C’è una salatissima tassa occulta che dobbiamo pagare tutti i santi giorni con il nostro lavoro e con i nostri sacrifici. È una tassa che tutti i governi mondiali succedutisi fino ad oggi, a prescindere dal loro colore politico, hanno detto di voler combattere a parole, salvo poi fare ben poco nella sostanza per eliminarla. Permette a chi è già ricco di esserlo sempre di più, alla faccia dei contribuenti onesti: è l’evasione tributaria che si realizza attraverso i paradisi fiscali. Ossia, quei Paesi dove si possono fare giganteschi affari e depositare denaro senza dover pagare il locale Fisco.
L’ultimo episodio è emerso nell’agosto del 2015, attraverso quella che è stata definita la più grande fuga di notizie nella storia della finanza globale: lo scandalo dei “Panama Papers”. Si è trattato della diffusione di milioni di documenti che coinvolgono imprenditori, professionisti, politici di spicco, sportivi, volti dello spettacolo e altri vip, ma pure perfetti sconosciuti in tutto di mondo. I documenti parlavano dello spostamento di una enorme quantità di denaro nei paradisi fiscali grazie alla complicità di banche e studi legali internazionali, al fine di evadere il fisco nei Paesi da loro stessi governati.
TRUFFA LEGALIZZATA
Lo scandalo dei “Panama Papers” però è solo una goccia nell’oceano dei paradisi fiscali, visto che lo studio legale interessato, il Mossack – Fonseca, è solo uno delle migliaia che esistono a Panama. In realtà si tratta di una truffa legalizzata a livello mondiale, una vera e propria industria globale perfettamente oliata e di dimensioni enormi. Dietro di essa si nascondono meccanismi di cui i comuni mortali non hanno la più pallida idea di come funziona, anche se interferiscono costantemente con la nostra vita quotidiana. Infatti, secondo l’attuale Ministro dell’Economia italiano Pier Carlo Padoan, le imposte che erano state evase nel solo 2013 ammontavano a 91 miliardi di euro, che in media fanno 1.500 euro per ogni residente in Italia – bambini e anziani inclusi. Non tutta questa cifra ovviamente è attribuibile ai paradisi fiscali, ma quello che più indigna i contribuenti onesti è la sfacciataggine con la quale questa industria dell’illegalità opera alla luce del sole, senza il minimo pudore e senza che alcuno intervenga. Soprattutto su Internet ormai si trovano una sfilza infinita di società che offrono servizi a poco prezzo ed adeguati ad ogni singolo caso. Offrono “società interposte”, cioè che emettono fatture fasulle ma fiscalmente deducibili dai redditi prodotti in Italia. Deducibili significa che quelle somme non vengono considerate reddito e quindi non ci si paga la relativa imposta, come ad esempio avviene per le spese sanitarie.
La dimensione del fenomeno sta crescendo sempre di più, malgrado gli accordi internazionali che man mano si stanno stipulando tra i vari Paesi e gli scandali si succedono sempre più spesso; anche perché ormai tutta l’economia mondiale ne è coinvolta. Ma non bisogna pensare al piccolo Stato o alla solita isoletta sperduta come sede di questi magheggi finanziari: interi stati sovrani sono ormai diventati paradisi fiscali a tutti gli effetti.
PAESI ‘PERBENE’ DALLA DOPPIA FACCIA
Persino nei bilanci delle società che vedono la partecipazione e il controllo di uno Stato, incluso quello italiano, troviamo un’incredibile serie di società, che, con il solito meccanismo delle “scatole cinesi”, hanno sede in questi paradisi fiscali. Questi spesso sono inclusi anche all’interno di nazioni e unioni di Stati che ufficialmente li combattono strenuamente.
Solo pochi anni fa, ad esempio, è uscito il Lussemburgo dalla “black list” (lista nera), che elenca le società holding, cioè quelle società che, per intenderci, detengono partecipazioni in altre aziende sparse in tutto il mondo. Le holding lussemburghesi, regolamentate da una legge locale in vigore dal lontano 1929, hanno fatto scuola in tutto il mondo per il loro bassissimo livello di tassazione. Un sistema che grazie ai trattati internazionali sulla doppia imposizione fiscale (non si possono tassare le stesse aziende in due Stati diversi) di fatto permetteva e permette tutt’oggi, soprattutto alle grandi multinazionali e ai colossi bancari, di pagare imposte ridicole rispetto ai loro guadagni.
QUELLE SOCIETA’ ANONIME IN BORSA
Basta poi controllare, magari a campione perché il tempo necessario sarebbe troppo, i bilanci degli ultimi anni delle società italiane quotate in Borsa, per accorgersi dell’incredibile quantità di S.A. (Società Anonime) lussemburghesi vi sono presenti: guarda caso sono tutte “holding di partecipazioni”. Lo stesso dicasi per le LLC (Limited Liability Company) in mano a società italiane che risultano residenti nel Delaware, il secondo Stato più piccolo degli USA, dove ha sede il 50% di tutte le “public company” degli Stati Uniti d’America e il 63% tra le prime 500 maggiori imprese societarie statunitensi, misurate sulla base del loro fatturato. Tutti gli esperti internazionali, malgrado la politica molto aggressiva contro l’evasione del fisco adottata dall’ex Presidente statunitense Barack Obama, considerano questo Stato un paradiso fiscale, poiché da tanto tempo offre un diritto d’impresa molto favorevole. Ma la vera ‘Panama’ è in Europa.
Tra i 20 maggiori paradisi fiscali al mondo, otto di questi – Svizzera, Lussemburgo, Jersey (isola nel canale della Manica), Germania («destinataria di grossi volumi di flussi illeciti da varie parti del mondo»), Regno Unito, Belgio, Austria e Cipro – si trovano in Europa (e con l’eccezione della Svizzera e di Jersey fanno parte dell’Unione Europea).
Nella lista sono inclusi anche molti altri paesi europei, tra cui l’Irlanda, i Paesi Bassi, l’Italia, la Danimarca, il Portogallo, la Spagna e l’Ungheria. Questo secondo la “lista nera” stilata dall’organizzazione britannica Tax Justice Network, che elenca settantatré paradisi fiscali al mondo. Non a caso le più grandi multinazionali scelgono certi Stati europei per le proprie sedi. Secondo l’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, gli unici due paradisi fiscali rimasti al mondo sarebbero invece le due isole-nazioni di Nauru e di Niue…
Altro metodo molto usato da società di capitali, ricchi personaggi e banche per evadere le tasse, è la beneficenza fasulla. In sostanza, fanno grosse donazioni a fondazioni di comodo registrate nel proprio Paese.
Però queste fondazioni ‘benefiche’ hanno una succursale (con nome diverso) in Stati che sono paradisi fiscali. Tra i nomi eccellenti dello scandalo fiscale “Panama Papers”, ci sono anche noti criminali, funzionari dei servizi segreti, almeno 70 leader politici mondiali e capi di governo. In particolare tra questi ultimi ci sarebbero il Presidente russo Vladimir Putin, i familiari del leader cinese Xi Jinping, il Presidente dell’Ucraina Poroshenko, il Re dell’Arabia Saudita e i Primi Ministri di Islanda e Pakistan. Impigliato nello scandalo c’era rimasto anche l’ex premier inglese David Cameron, che poi si è dimesso. Anche lui aveva detto che voleva combattere l’evasione fiscale …
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