Con la quarta ondata dell’emergenza da Covid 19 ci sarà cibo per tutti nel prossimo futuro? Sicuramente ci saranno altri picchi di vendite per la GDO (Grande Distribuzione Organizzata) ed anche le vendite on-line continueranno a passarsela bene. Ma nella realtà dei fatti la catena dell’approvvigionamento di alimenti a livello globale sta garantendo l’ulteriore, enorme, divario economico mondiale tra “vincitori e vinti”. Se si adottassero le misure per ridurre ed attenuare questo divario, a maggior ragione in presenza della pandemia, ci sarebbe il rischio di un ulteriore crollo sistemico, grosso modo come quello che ha provocato la crisi finanziaria del 2008, quando i governi di tutto il mondo hanno dovuto sostenere le banche perché erano “troppo grandi per fallire”. Anche i colossi della GDO si trovano oggi nella stessa identica situazione.
A marzo dello scorso anno, quando è stata dichiarata l’emergenza sanitaria a livello mondiale, la corsa agli acquisti sembrava più che altro una reazione psicologica collettiva tipica delle situazioni inaspettate che creano ansia e preoccupazione diffusa: le guerre, gli uragani e le altre catastrofi di grandi dimensioni. Si pensava a suo tempo che con il superamento dell’emergenza sanitaria e con l’arrivo della “normalizzazione” della vita sociale, l’effetto bulimia da acquisti sarebbe stato assorbito, ma dopo un anno e mezzo i trend di crescita delle vendite di alimentari permangono in tutti i paesi più ricchi. Ovviamente sono cresciuti anche i dividendi per gli azionisti delle società che controllano la GDO. Società che, man mano che passa il tempo, diventano sempre di meno a causa dei processi di concentrazione in corso. I primi cinque operatori della GDO nei singoli Stati europei ormai controllalo oltre il 75% del mercato in Francia, in Gran Bretagna e il Germania, mentre sono al 57% in Italia e al 50% in Spagna. In America, da questo punto di vista, va ancora meglio: nel 2020 la ricchezza della famiglia Walton (proprietaria di Walmart – la più grande catena al mondo con quasi 11.500 negozi in 27 paesi) è cresciuta di 3 milioni di dollari all’ora. Avendo registrato un “bilancio consistente” la Costco, considerato secondo operatore americano e mondiale del settore, ha distribuito 4,4 miliardi di dollari di dividendi ai suoi azionisti. All’appello non potevano mancare di certo anche Amazon e il suo proprietario Jeff Bezos, titolari della catena di supermercati Whole Foods (oltre 500 supermercati negli USA, Canada e Regno Unito), che nell’anno della pandemia ha registrato un aumento record del fatturato: più 38%, pari a oltre 100 miliardi di dollari. Nel febbraio 2021, Walmart ha annunciato di aver aumentato i dividendi della società per il 48° anno consecutivo. Complessivamente, proprio nell’anno in cui si è registrato il maggior numero di morti dopo la seconda guerra mondiale, le quattro maggiori catene di supermercati USA hanno distribuito quasi 13 miliardi ai loro azionisti: quasi il doppio rispetto ad appena un anno prima. Non abbiamo dati specifici per l’Europa, ma sembra anche qui che la pandemia ha dato una mano per distribuire alti dividendi. Dunque, il dato che impressiona non è tanto il fatto che queste società facciano enormi profitti per i loro soci, ma la loro dimensione e l’epoca in cui sono stati realizzati. E come accade in ogni guerra, se i proprietari della GDO internazionale sono senza dubbio da considerare i vincitori, bisogna capire prima chi sono i vinti e poi come sono stati sconfitti.
