Trovare le soluzioni a questa crisi irreversibile è la grande sfida politica della nostra epoca. Ormai sono troppe le domande e le incertezze alle quali, in tempi brevissimi, bisogna dare le risposte giuste e trovare le opportune soluzioni. Non abbiamo più tempo da perdere, come purtroppo è avvenuto in questi ultimi decenni. Infatti l’emergenza sanitaria del Covid 19 ha semplicemente inglobato in un’unica grande crisi tutte quelle emergenze planetarie che per troppo tempo sono state ignorate e sostanzialmente scaricate sulle future generazioni. Ci sono alcuni leader politici in giro per il mondo che ancora ieri affermavano che le emergenze legate ai cambiamenti climatici, all’esaurimento delle fonti energetiche fossili, allo spreco alimentare e all’incremento della povertà nel mondo, neppure esistevano. A ben vedere sono gli stessi leader che fino a poche settimane fa affermavano che neppure il “coronavirus” sarebbe stato un problema e che presto tutto sarebbe tornato nella “normalità”: intendendo per normale proprio tutto quello che ci ha portato dentro a questa crisi. Possiamo lasciare la soluzione di queste emergenze e dell’immane tragedia che abbiamo davanti in mano a queste persone? Evidentemente no.
D’altra parte sappiamo che esistono dalla fine della seconda guerra mondiale delle Agenzie Internazionali che fanno capo all’ONU istituite appositamente per occuparsi e risolvere i più grandi problemi che interessano l’umanità nel suo complesso: la salute, l’alimentazione, i diritti umani, la democrazia delle istituzioni, ecc. Queste Agenzie ci forniscono ogni anno dei rapporti bellissimi (soprattutto sotto il profilo delle immagini), ma estremamente carenti rispetto alle decisioni che poi dovrà assumere il decisore finale, cioè la politica. In questi rapporti si trovano analisi molto dettagliate e valutazioni molto importanti per la vita di ogni essere umano, che dimostrano situazioni sempre più preoccupanti e ormai divenute incontrovertibili. Quando però si passa al prospetto delle soluzioni da adottare, le ipotesi rappresentate in questi rapporti sono sempre talmente generiche che consentono a chi di dovere di decidere tutto e il contrario di tutto. Un concetto ben rappresentato nel romanzo italiano Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: “In attesa che tutto cambia, è meglio non cambiare nulla”.
Mi riferisco in particolare agli ultimi rapporti della FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations), con sede a Roma, che rispondono a tutto tranne che a queste due semplici domande: 1) Esiste un numero che può segnare la distanza che ci separa dal raggiungimento dei più grandi traguardi universali del genere umano, cioè della Sicurezza alimentare e della Pace sulla nostra martoriata Madre Terra? 2) E’ possibile individuare un valore calcolabile, programmabile, condivisibile e raggiungibile affinché ogni bambino/a che nasca in tutto il mondo non sia più costretta/o a morire di fame, a subire violenze di ogni tipo, a dover elemosinare il diritto alla vita perché ha semplicemente bisogno di essere nutrito, a soggiacere ad ogni desiderio sessuale, anche il più turpe del potente di turno o a dover essere “macellato/a”, per destino e sorte, nell’ennesima futile guerra?
La risposta che si ricava in questi rapporti é: sì, esiste.
E’ quantificabile in 8 milioni di miliardi.
E’ il numero di calorie che il genere umano, nel suo complesso, dovrebbe mettere a disposizione di ogni suo componente per nutrire adeguatamente (persino in eccesso – 2.200 calorie giornaliere pro-capite), ogni anno, circa 10 miliardi di persone, iniziando dai bambini.
Vuol dire che calcolando il 30% in più della popolazione attualmente esistente sul Pianeta Terra da qui ai prossimi trenta anni, occorre verificare se ogni individuo potrebbe alimentarsi con una adeguata dieta diversificata (cereali, frutta, verdura, olii, zuccheri, ecc.) ingerendo circa 1,5 kg di cibo al giorno. Una dieta decisamente “ingrassante”, quindi, senza un adeguato dispendio calorico compensativo. Dispendio che invece è auspicabile e necessario per fini salutistici, soprattutto di prevenzione sanitaria.
Il problema per tutti noi, ad iniziare dal nostro agire politico e sociale quotidiano, è che questo numero esiste già da diversi decenni. Anzi, negli ultimi anni si è persino raddoppiato.
Confrontando i dati consolidati proprio nei rapporti della FAO degli ultimi dieci anni in riferimento alla produzione mondiale di cibo, risulta che ogni essere umano esistente sulla faccia della Madre Terra da qui al 2050, potenzialmente avrebbe già a disposizione circa 3 kg di cibo al giorno. Significa che se le derrate alimentari fossero ben conservate e adeguatamente distribuite, una futura popolazione mondiale di 10 miliardi di persone potrebbe avere a disposizione ogni giorno l’equivalente di cinque piatti abbondanti di “pasta e fagioli”. Invece ancora oggi 1/3 della popolazione mondiale soffre di carenze alimentari, mentre la parte più consistente delle derrate agricole prodotte nel mondo, soprattutto cereali, sono destinate all’alimentazione di bestiame da allevamento. In tutti questi anni l’Unione Europea (inclusa UK), al fine di mantenere bassi i prezzi per i consumatori, ha continuato ad incentivare gli allevamenti industriali di animali da latte e da carne sovvenzionando i produttori con somme che vanno da 4 e 2 dollari a capo al giorno. Quantità incalcolabili di mais, soia, avena e altre derrate potenzialmente ed eticamente destinabili all’alimentazione umana sono finiti e continuano a finire in questo gigantesco baratro economico ed ecologico.
Ma dentro questo numero c’e anche una buona notizia: la terra coltivabile per produrre ogni anno gli 8 milioni di miliardi di calorie per nutrire ogni essere umano, per dargli la possibilità di scaldarsi, refrigerarsi, spostarsi e riposarsi, c’è già. Non occorre continuare al disboscare ampie fasce delle foreste pluviali di questo unico pianeta. Anzi la terra coltivabile già disponibile basta e avanza per installarci tutti i pannelli solari e tutte le fonti rinnovabili che vogliamo (anche quelle più discutibili, tipo i bio-carburanti), senza alcun bisogno di consumare altro suolo. E allora, vi chiederete, perché non c’è questo numero al centro del dibattito politico nel nostro come negli altri paesi? Come mai dobbiamo continuare a preoccuparci solo del comportamento dei “mercati”? Non dovrebbe essere questo numero a selezionare la futura classe dirigente del mio come degli altri paesi del mondo? Perché nessun politico, aldilà delle frasi fatte, ci spiega come si può raggiungere in breve tempo questo traguardo globale (già esistente – come dimostrato), che dovrebbe essere il primo dell’agenda politica di ognuno di noi per tutti i prossimi anni, visto che insieme alle immani ingiustizie che affliggono da sempre l’umanità, finalmente si darebbe così vita ad una economia equa e sostenibile?
Per dare le risposte vere e trovare le soluzioni a queste domande, in conclusione, chi continua a sostenere che non esistono emergenze e che tutto tornerà nella normalità, è invitato cortesemente a farsi da parte, mentre coloro che intendono prendersi tutte le responsabilità politiche e decisionali su quanto qui documento, sono pregati di fare un passo avanti.
Autore: Roberto Lessio – Assessore all’Ambiente del Comune di Latina (Italia)
Traduzione di Caroline Susan Payne