ambiente. Ispirandosi al modo in cui la natura separa l’interno dall’esterno, gli scienziati stanno sperimentando membrane commestibili per contenere i liquidi. Notpla è una startup londinese che ha raccolto 6,3 milioni di euro e mira a sbarazzarsi del tutto degli imballaggi derivati dal petrolio. Ooho è stato il loro primo concetto ‘no-plastic’: una palla d’acqua fredda, delle dimensioni di una bocca, contenuta in una membrana impermeabile fatta di estratti di piante e alghe marroni. Il sacchetto è commestibile e può essere consumato o gettato via dopo che l’acqua all’interno è stata spremuta. Sono ideali per l’idratazione durante eventi sportivi e sono stati consegnati ai participanti della maratona londinese nel 2019. La membrana è delicata e si decompone in 4-6 settimane, il che ne limita l’uso. Tuttavia Notpla ha formato una partnership nel 2019 con Just Eat e Unilever per creare imballaggi alimentari più sostenibili, e ora queste aziende si stanno concentrando maggiormente sui sacchetti per contenere le salse. L’imballaggio è a sua volta commestibile: vuol dire che oltre al contenuto, i consumatori potranno mangiare anche il contenitore, perché l’imballaggio è fatto con alghe e altri materiali naturali biodegradabili.
Per questo non ha necessariamente bisogno di essere raccolto, lavorato, riciclato o smaltito: può semplicemente essere mangiato, anche dagli animali e dagli uccelli marini che così non verranno più uccisi grazie all’allineamento della produzione di plastica con l’economia circolare e il concetto di rifiuti zero. E visto che non si può mai mettere un limite alla fantasia, si può immaginare che in un giorno non molto lontano, con ulteriori perfezionamenti produttivi, la plastica da imballaggio possa diventare altrettanto saporita e ghiotta come il prodotto imballato. Sarebbe una buona idea per creare nuove attività produttive con soluzioni basate sulla natura.
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