Tra questi ci sono i dipendenti della GDO, che poi sono tra quelli che più hanno rischiato in prima persona il contagio nel proprio posto di lavoro e che in molti casi ha avuto un esito fatale: le cose per loro sono andate decisamente male. La situazione è ulteriormente peggiorata anche per gli agricoltori di tutto il mondo che in precedenza già soffrivano del peggioramento dei prezzi sulle materie prime agricole, le disuguaglianze economiche tra i vari stati e l’escalation delle violazioni dei diritti umani. Lo ha rivelato il nuovo rapporto di Oxfam America, la sezione americana della prestigiosa organizzazione mondiale che combatte le disuguaglianze che mantengono le persone in stato di povertà. Torniamo a marzo dello scorso anno, quando è stato dichiarata ufficialmente la pandemia in tutti i paesi già colpiti sono state assunte decisioni per far andare avanti solo i lavori ritenuti essenziali, mentre tutti gli altri sono stati bloccati. Insieme al servizio sanitario, quello dell’approvvigionamento e della distribuzione dei prodotti alimentari è stato ritenuto tra i più indispensabili in assoluto. Ci si sarebbe aspettati quindi che tutti i lavoratori della GDO e i produttori agricoli, le donne in particolare, potessero veder aumentare i loro redditi e veder scomparire, o almeno attenuare significativamente, la violazione dei loro diritti. Il rapporto dell’Oxfam dimostra invece che è successo l’esatto contrario. Nei supermercati si sono intensificati i contratti a tempo determinato, il lavoro part-time e più in generale la precarietà del posto di lavoro. Come sottolineato da molte indagini statistiche compiute anche negli stati europei, le donne sono state le più colpite, perché coinvolte in quella che in gergo socio-economico si definisce “la trappola del precariato”. Il rapporto rivela come i divari retributivi e le discriminazioni di genere siano peggiorate per le lavoratrici del settore alimentare. Anche negli impianti di lavorazione e trasformazione dei prodotti alimentari e direttamente sui campi si è continuato a rischiare la vita. In generale, proprio nella fase peggiore della pandemia, le richieste urgenti di migliorare la sicurezza sul posto di lavoro e offrire una retribuzione per gli enormi rischi affrontati sono state ampiamente ignorate. Alcuni lavoratori sono stati licenziati per aver organizzato le proteste mentre molti loro colleghi hanno perso la vita. I lavoratori del settore agricolo inoltre, dove da tempo la situazione era già sconfinata in nuove forme di schiavismo, la situazione è ulteriormente peggiorata perché in rarissimi casi i lavoratori sono stati dotati delle misure di protezione individuale. Questa situazione ha comportato e sta determinando ulteriori rischi anche per il prodotto nella fase post raccolta. Si fa un gran parlare dei milioni di persone che sono state vaccinate nei paesi ricchi, ma nulla si dice sul fatto che i paesi esportatori e a basso reddito hanno ricevuto finora meno dell’uno per cento delle vaccinazioni globali contro il COVID, lasciando i lavoratori in situazioni vulnerabili e a rischio di ulteriori devastanti contagi pandemici del coronavirus.
Nessuno si sta preoccupando del fatto che per esclusive ragioni di prezzo la stragrande maggioranza dei prodotti che troviamo sugli scaffali dei supermercati della GDO provengono da queste aree anche se sarebbe disponibili prodotti locali. Nella nostra zona, ad esempio (Latina, in Italia), in questo periodo (estate 2021) si trovano in vendita limoni che provengono dall’Argentina e dal Sud Africa, dove è inverno e dove ci sono ancora migliaia di contagi al giorno. Di alberi di limoni con i frutti ancora attaccati ai rami qui ce ne sono ancora tantissimi, ma nessuno li raccoglie perché il prezzo di vendita non ripagherebbe i costi. I sistemi di approvvigionamento globali di alimenti della GDO per i quali è indispensabile la catena del freddo (basse temperature “ideali” per la sopravvivenza del Covid 19) rappresentano un problema del tutto sottostimato. Non si contano più i casi di focolai di contagio legati, sempre ad esempio, alla macellazione delle carni e all’obbligatoria refrigerazione che ne accompagna sia la distribuzione che la vendita. La stessa cosa si è verificata e si sta verificando per la fornitura a livello globale del pesce, ma senza che sia sta presa alcuna misura di controllo e garanzia da parte delle catene dei supermercati. Coloro che lavorano in queste catene di approvvigionamento, per lo più migranti, non vengono autorizzati legalmente ad aderire o formare sindacati e continuano a rischiare di diventare lavoratori privi di documenti ed esclusi dalle protezioni legali dalle carenze nelle politiche migratorie dei singoli governi. Il Covid-19 in sostanza, afferma il rapporto dell’Oxfam, è costato ai lavoratori globali 3,7 mila miliardi di dollari di reddito perduto: le donne e i giovani lavoratori sono stati i più colpiti e che sempre più spesso si trovano nelle condizioni di lavoro più precarie e meno retribuite. Pochi luoghi rivelano questa tendenza più chiaramente delle catene di approvvigionamento alimentari dei supermercati ed è per questo, per evitare lo scoppio di un’altra crisi sistemica di aziende “troppo grandi per poter fallire”, che si preferisce di far finta di niente. Ne riparleremo.