E’ ormai un fatto noto a tutti che la politica mondiale è determinata dall’economia globale e che questa a sua volta è controllata dalla finanza: banche, assicurazioni, fondi pensione e (soprattutto) fondi speculativi. E’ un’economia che non ha mai contabilizzato finora i danni provocati alla salute umana, alla biodiversità e all’ambiente in generale. E’ un’economia che non ha neanche mai fatto i conti con il progressivo esaurimento dei combustibili fossili e delle risorse naturali: in particolare di quelli che si chiamano servizi ecosistemici e dei quali solo negli ultimi anni si sta scoprendo l’enorme importanza economica (leggi anche: Servizi ecosistemici: la ricchezza inconsapevole). E’ un’economia priva di futuro che ha rovesciato l’ordine naturale delle cose e la logica delle regole che governano i sistemi complessi sul nostro pianeta e nell’universo intero.
Queste regole universali ci dicono che è la dimensione eco-logica a sovrastare tutte le altre, perché da questa discende la dimensione bio-logica, cioè lo spazio e le condizioni dove può realizzarsi e riprodursi la vita. Da quella bio-logica quindi discende la dimensione socio-logica, dove si realizzano, evolvono (o involvono) le relazioni sociali e dentro le quali, a nostra volta, ognuno di noi è inserito con la propria dimensione psico-logica. Ecco perché insistiamo nel dire che non può esistere una realtà eco-nomica sostenibile che non metta al centro delle sue valutazioni la sovrastante dimensione eco-logica. Invece finora è successo che poche persone, che si credono onnipotenti, ma che in realtà sono solo malate del bisogno di dominazione ad ogni costo, pensa di avere la capacità e il diritto di continuare a piegare ai propri interessi tutte le altre dimensioni, ad iniziare proprio da quella eco-logica. Queste persone malate hanno portato il nostro pianeta sull’orlo della catastrofe ambientale. Sono le stesse che adesso, solo adesso, ci vogliono spiegare che in realtà sono sempre stati degli ecologisti della prima ora e per questo si sono messi a darci buoni consigli proprio quando non riescono più a dare il cattivo esempio. Siamo noi che non ce ne eravamo accorti prima.
Ed ecco quindi che la Natura diventa improvvisamente un investimento finanziario “sicuro” e a lungo termine. Da un giorno all’altro la finanza internazionale scopre che investire nella lotta ai cambiamenti climatici può dare rendimenti maggiori ed eticamente corretti, piuttosto che continuare a puntare i soldi sui combustibili fossili e sulle guerre determinate localmente per accaparrarseli. A guidare questa schiera di “convertiti sulla via di Damasco” è stata, lo scorso anno la Banca Europea degli Investimenti (BEI). In un apposito documento ha annunciato che entro un anno (fine 2021) non finanzierà più alcun progetto riguardante la produzione di energia da combustibili fossili. Per il futuro i finanziamenti andranno solo alle energie pulite, all’efficienza energetica e alle fonti rinnovabili. Nel prossimo decennio ben mille miliardi di euro verranno investiti per l’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici. Il tutto in linea con gli accordi di Parigi, siglati nel dicembre del 2015. Meglio tardi che mai verrebbe da dire, visto che negli ultimi cinque anni (quando Greta Thunberg era ancora una sconosciuta ragazzina) gli investimenti della BEI in questi settori sono stati complessivamente di 65 miliardi di euro. Molte altre istituzioni finanziare, pubbliche e private, stanno seguendo le stesse orme, annunciando analoghi programmi d’investimento. Finalmente quindi la finanza ha scoperto, ad esempio, che senza le api non si produce il miele e che continuare a sterminarle con l’uso dei pesticidi neonicotinoidi prodotti da una nota multinazionale agro-chimica, sarà un pessim
o affare in futuro. Ma lo ha scoperto in primo luogo per continuare a piazzare e giocare con i prodotti finanziari derivati che altrimenti non comprerebbe più nessuno. Prodotti di cui sono pieni e zeppi a livello mondiale i bilanci delle banche, delle assicurazioni, dei fondi pensioni e (soprattutto) dei fondi speculativi. In sostanza siamo ancora una volta nella “logica” di sempre: arriva prima il portafoglio degli azionisti e poi, se del caso, la coscienza generale su chi ha causato e sta causando la catastrofe imminente.