Catturare le grandi quantità di carbonio prodotte dalle attività umane è il cuore del problema noto come emergenza climatica. Una volta catturate, l’anidride carbonica (CO2) in particolare, queste quantità devono essere stoccate in modo che il rilascio del carbonio in atmosfera avvenga il più lentamente possibile. Un altro grande problema planetario da risolvere nel medio – lungo termine è quello di recuperare e incrementare la fertilità dei suoli agricoli: soprattutto quelli ottenuti da un disboscamento. Come abbiamo visto in questo altro articolo (naturaefuturo.it/lintelligenza-delle-foreste-contro-la-stupidita-umana), questi terreni, tranne un breve periodo iniziale, sono di fatto sterili e per renderli produttivi, occorre oggi fare un massiccio uso di fertilizzanti chimici e pesticidi.
Il luogo dove sono nato, lavoro e vivo (l’Agro Pontino a sud di Roma in Italia), è proprio una zona dove un tempo c’era una grande foresta che è stata tagliata per far posto alle aziende agricole. Per fortuna quella foresta non è stata abbattuta completamente: l’ultima parte è oggi inserita nel Parco Nazionale del Circeo.
Anche i nostri terreni si sono rivelati fin da subito quasi del tutto improduttivi, tranne che in alcune piccole aree di forma circolare, dove la terra era molto più scura rispetto alle zone limitrofe. Quando ero bambino mio padre mi spiegò che quelle erano che le aree in cui erano state accese le cataste di legna, le carbonaie, con le quali si ricavava, per pirolisi, il carbone verde che poi veniva usato come combustibile nelle case.
Quelle aree, in sostanza, erano il risultato di una conoscenza che ha migliaia di anni di vita, ma che è stata completamente dimenticata con la modernizzazione e dei fertilizzanti artificiali. La cosa curiosa, scoperta negli anni Settanta del secolo scorso, è che quei terreni si trovano proprio in Amazzonia: la regione del pianeta più colpita dalla deforestazione. Erano stati ricavati artificialmente dalle popolazioni indigene in epoca precolombiana e la loro fertilità elevata si è conservata fino ai giorni nostri. L’hanno chiamata “Terra Petra” (che in portoghese significa “terra nera”) ed è stata ottenuta proprio con il carbone vegetale e altri materiali organici. Altri terreni del genere sono stati scoperti nel tempo in tutte le parti del mondo dove nei millenni ci sono stati dei disboscamenti: quello che è ormai certo è che si tratta di terreni ricavati artificialmente dalle attività umane ed alcuni di questi terreni risalgono a centinaia di migliaia di anni fa.
Quindi, molto tempo prima dell’avvento dell’agricoltura sul nostro pianeta, come metodo sistematico per produrre alimenti.
Su questa antica conoscenza si stanno sviluppando negli ultimi anni filiere produttive e nuove tecnologie che producono carbone vegetale per usarlo come fertilizzante naturale, detto tecnicamente biochar, e non più (o non solo) come combustibile. Questa svolta determinerà una serie di vantaggi anche per il pianeta.
Il primo consiste nel fatto che il biochar si può ottenere, sempre per pirolisi, con ogni tipo di sostanza organica e biomassa, inclusa quella contenuta nei nostri rifiuti domestici. Si possono così eliminare, oltre alle discariche e gli inceneritori, anche le tecniche del compostaggio e della produzione di bio-metano: metodi di trattamento della sostanza organica proveniente da raccolta differenziata dei rifiuti e scarti di lavorazioni agro-industriali che comunque rilasciano gas serra nell’atmosfera.
Il secondo vantaggio riguarda il fatto che con la produzione di carbone vegetale e di biochar, il carbonio accumulato resta sequestrato all’interno della biomassa; il rilascio poi avverrà nell’ordine di qualche centinaio di anni e non immediatamente come avviene con la combustione.
Il terzo effetto positivo sta nel grande impulso che si darebbe così alla mitigazione dei cambiamenti climatici, soprattutto se accompagnato al grande processo di riforestazione messo in campo in tante regioni del pianeta.
Il quarto vantaggio è quello più importante nella lotta anche alle diseguaglianze economiche tra i popoli e per la creazione di nuovi posti di lavoro: le antiche figure professionali del carbonaio (professione ormai quasi scomparsa in Europa) e del contadino, torneranno ad essere le nuove occupazioni del futuro.