L’affermazione sull’inevitabile aumento dei costi che sarà determinato dalla transizione ecologica dell’economia é una gigantesca falsità. Viene ripetuta insistentemente dalle lobby del settore energetico per coprire una folle operazione di “greenwashing” che è stata allestita per continuare a mantenere la situazione attuale. Già dieci anni fa abbiamo avuto modo di dimostrare che i costi di installazione delle energie rinnovabili sarebbero progressivamente calati grazie ai risparmi sugli acquisti (inutili e dannosi) dei combustibili fossili: anzi, con quei risparmi sarebbe aumentata notevolmente l’occupazione nel settore. A distanza di un decennio possiamo dire che ci avevamo visto giusto e pertanto è vero l’esatto contrario di ciò che dicono gli allarmisti fiancheggiatori del “greenwashing”. Un recente studio indipendente uscito nelle scorse settimane (pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nature Communications”) ha dimostrato che rispetto al 2010 i costi di installazione dei pannelli solari sui tetti delle nostre case sono calati dell’80%. Ma ci sono anche altre due grandi buone notizie che ci fornisce questo studio: la prima sta nel fatto che basta appena la metà della copertura del suolo già costruita nel mondo (con case, industrie, capannoni, tettoie, ecc.) per dotarci di tutta l’energia di cui abbiamo bisogno, installando i pannelli fotovolataici a buon mercato e i sistemi di stoccaggio di elettricità prodotta;
la seconda riguarda il fatto che l’energia così ottenuta sarà molto più competitiva delle attiali fonti sporche di produzione con le centrali termoelettriche (incluse quelle atomiche). Il calcolo comprende anche i circa 800 milioni di persone che ancora oggi non hanno alcun accesso o una adegurata fornitura di energia elettrica. Vuol dire anche che ne c’è alcun bisogno di installare questi impianti sui terreni agricoli, come invece sta avvenendo in molte parti del mondo.
Il boom delle energie rinnovabili era stato avviato una dozzina di anni fa con politiche di incentivi statali. Questi incentivi riguardavano soprattutto il settore fotovoltaico di piccola scala (tra i 3 e i 10 kwh): quello che si installa di solito sui tetti delle case per i fabbisogni domesticci. L’ipotesi noi l’abbiamo sviluppata per il paese dove viviamo, l’Italia, ma il confronto vale per tutti quei paesi dove il ricorso alle fonti fossili è ancora il principale sistema per la produzione di elettricità. Dai nostri calcoli già allora (figuriamoci adesso coi i costi diminuiti dell’80%) bastava spostare progressivamente ogni anno una parte minima della spesa statale per l’acquisto delle fonti fossili (noi abbiamo ipotizzato il 5% annuo) e nel giro dei un ventennio l’intero fabbisogno elettrico italiano sarebbe stato coperto e soddisfatto con energia pulita. Una riconversione del genere avrebbe fatto risparmiare complessivamente 350-400 miliardi di euro, sempre a livello nazionale, mentre nello stesso arco di tempo si sarebbe ottenuta una crescita dell’occupazione di oltre 500mila unità. Tutto questo stava a significare che ogni volta che si installava un pannello solare, una pala eolica (anche queste oggi sempre meno ingombranti, poco rumorose e con un impatto paesaggistico minimo) o altri impianti che usavano ed usano fonti realmente rinnovabili (non quelle dei termoinceneritori), si risparmiava per sempre l’acquisto di risorse limitate che, tra l’altro, una volta bruciate avrebbero prodotto ulteriore inquinamento e danneggiato il nostro clima. Senza contare la persistenza di conflitti e guerre nelle zone del pianeta dove sono concentrati gli ultimi giacimenti di queste risorse fossili.
Dunque, oltre alle nostre tasche ne avrebbero guadagnato anche occupazione, salute e Pace tra i popoli. Questa nostra valutazione ribadiva che si poteva e si può discutere ancora oggi sulla modalità della transizione, ma non di certo sulla sua necessità impellente di effettuarla. Senza considerare i danni irreversibili al clima, le fonti fossili si stanno esaurendo sempre di più: ormai è solo una questione di tempo e a questo punto anche le lobby dell’energia sporca dovrebbero mettersi l’anima in Pace. Ma così non è.
Il nuovo studio pubblicato su “Nature Communications” ha dimostrato che non c’è bisogno di consumare altro terreno, in particolare quello agricolo, per installare i pannelli fotovoltaici: di suolo già cementificato e impermeabilizzato ce n’è già fin troppo. C’è solo l’imbarazzo di dove metterli i pannelli. Lo studio infatti è stato il primo a fornire una mappa molto dettagliata del potenziale solare globale da installare sui tetti, con una valutazione che arriva alla copertura solare su larga scala, sia per le città che per i continenti interi. Per eseguire questa valutazione è stato elaborato un programma che ha incorporato i dati di oltre 300 milioni di edifici, analizzando 130 milioni di km² di terreno (13 miliardi di ettari) che corrispondono quasi all’intera superficie terrestre del pianeta. Il programma ha stimato che nel mondo esistono 0,2 milioni di km² (20 milioni di ettari): una superficie grande quanto il Regno Unito. A quel punto è bastato mettere a confronto il fabbisogno annuale di energia elettrica a livello globale con il rendimento attuale dei pannelli fotovoltaici per metro quadrato (rendimento che continuerà a migliorare anche in fututro) e con le superfici già coperte esistenti in ogni singolo paese. Il programma è stato impoststo anche da poter calcolare i potenziali di generazione di elettricità considerando la posizione geografica dei luoghi. Generalmente, i tetti situati a latitudini più elevate come nord Europa o in Canada possono variare fino ad un 40% in meno rispetto al loro potenziale di generazione durante l’anno, a causa delle grandi differenze di irragiamento solare tra l’inverno e l’estate. I tetti vicino all’equatore invece, poiché la luce del sole è molto più costante, hanno un calo di appena l’1% delle loro potenzialità. Questo siglifica una differente potenzialità di accumulo di elettricità di riserva nei sistemi appositamente predisposti e quindi si dovrà solo dosare diversamente tra le varie zone del pianeta la quantità di pannelli solari da installare.
In alcuni luoghi, Cina ed India in particolare, con questi sistemi sarà possibile produrre un kilowattora (kWh) di elettricità, o circa 48 ore di utilizzo con i sistemi di accumulo, al costo di appena 5-6 centesimi di euro. Ci sarà da distinguere tra i vari fabbisogni (ad esempio quelli necessitanti alle industrie energivore dei metalli pesanti) e di certo non si potrà fare affidamento su quest’unica fonte di generazione per poter soddisfare il fabbisogno di miliardi di persone. Ma intanto è stato messo un punto che ripropone la stessa domanda che noi ci siamo posti oltre dieci anni fa. E cioé: se l’alternativa è gia possibile, e visto l’irreparabile danno climatico che sta determinando il loro uso intensivo, perché continuiamo a spendere una quantità enorme di denaro per i comprare ogni anno combustibili fossili che prima o poi dovremo sostituire?
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