Essendo i principali “consumatori” della loro zona, i Comuni possono dare da subito un grande impulso all’economia circolare. Nell’attuale sistema di “economia lineare” le città stanno consumando oltre il 75% delle risorse naturali, producono oltre il 50% dei rifiuti globali ed emettono tra il 60 e l’80% dei gas serra: sono di fatto il motore dell’insostenibilità ambientale e sociale attuale. Viceversa, sfruttando il loro consistente potere di acquisto nella fornitura di beni e servizi, i Sindaci possono governare percorsi economici che conducono all’eliminazione dei rifiuti, all’autoproduzione energetica degli edifici, alla scelta di materiali non tossici negli uffici, all’uso di derivati da produzioni naturali nel materiale di consumo e all’utilizzo di prodotti alimentari provenienti esclusivamente da agricoltura biologica nelle mense scolastiche. Alcune amministrazioni comunali in giro per il mondo già lo stanno facendo e le loro scelte stanno guidando strategicamente l’innovazione del mercato nella loro area di riferimento. Prima di illustrare questi esempi però, occorre capire quali strategie politiche sono state messe alla base dei processi di transizione locale dall’economia lineare a quella circolare, utilizzando il concetto giuridico della Responsabilità Estesa del Produttore (acronimo ERP), recentemente introdotto anche nell’Unione Europea.
La corrente di pensiero ormai più affermata nell’economia circolare è senza dubbio la progettazione certificata “dalla culla, alla culla” (“Cradle to Cradle” – C2C) che consente il sistematico recupero e utilizzo dei materiali, sia in senso tecnico/tecnologico che biologico. Questi materiali vengono progettati pensando prima alla salute dell’acquirente, per essere poi smontati a fine uso al fine di recuperare parte del costo iniziale. Infatti, una volta smontati, questi beni materiali possono essere rivenduti dagli acquirenti ai produttori, con uno schema commerciale di acquisto e riacquisto (“buy and buy-back”): gli stessi produttori così possono recuperare una parte dell’investimento iniziale, rispettando anche i loro obblighi di responsabilità di recupero dei materiali stessi. Esattamente come se si trattasse di aggiornare e ricostruire la culla per un neonato. Una corrente di pensiero “gemella” al C2C si è recentemente affermata anche per i prodotti alimentari che non a caso si chiama “dalla Terra, alla Terra” (from Earth, to Earth – E2E). Circa il 30-40 per cento dei nostri rifiuti è costituito da materiali organici che possono essere compostati in ambito domestico e comunitario per poi essere riutilizzati al fine di preservare, ripristinare e migliorare la fertilità dei suoli agricoli. Anche in questo caso il recupero comporta un vantaggio economico sia per il produttore che per il consumatore.
Da queste valutazioni generali sono partiti gli amministratori della città di Velno, nei Paesi Bassi, per progettare il nuovo Municipio comunale, con tanto di arredi e allestimenti interni. Già nel 2007 l’Amministrazione comunale aveva deciso che tutti i nuovi edifici della città dovevano essere progettati in base ai principi del “Cradle to Cradle”. La progettazione è iniziata nel 2009 mentre la costruzione è stata completata nell’aprile 2016. L’obiettivo principale che è stato posto alla base della progettazione era quello di avere consistenti risparmi economici nel lungo termine, soprattutto sui costi energetici, proteggendo allo stesso tempo la salute dei dipendenti e degli utenti. La parte politica dell’amministrazione, cioè Sindaco, Assessori e Consiglio comunale (quindi non la parte tecnico/burocratica) si è presa la responsabilità di valutare l’intera procedura. Alla gara di progettazione hanno partecipato 50 proposte, tra le quali ne sono state poi scelte 5 che hanno infine determinato quella vincitrice. Il budget stanziato dal consiglio comunale per il progetto è stato di 53 milioni di euro ed è stato erogato da una agenzia locale di finanziamento statale. Il rientro
dell’investimento è avvenuto nei tempi programmati e così il Consiglio comunale con i soldi risparmiati si è trovato con una disponibilità di 900mila euro che ha potuto reinvestire subito in altre aree con gli stessi principi del C2C. Il Municipio stesso, definito il più sostenibile al mondo, è diventato una attrazione turistica con decine di migliaia di visitatori all’anno (prima della pandemia da Covid 19, bene inteso).
Il Consiglio comunale della città di Toronto (la capitale della provincia dell’Ontario, in Canada) disponendo a sua volta di un potere di acquisto annuo di circa 2 miliardi di dollari canadesi, già nel 2016 aveva approvato una strategia iniziale per la riduzione drastica dei rifiuti a lungo termine per applicare i principi dell’economia circolare. Il cuore del problema stava nei processi di approvvigionamento dei beni da parte di vari uffici comunali che risultavano completamente slegati tra loro: un problema che interessa tutte le amministrazioni pubbliche del mondo. Per fare gli acquisti ogni settore amministrativo di solito agiva per conto proprio con delle gare di appalto di forniture, sia di beni che di servizi. Si è così pensato di predisporre un piano quadro di attuazione degli appalti in base ai criteri dell’economia circolare: i relativi requisiti sono stati inseriti direttamente nei documenti di invito per partecipare alle gare. In sostanza le aziende in grado di dimostrare che già applicavano i criteri dell’economia circolare ricevevano un punteggio maggiore rispetto ad altre. Il coordinamento per lo sviluppo del piano quadro si è svolto tra gennaio e giugno 2018 ed ha riguardato i settori dell’ alimentare e ristorazione, la gestione dei rifiuti, l’informatizzazione e la tecnologia, i tessili e l’abbigliamento, le costruzioni e l’ingegneria. Il tutto è stato affidato ad una agenzia comunale creata appositamente per gli “approvvigionamenti circolari” negli appalti. L’iniziativa ha aperto nuove opportunità anche alle imprese nell’aggiudicarsi gli appalti stessi e questo dato fa ben sperare anche per un progressivo aumento dell’occupazione. Oltre al fatto che con questa scelta, Toronto si avvia ad essere una delle prime città a “rifiuti zero” nel mondo.
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