Nubifragi, allagamenti, strade devastate e altri disastri. “A causa del maltempo”, si dice puntualmente. Ma dipende da ben altro. E si può fare tantissimo per non dover più contare i danni, piangere le vittime e correre a tamponare dopo le catastrofi. A patto di collaborare con la natura.
Un esempio ci aiuta a rendercene conto: in Europa un albero di medie dimensioni, cioè alto circa 20 – 30 metri, produce circa 1,7 kg di ossigeno al giorno. Grosso modo è la quantità che per vivere mediamente devono respirare 10 persone adulte nello stesso arco di tempo. Negli altri continenti la produzione di ossigeno dagli alberi può anche raddoppiare. Tutta salute gratis. Questo esempio ci fa capire perché i benefici ecologici ed economici spontaneamente creati dalla natura e che in gergo tecnico si chiamano “servizi eco-sistemici”, sono sempre stati dati per scontati nelle scelte economiche. Ma non è così, la natura non si rigenera sempre e comunque se viene calpestata e sfruttata indiscriminatamente, l’uso scellerato delle risorse ricade anche sulla nostra salute e sulle nostre tasche. Le decisioni politiche ed economiche dei governi si sono sempre basate sull’uso indiscriminato delle risorse naturali, mentre nella realtà, restando nell’esempio, far respirare aria pulita a tutti noi determina un grande guadagno economico prima ancora che sanitario ed ecologico. Finora invece le politiche sanitarie hanno puntato di fatto più sulla cura delle malattie anziché sulla prevenzione, non tenendo nel debito conto i servizi eco-sistemici che avvengono giorno dopo giorno e necessitano di tempi lunghi.
GERMANIA: COME GUADAGNARE IL TRIPLO RISPETTANDO LA NATURA
In Germania hanno deciso di andare in quest’altra direzione da circa due anni. L’idea è quella di utilizzare i vantaggi prodotti spontaneamente dagli ecosistemi e dai paesaggi naturali per far risparmiare ai cittadini i costi ambientali e sanitari dovuti ai cambiamenti climatici. In particolare il progetto partito nel 2012 e curato dal Dipartimento di Economia per la ricerca ambientale del Centro Studi di Helholtz, ha rilevato che le piante e l’habitat naturale proteggono le pianure alluvionali dalle inondazioni che sempre più spesso si verificano in tutto il mondo. I tedeschi stanno perciò eliminando il cemento dalle sponde e delle dighe per lasciare spazio agli alberi e agli animali che vivono lungo un fiume. È stato calcolato che con un investimento di 400 milioni di euro si ottiene un risparmio di oltre 1,2 miliardi sui costi di manutenzione e ricostruzione degli argini a seguito di catastrofi meteorologiche.
PIÙ ARIA PULITA E MENO CATASTROFI
Ma in quest’idea ci sono due aspetti ancora più importanti. Come noto infatti le piante producono ossigeno “mangiando” l’anidride carbonica (CO2) in eccesso presente nell’aria. Ma proprio la CO2 è il maggiore inquinante responsabile dei gas serra che stanno cambiando il clima; questi cambiamenti climatici a loro volta provocano sempre più spesso le alluvioni. Utilizzando questi “servizi eco-sistemici” quindi si ottiene un ulteriore doppio vantaggio: si respira aria più pulita e si riduce il peso del principale fattore che sta cambiando il clima del nostro pianeta.
Questo non vuol dire sminuire il valore intrinseco della natura in sé oppure mettere il “cartellino con il prezzo” ad ogni albero, spiegano gli scienziati tedeschi. Si tratta di comprendere in tutta la sua portata l’enorme valore (anche economico) della biodiversità. Del resto questa ricerca in Germania trae spunto da un precedente lavoro (The Economycs of Ecosystems and Biodiversity) presentato da un gruppo di ricercatori internazionali durante il G8 del 2007, il vertice dei Paesi più industrializzati e più ricchi del mondo. La politica anche in quell’occasione fece finta di nulla.
