I cambiamenti climatici e la transizione ecologica dell’economia richiedono professioni e competenze che oggi non ci sono o che sono completamente insufficienti. Il rischio di un gigantesco “greenwashing” è dietro l’angolo se non si definiscono gli obiettivi reali del cambiamento che a tutti i livelli dovrà essere attuato. Ed è su questi obiettivi che si dovranno formare in fretta, visto che di tempo ormai ne rimane ben poco, le nuove professionalità. Per esempio: quante persone oggi conoscono e sanno applicare le regole di base per fare agricoltura biologica vera e non l’agricoltura vagamente ecologica indicata nelle etichette dei prodotti che troviamo al supermercato? La risposta non è semplice, perché si tratta di stabilire quali sono le differenze tra un metodo di produzione realmente rispettoso dei cicli della natura e un metodo semplicemente sostitutivo dell’agricoltura convenzionale basata sulla chimica. E’ il metodo quindi che fa e farà la differenza, perchè il primo cerca di coniugare il reddito dell’azienda con le pratiche agricole basate su cicli ecologici e sugli ecosistemi, mentre il secondo ricorre a prodotti autorizzati dai regolamenti del settore, ma che sostanzialmente rappresentano un’agricoltura ecologica di facciata: per l’appunto, una sorta di “greenwashing” alimentare autorizzato da certificazioni a pagamento che ormai si fanno sempre di più sulla carta e sempre di meno sul campo. E allora quali regole bisogna conoscere per capire se i prodotti che acquistiamo sono ottenuti con l’uno o con l’altro metodo?
In primo luogo c’è da capire, attraverso le informazioni fornite anche su Internet, se l’azienda considera la fertilità della terra come sua principale risorsa produttiva ed economica. Bisogna verificare in pratica se il produttore ci dice qualcosa sulle tecniche che possono salvaguardare e potenziare la fertilità, al fine di aumentare la quantità di sostanze nutritive presenti nello strato del suolo utilizzabile dalle piante. La fertilità va salvaguardata perché per la maggior parte delle derrate alimentari il ciclo biologico nel suolo avviene essenzialmente a poca profondità. Materialmente la fertilità è data da una elevata percentuale di sostanza organica umificata (dal 3 al 5 per cento) che si trova nei primi 30-40 centimetri superficiali di suolo e che sono direttamente collegati alle particelle più fini di sostanza minerale (complesso argilla-humus). La trasformazione in humus della sostanza organica grezza (foglie, rami, radici,deiezioni, residui animali), è un complesso processo di “manipolaziome” che realizzano i numerosissimi organismi utili presenti nel suolo. Le eventuali lavorazioni del terreno (la permacoltura non ne fa ricorso) devono fare in modo di rispettare questo ciclo e per tale motivo nell’agricoltura biologica non sono ammesse arature profonde. Ma la fertilità va anche potenziata. Per esempio con la sistematica copertura dei suoli a fini antierosivi: non bisogna mai lasciare i suoli “nudi” per lunghi periodi. Oppure ricorrendo a coperture di sostanza organica morta (pacciamatura) di residui e scarti organici, magari alternata con un inerbimento controllato. La tecnica migliore comunque è sempre la cosiddetta “concimazione verde” (o sovescio) che consiste nel realizzare interramenti di coltivazioni realizzate con leguminose, graminacee, crocifere, ecc. che hanno funzioni fertilizzanti, inibenti e diserbanti verso altre specie. Fondamentali sono anche le rotazioni e gli avvicendamenti colturali sullo stesso terreno.
Se avremo ottenuto queste informazioni, saremo già a buon punto per avere una garanzia di affidabilità da parte del produttore, perché è da come si riesce a nutrire le piante che si creano le condizioni affinché queste siano in grado di autodifendersi dagli attacchi parassitari. Nel ciclo della biologia, gli esseri viventi che si nutrono di alimenti sani e buoni ricevono salute, viceversa si amplificano problemi legati a una “malnutrizione”. Qui sta un’altro importante elemento da capire. In agricoltura biologica la difesa fitosanitaria, dovrebbe essere più un’eccezzione che una normalità, perché entrano in gioco i servizi ecosistemici. Nel caso in cui ci sia una proliferazione di un determinato parassita, si scatena automaticamente la reazione degli antagonisti e dei predatori naturali. Generalmente siamo abituati a dare poca importanza alla “qualità della vita” che si realizza nel terreno, perchè c’è una tendenza spontanea a considerarlo come semplice supporto di attività umane che spesso non hanno nulla a che vedere con l’agricoltura. Invece c’è da sapere che, mediamente, in un metro quadrato di suolo in buone condizioni ecologiche, fino ad una profondità media di 30 centimetri, possono essere presenti 60.000 miliardi di batteri (fondamentali per la mineralizzazione della sostanza organica), 1 miliardo di funghi (necessari per la produzione e la degradazione di biomasse, biopolimeri, sostanze attive, sostanze umiche), 1 milione di alghe (molto utili per l’aerazione e l’aggregazione del suolo stesso), 10 milioni di vermi filamentosi, 150.000 acari, 200 lombrichi, 100 millepiedi, 100 scarafaggi, 200 larve di farfalle e molti altri esseri ancora. Tutti organismi utili e necessari per metabolizzazione e la distruzione di biomasse, la formazione di humus e il mantenimento/incremento della fertilità. Dunque, con le sue informazioni il produttore ci deve dare conto dell’enorme complessità ecosistemica che caratterizza il suolo che coltiva. Ma non lo deve fare perché noi non ci fidiamo di lui, si badi bene: la complessità ecosistemica è un grande vantaggio economico per l’azienda perché la somma degli organismi viventi su descritti può facilmente raggiungere un peso di due tonnellate ad ettaro. Si tratta quindi di una ulteriore potenzialità fertilizzante che raramente necessita di imput esterni. Potenzialità che, visti i cambiamenti climatici in corso, comporta anche un altro grande vantaggio: il 55% dell’humus presente nel terreno è carbonio organico prelevato dall’atmosfera. Mantenere e incrementare la l’humus e la fertilità, da una mano anche a contrastare i cambiamenti climatici.
Tutto questo sostanzialmente è un “patrimonio naturale del nutrimento” che operatori capaci devono saper gestire intelligentemente per fornire ai consumatori le informazioni adeguate. Ma per avere operatori capaci occorrono dei tecnici e formatori all’altezza della situazione e che in buona parte oggi non ci sono. Da qui la necessita che i legislatori definiscano quali obiettivi di cambiamento reale si intendono raggiungere: nello specifico, se si punta ad un’agricoltura biologica vera al posto di un’agricoltura ecologica di facciata.