Queste sono le storie probabilmente più interessanti di quelle che qui raccontiamo. Cioè di come la Natura riesce sempre a rimediare e risolvere i problemi ambientali, sociali ed economici generati dall’attività umana distruttiva. Parliamo di discariche di rifiuti più o meno autorizzate, di siti industriali abbandonati, del persistente sversamento di prodotti chimici nelle acque dei nostri fiumi, di impianti termoelettrici e inceneritori che utilizzano combustibili fossili e di tutte le altre forme di inquinamento del suolo, dell’aria, delle falde acquifere e dell’ambiente che degradano sempre di più il nostro paesaggio. Situazioni che spesso sono determinate da attività illecite della criminalità organizzata, talvolta anche grazie alla complicità di chi dovrebbe contrastarle. Questa storia parla di nuove tecniche agronomiche che prevedono l’impiego di particolari piante, arbusti e fiori che, oltre a fornire la soluzione di gravi problemi ambientali, riescono ad egevolare interventi in favore dell’interesse pubblico. Partiamo da una scoperta casuale che è stata realizzata nel nostro paese grazie ad una recente ricerca del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari.
In un’area altamente inquinata da metalli pesanti, che si trova presso l’ex miniera di Barraxiutta nel Comune di Domusnovas in Sardegna, i ricercatori hanno constatato un fatto alquanto curioso: l’unica pianta che è riuscita a crescere e a svilupparsi in un posto così inospitale è un bel fiore perenne. E’ una varietà di orchidea (Epipactis helleborine) che normalmente cresce nei terreni sterili del sud-ovest della Regione. I ricercatori si sono domandati inizialmente come mai fosse l’unica forma di vita presente in un luogo del genere, anche se con dimensioni più piccole rispetto al normale. Hanno così scoperto che questa specie di orchidea ha sviluppato una propria tattica esistenziale: è in grado di accumulare e traslocare i metalli pesanti presenti nel suolo (piombo e zinco in particolare) in tutti gli altri organi della pianta, incluse radici, foglie e fiori. In pratica i metalli pesanti inquinantori del suolo vengono degradati e metabolizzati come dei “normali” nutrienti per poi essere immagazzinati dalla pianta stessa sotto forma di sostanza organica. A dargli una mano in questo particolare tipo di bonifica, sarebbe (si sta acquisendo la conferma scientifica) un particolare micro fungo radicale che cresce in simbiosi con le radici delle orchidee. Questo micro fungo è presente solo ed esclusivamente nel sito contaminato e non in altri luoghi. E’ una sorta di “alleanza ecologica”, un vero e proprio bio-risanamento (o bio-riparazione/bio-bonifica), realizzatasi appositamente in quel sito a causa della presenza sia degli inquinanti che di forme di vita che degli stessi inquinanti prima si nutrono e poi li rendono innoqui.
C’è da dire che qui da noi in Italia la scoperta è emersa grazie all’infinita curiosità scientifica dei ricercatori, ma in giro per il mondo c’è già una casistica significativa di interventi realizzati appositamente per ripulire e riparare gli effetti di cattive pratiche economiche: in particolare con lo smaltimento di sostanze altamente inquinanti.
Tra i più significativi c’è da annoverare la “fitoriparazione” realizzata dalla Guardia Costiera degli Stati Uniti nella città di Elisabeth City, situata nello stato della Corolina del Nord.
L’area in questione era stata utilizzata per cinquanta anni (dal 1941 al 1991) come stazione di rifornimento di carburante degli aerei in servizio presso l’adiacente aeroporto. Il carburante era stato stoccato in dei serbatoi interrati che una volta messi fuori servizio hanno evidenziato un grave problema di inquinamento da idrocarburi nel terreno circostante e nella falda acquifera sottostante. La Guardia Costiera locale, d’intesa con l’amministrazione comunale, ha così deciso di piantare una notevole quantità di alberi di pioppo e di salice che sono in grado di assorbire, degradare e neutralizzare i contaminanti ambientali derivati dal petrolio.
Si tratta di alberi che hanno uno sviluppo vegetativo molto veloce e pertanto che possono bonificare aree contaminate in tempo relativamente breve, con un ottimo vantaggio paesaggistico.
L’operazione di pulizia estetica e ambientale delle cattive pratiche passate quindi, sia in via teorica che pratica, dipende soprattutto dalle scelte politiche delle amministrazioni che le hanno determinate e tollerate in tutti questi anni. C’è una quantità enorme di siti nelle nostre Regioni che continuano ad inquinare l’ambiente e che allo stesso tempo sono stati oggetto del malaffare, di inchieste della magistratura e di scandali politici. Luoghi che da tanto tempo attendono una bonifica (che probabilmente non arriverà mai, visti gli enormi costi da sostenere) e che sono stati letteralmente abbandonati a se stessi dopo il loro uso indiscriminato in danno soprattutto delle popolazioni residenti nelle loro vicinanze: popolazioni che hanno subito il degrado della propria salute, la devastazione della loro qualità della vita e, non da ultimo, la totale perdita di valore delle case e e dei terreni. Proprio per queste popolazioni gli interventi descritti in questo articolo potrebbero rappresentare un esempio di riscatto e di risarcimento morale ed economico.
Perché spesso proprio questi sono luoghi stati confiscati alla criminalità organizzata, oppure in capo a società opportunamente fallite per non essere costrette ad eseguire quelle bonifiche che comunque restano obbligatorie per legge: se non le eseguono i proprietari dei terreni e degli immobili interessati, è il Comune competente a doversene far carico. Sono luoghi dove, grazie a queste prodigiose piante, lo Stato potrebbe far valere di nuovo il proprio autorevole ruolo di governo. Potremmo chiamarli “i luoghi del riscatto” perché interessano aree ancora oggi incantevoli che reclamano a gran voce di essere restituite alla loro originaria attrazione paesaggistica, scientifica e culturale. In poche parole: luoghi da restituite alla bellezza.
DALLA FATICA ALLA BELLEZZA?
Domusnovas è il Comune della Provincia Sulcis – Iglesiente della Sardegna meglio conosciuto come ‘paese delle grotte’. E’ situato nella zona dove fino al secolo scorso erano ancora attive circa 50 miniere che davano lavoro a migliaia di persone. Attività lavorative che, una volta dismesse, hanno dato vita ad aspre lotte rivendicative di altre soluzioni occupazionali. Alcuni dei siti minerari dismessi sono oggi aperti ai visitatori e alle scolaresche con musei, collezioni di minerali e fossili, parchi naturalistici e informazioni sulla vita e la cultura dei minatori. Una cultura a cui oggi si aggiunge una preziosa scoperta regalata dalla Natura sotto forma di orchidea.
Fonti dell’articolo:
– TG3 Leonardo del 21/02/2020.
– Ecotoxicology and Environmental Safety : “Heavy metal tolerance of orchid populations growing on abandoned mine tailings: A case study in Sardinia Island (Italy)”
– https://ideonexus.com/2008/05/02/let-the-phytoremediation-begin/
– https://ideonexus.com/wp-content/uploads/2008/05/phytoremediation.jpg