Fino ad ora la ricchezza e la povertà sono state valutate sempre e solo con i criteri della società dei consumi: reddito disponibile e capacità di spesa. Con l’attuale modello di economia lineare (prelievo di risorse esauribili, trasformazione, consumo e smaltimento rifiuti a fine vita del prodotto) i ricchi vengono considerati tali fino a quando c’è una sostanziale diseguaglianza con i poveri in base allo stesso criterio: alta o bassa capacità d’acquisto di beni personali. Con l’econonomia circolare invece questo concetto verrà completamente ribaltato. Ci speighiamo quì di seguito con un esempio e poi vedremo come sarà possibile nel futuro, l’esistenza di diverse forme di ricchezza collettiva che non producono povertà. Prima però dobbiamo rispondere ad una domanda: perché ci preoccupiamo di fare questa analisi proprio su questo sito? Semplicemente perché l’ingiustizia climatica e la diseguaglianza economica sono due facce della stessa economia insostenibile. E’ fin troppo evidente che le conseguenze nefaste di questo modello economico basato sullo sfruttamento (dell’ambiente e degli esseri umani), soprattutto dopo la pandemia da Covid 19, non potranno essere mai risolte con la logica dell’accumulo monetario e patrimoniale. Quest’accumulo non può essere infinito e tantomeno solo personale, o al massimo della propria famiglia e del proprio clan, all’interno di un pianeta finito. E’ proprio il tenore di vita, l’impronta climatica lasciata dai ricchi di questo pianeta che sta esasperando lo stress cronico della povertà estrema. Lo stile di vita di queste persone e, soprattutto, l’effetto di emulazione che questo stile provoca ancora oggi nella stragrande maggioranza della popolazione mondiale, giovani sorattutto, è il grande problema culturale da risolvere. Perché è proprio questo stile che sta determinando sempre di più, per le fasce povere della popolazione, il ridotto accesso ai loro cibi tradizionali essenziali, l’abbando dei territori d’origine a causa della desertificazione, la diminuzione della qualità dell’acqua dolce a disposizione, una maggiore esposizione a rischi per la salute e la devastazione dei tessuti economico-sociali di interi popoli.
Quest’infernale meccanismo che fa diventare sempre più poveri i già poveri è indissolubilmente connesso al modello economico che ha letteralmente rubato il futuro ai nostri giovani. Per la prima volta nella storia dei paesi occidentali le future generazioni sono destinate ad essere più povere di quelle che le hanno precedute: un primato di cui difficilmente si può andare orgogliosi. E veniamo all’esempio.
Oggi si considera agiata una comunità dove molte famiglie possiedo per proprio conto una serie beni mobili e immobili, macchinari e attrezzature. Mettiamo che ognuna delle 10 famiglie che abitano in un quartiere residenziale della nostra città, in case di proprietà dotate di giardino, possieda un tagliaerba. A seconda delle stagioni e delle dimensioni dei giardini, questi macchinari verranno impiegati singolarmente per un massimo di 15 giorni l’anno, mentre per gli altri 350 giorni resteranno chiusi nel garage. Il costruttore dei tagliaerba, così beneficiato dai singoli acquisti, avrà tutto l’interesse affinché l’atteggiamento delle famiglie non cambi nel tempo e per questo potrà offrire un lungo periodo di garanzia per la manutenzione/riparazione dei tagliaerba. Terminato questo periodo, in caso di rottura del macchinario (quasi inevitabile), i singoli proprietari dovranno affrontare la spesa per una riparazione più o meno costosa e, nel caso questa sia consistente, decidere di acquistare un nuovo macchinario, mentre di quello vecchio e rotto non si saprà più cosa farne. Ovviamente tutto questo andrà ad ulteriore vantaggio economico del costruttore dei macchinari ma per le 10 famiglie agiate fino ad ora questo non è stato un problema perché potevano permettersi di comprare quanti e quali tagliaerba volevano. In base a questa logica “lineare” quindi, è ricco colui che ha un reddito alto e consuma molti tagliaerba in più di quanto non sia necessario, mentre chi non ha reddito e non consuma tagliaerba, è povero. Ma se invece le stesse 10 famiglie decidessero condividere l’acquisto di un solo tagliaerba da usare a turno e in modo coordinato, il numero delle ore di utilizzo del mezzo meccanico salirebbe a 150 giorni l’anno. Il mezzo meccanico diventerebbe un servizio per una comunità e non solo di 10 famiglie separate dalle recinzioni dei loro giardini e dai loro interessi personali. E se poi questo mezzo fosse realizzato con componenti che durano a lungo e che quando si rompono definitivamente per usura sono facilmente smontabili e sostituibili, le necessità di riparazione/manutenzione calerebbero drasticamente. Il servizio del tagliaerba quindi potrebbe essere programmato per ottenerne il miglior risultato possibile a vantaggio di tutti. In pratica, in questo modo verrebbe superata la logica “lineare” creata appositamente dalla società dei consumi, e di conseguenza si creerebbe un nuovo tipo di ricchezza con il denaro che non andrebbe più ad arricchire ulteriormente solo il costruttore di tagliaerba.
Si potrebbero cosi remunerare le occupazioni e il lavori che sono già necessari e disponibili. Questo denaro in sostanza potrebbe essere messo a disposizione della comunità per fare investimenti dello stesso genere a vantaggio delle fasce più povere della popolazione e delle future generazioni.
E’ con questa logica infatti che stanno sorgendo in tutto il mondo centrali elettriche di comunità che producono energia da fonti rinnovabili, reti Internet gratuite e connessioni di wi-fi libero, alloggi sociali cooperativi, banche dei semi autoctoni, monete alternative a vantaggio dell’economia locale e quant’altro stiamo documentando in questo sito, sull’ormai imminente avvento dell’economia circolare, in risposta all’insostenibilità ambientale e sociale attuale. Con l’economia circolare si cambia la prospettiva del modello economico e in questo modo si rovescia anche il rapporto tra ricchezza e povertà. Pertanto è il concetto di ricchezza attuale in realtà a rappresentare una povertà assoluta, perchè presto o tardi il concetto dell’accumulo dei beni personali dovrà essere sostituito con quello dello scambio e della condivisione di beni comuni. Solo in questo secondo caso il valore economico risiede nella preservabilità ecologica e nella condivisibilità sociale del bene e non nel suo possesso ed uso individuale. E non essendovi il possesso, non può esservi accumulo di ricchezza in danno di chi è stato privato del suo libero accesso. Nella condivisione invece sta la ricchezza diffusa del futuro prodotta con il lavoro (non quella fasulla delle speculazioni finanziarie). E’ quella forma di ricchezza che non causa ulteriore povertà perché non passa necessariamente per il mercato, mentre ha già scommesso sull’eventualità che un giorno sempre più persone decidano di abbracciare un cambiamento radicale dei loro stili di vita. Persone che sfruttano il potere dell’altruismo piuttosto che quello dell’interesse personale.
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