E’ bastato un pò di caldo in questi giorni di inizio estate 2021 e siamo ricascati ancora nelle “non notizie” sul clima. In ogni telegiornale viene messo in onda un servizio dove il “giornalista” di turno rappresenta i seguenti contenuti: a) la temperatura è alta e per questo fa caldo (nel caso qualcuno ne dubitasse); b) si chiede alla malcapitata signora anziana se sta percependo il relativo disagio (eventuali risposte negative ovviamente non vengono messe in onda); 3) si coglie sul fatto un altro anziano nell’atto di rinfrescarsi presso una fontanella pubblica e gli si chiede con tono accusatorio il motivo di tale gesto (le risposte debbono essere attinenti esclusivamente alla necessità urgente del refrigerio); 4) si blocca la passeggiata di una coppia di turisti con il gelato in mano e gli si chiede se si aspettavano che facesse così caldo in questo periodo (in questo caso si mettono in onda solo risposte negative); 5) si chiude il “pezzo” giornalistico di così rara fattura con gli immancabili consigli dei medici (sempre gli stessi pure loro) su come difendersi dalla calura: bere tanta acqua, ripararsi dal sole, non uscire nelle ore più calde, ecc., ecc. Meglio non va con i programmi di intrattenimento pomeridiano e serale dove il clima stagionale la fa sempre da padrone, mentre i programmi seri sui cambiamenti climatici si possono visionare solo di tanto in tanto e comunque in tarda serata o a notte inoltrata.
I nostri organi di informazione si occupano sempre più spesso di argomenti che rappresentano una banale e ordinaria realtà (le temperature stagionali) e offrono sempre meno spazio alle vere informazioni che riguardano quella stessa realtà: in particolare sulle conseguenze che produrranno i cambiamenti climatici se non si cambieremo repentinamente e drasticamente i nostri stili di vita. Il caldo d’estate è diventato una obbligatoria “notizia” quotidiana, anche se perfettamente inutile, mentre il fatto che il 2020 sia stato stimato l’anno più caldo degli ultimi 140, cioè da quando vengono misurate le temperature atmosferiche, è stato riportato come un dato ormai scontato: quella che in gergo giornalistico si definisce una “non notizia”, da non farci caso. Ma proviamo a vedere quanto costa al nostro pianeta, proprio in termini di innalzamento delle temperature già alte, questo tipo di informazione perfettamente inutile.
Immaginiamo la riunione della redazione di un telegiornale (magari di una emittenti di proprietà interamente pubblica) composta di almeno 10 giornalisti (cellulari e computer accesi, ovviamente) che decide di trasmettere l’ennesimo servizio sul momentaneo caldo estivo, con tanto di interviste in ambiente esterno del tipo di quelle su descritte. Di seguito il Caporedattore incarica una “troupe” formata almeno da un giornalista ed un operatore di ripresa, i quali prendono la macchina e vanno in giro a fare delle domande ai malcapitati anziani di turno, un po’ in una grande città, un po’ in spiaggia e talvolta al bar. Quando la temperatura è di 35 gradi, la linea editoriale discussa ed accettata da tutta la redazione dovrà assolutamente confermare che si sta vivendo un periodo di disagio generale con domande del tipo: «Signora, fa caldo oggi?». Oppure: «Come mai sotto l’ombrellone a quest’ora?» Quando la temperatura si avvicina o oltrepassa i 40 gradi, la linea editoriale sarà ancora più ferrea nel testimoniare ineluttabilmente che fa tanto caldo. Una volta registrati questi autentici “scoop” giornalistici, la “troupe” potrà fare rientro in sede per il montaggio e per la successiva messa in onda. Naturalmente il pezzo così montato andrà obbligatoriamente nei titoli di apertura del telegiornale. A conti fatti quel “pezzo” ci sarà costato nel suo complesso almeno 200kg di anidride carbonica (CO2) immessa inutilmente nell’atmosfera già sotto stress.
E già che ci siamo possiamo fare due conti anche sulle altre “banalità climatiche” che subiamo quotidianamente da questi “servizi” sulle tv e sui giornali, magari con tanto di commenti dei vip di turno, che per tale ruolo vengono pagati con i relativi gettoni di presenza:
– sul fatto che a maggio e giugno l’estate sia già iniziata o debba ancora arrivare;
– sul fatto che a settembre ed ottobre la stessa estate è già finita o meno;
– sul fatto che a luglio e agosto ci siano stati comunque dei giorni di pioggia e ci si chiede come mai;
– sul fatto che l’inverno sta per arrivare;
– sul fatto che il grande freddo è atteso nei prossimi giorni;
– sul fatto che la primavera si fa attendere e il freddo non accenna a mollare la morsa;
– sul fatto che in qualche parte del globo c’è quasi sempre una forte alluvione con gravi danni (spesso tacendo che vengono provocati non tanto dalle forti piogge quanto dallo sfruttamento miope del suolo e che in realtà l’evento poteva essere benissimo previsto);
– sul fatto che piove troppo oppure troppo poco o che è prevista una discesa della temperatura e bisogna coprirsi bene per non prendere freddo.
Ogni volta che ci troveremo di fronte a simili banalità, ricordiamoci quindi che sono state appena immesse in atmosfera ulteriori quantità di gas serra per realizzarle.
Intanto sulla notizia vera, cioè sul fatto che la febbre del pianeta sta raggiungendo il punto di non ritorno, tutto tace.
La temperatura media globale sulla terra e sugli oceani del primo semestre 2020 è stata la più elevata mai registrata nella storia delle rilevazioni, iniziata nel 1880. I dati sono stati forniti dal National Climatic Data Center degli Usa. Si conferma così ancora una volta il trend al surriscaldamento del pianeta in atto negli ultimi anni, come anche dimostra il fatto che la temperatura media globale sulla terra e sugli oceani dei primi 20 anni del terzo millennio (2000-2019) è stata la più elevata mai registrata con un valore di 57,9 gradi fahrenheit (14,389 gradi celsius), superiore dello 0,3% a quella della decade precedente. Ma per parlare di queste cose, guarda caso, non si trova mai abbastanza spazio nella programmazione dei telegiornali e nell’impaginazione dei giornali.