Nel marzo 2021 è entrata in vigore la legislazione dell’Unione Europea sul diritto alla riparazione. La norma comunitaria prevede che i produttori di lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi e monitor devono garantire ai clienti che i loro componenti siano facilmente sostituibili con arnesi comuni nel caso di rottura o danneggiamento. Anche se questo è un passo normativo importante, la riparabilità non è ancora diventata una cosa semplice e una normalità: i problemi rimangono. La difficoltà maggiore è proprio quella di trovare i pezzi di ricambio, alla quale spesso segue una lunga attesa per la consegna delle ordinazioni e la mancanza di informazioni per i consumatori sulle procedure da seguire nella riparazione. Senza considerare gli smartphone e i tablet, che vengono scartati frequentemente, spesso precocemente, perché una volta rotti non sono più apribili e riparabili.
Nato nel Regno Unito nel 2013 da due attivisti riparatori, Janet Gunter e Ugo Vallauri, il Restart Project permette alle persone di riparare e utilizzare il più a lungo possibile i propri dispositivi elettronici. A Londra l’associazione organizza regolarmente dei Restart Party dove le persone apprendono a vicenda come riparare i loro dispositivi rotti e lenti – dai tablet ai tostapane, dagli iPhone alle cuffie acustiche – dove tutti sono invitati a incontrarsi, mescolarsi e condividere il divertimento della riparazione. Hanno organizzato inoltre una Directory, una sorta di catalogo con oltre 160 imprese che nella sola città di Londra si occupano di riparazioni. Le imprese vengono valutate sulla base di recensioni positive e di chiari termini di garanzia. Restart Project è ora una rete internazionale in forte crescita, con gruppi in 12 paesi di tutto il mondo che ospitano eventi di riparazione simili. Ma questa non è l’unica esperienza del genere.
A Eskilstuna, vicino a Stoccolma, in Svezia, c’è anche “ReTuna”, un grande ‘Centro Commerciale della Spazzatura (Trash Shopping Mall in inglese), dove ogni articolo in vendita è stato riciclato o rinnovato. Il suo successo è dovuto in parte alla sua posizione, che è situata proprio accanto all’Ecocentro della città, dove gli utenti scaricano gli oggetti e le cose ormai considerate inservibili. Funziona così: i cittadini che intendono disfarsi dei loro beni arrivano con la loro auto (come una sorta di “drive-in”) dove una squadra di personale specializzato li esamina uno per uno in un area attrezzata. Un gruppo di 50 professionisti puliscono, sistemano ed etichettano ogni articolo che sarà poi reso rivendibile, smistandolo in categorie merceologiche specifiche. I negozianti del centro commerciale, dove sono presenti 14 negozi specializzati, possono poi rifornirsi degli oggetti da riciclare o riutilizzare. Spesso le proposte di riutilizzo sono fantasiose e chiaramente ispirate da una finalità artistica. In uno di questi negozi, ad esempio, è possibile comprare un paralume fatto con la pelle di giacche logore. Gli oggetti che non è possibile rivendere ricevono una seconda ispezione, per vedere se possono essere utili a qualche scuola o alle autorità locali. I beni di consumo cosi trattati quindi debbono fare “molta fatica” prima di essere considerati dei rifiuti.
Uno degli obiettivi di ReTuna è quello di educare: essere un modello globale per cambiare l’atteggiamento delle persone verso il consumismo. Oltre ai laboratori di riparazione, vengono organizzati anche convegni e mostre. Il Centro Commerciale della Spazzatura ospita anche una scuola di design, dove gli studenti possono imparare a riciclare e creare cose da oggetti non più usati e scartati, magari solo perché passati di moda.
Il centro commerciale è sovvenzionato dal Comune di Eskilstuna, ma è già un successo imprenditoriale con vendite che hanno superato 1,8 milioni di dollari già l’anno scorso. Al momento è l’unico del suo genere al mondo, ma è un vero modello di economia circolare che si spera possa essere realizzato presto anche in altri paesi. La riparazione e la rigenerazione creativa dei beni di consumo e degli elettrodomestici possono guidare l’economia, creare posti di lavoro e proteggere l’ambiente. Le tre R per l’ambiente (ridurre, riutilizzare, riciclare) esistono già da tempo ormai, ma solo ora comincia a passare nella testa delle persone il concetto che riparare è un’opzione molto più sostenibile che riacquistare. Il 77% dei cittadini europei intervistati ha dichiarato che piuttosto che comprare di nuovo qualcosa che gli è risultata utile, preferirebbe prima poterla riparare. Da questi piccoli passi inizia l’irreversibile era dell’economia circolare.