il tessuto nato Dagli scarti di agrumi
Quello che è stata finora una montagna di materiale umido da smaltire, a costi significativi, è ora la materia prima per realizzare il sogno di due ragazze siciliane: “produrre un tessuto prezioso e vitaminico da indossare, che sia al contempo frutto e ricchezza per la nostra terra”. Tutto ciò Adriana Santonocito ed Enrica Arena lo stanno realizzando grazie all’ingegno e all’intraprendenza che ha dato vita alla loro azienda “Orange Fiber”. In pratica hanno messo a punto un sistema per realizzare vestiti riciclando scarti e sottoprodotti dell’industria degli agrumi in abiti vitaminici ed ecosostenibili. Un brevetto nato dalla tesi di laurea di Adriana e testato al Politecnico di Milano. Una trovata innovativa che ha sviluppato con Enrica: una con il desiderio di diventare stilista specializzata in tessile sostenibile e l’altra vogliosa di una imprenditoria sociale e rispettosa dell’ambiente. Insieme hanno sviluppato poi un processo per arricchire il tessuto sostenibile con oli naturali che rilasciano vitamine A, C ed E sulla pelle di chi lo indossa. Un progetto che ha ottenuto di recente un ottimo riconoscimento alla Creative Business Cup, tra molte decine di aziende di 40 Paesi. Si sono classificate come la quinta migliore impresa creativa al livello planetario. Del resto, ogni anno l’industria della trasformazione degli agrumi produce 700.000 tonnellate di scarti, un quarto della produzione agrumicola italiana che rimane invenduta e va in malora. Gli abiti di Orange Fiber sono tutti realizzati da donne in difficoltà e persone svantaggiate.
Sardegna, alberi anti-alluvioni
Un milione di piante di ginepri, lecci, elicriso e altre specie tipiche mediterranee per rinverdire le terre devastate da alluvioni e incendi. È il progetto lanciato in Sardegna a Pistis, sulla costa di Arbus: bambini e adulti, amministratori locali e associazioni, parrocchie e imprese tutti insieme hanno messo a dimora le piantine e interrato migliaia di palline d’argilla piene di semi. L’iniziativa è proposta dall’Associazione “L’uomo che pianta gli alberi” e punta a diffondersi in tutta Italia. «Chiediamo a tutti di aderire, piantando alberi, interrando semi, preparando palline d’argilla, ognuno nel proprio territorio e realtà lavorative (scuole, associazioni, amministrazioni pubbliche) – dice l’associazione – pertanto invitiamo tutti coloro che vogliono aderire rinverdendo la nostra Terra, a prendere contatti con la nostra associazione, per avere chiarimenti, consigli ed essere inseriti in un registro, dove terremmo aggiornato il totale del numero delle piante, delle palline di argilla e dei semi interrati. Per le scuole che aderiranno al progetto l’associazione mette a disposizione argilla e semi”.
Dai boschi immediati benefici in Italia
Disastro dopo disastro, governi, cittadini e industriali si stanno rendendo conto dei pericoli e danni che il degrado, il miope sfruttamento e la mancata cure degli ecosistemi forestali. I boschi sono indispensabili per contenere lo stravolgimento climatico in atto e quindi prevenire catastrofi, a cominciare da alluvioni e nefasti nubifragi, e risanare i suoli e i fiumi sempre più impoveriti. In questo àmbito il nostro meraviglioso Paese ha grandi potenzialità, immediatamente attivabili. Abbiamo in Italia ben 9 milioni e mezzo di ettari pronti per interventi di riforestazione. Un milione di ettari è adatto alla realizzazione di foreste chiuse per la produzione di legname. Il dato emerge da un’accurata ricerca del World Resources Institute. L’importante centro di ricerca americano da anni sta dimostrando che ripristinare boschi e foreste è una opportunità per i suoli di il pianeta, capace di migliorare la sicurezza e l’economia dei territori.
La svolta eco dell’Africa
Il prossimo anno sarà decisivo per la lotta ai cambiamenti climatici. Nel 2015 infatti a Parigi si terrà il vertice mondiale per la revisione del cosiddetto Protocollo di Kyoto. Un accordo internazionale, mai firmato da USA e Cina (le due nazioni attualmente più inquinanti della Terra), che prevedeva la riduzione dell’emissione del 20% dei gas serra rispetto al 1990. Un precedente vertice si era tenuto a Copenaghen (Danimarca) nel 2009 ma era fallito miseramente soprattutto a causa del rifiuto del Presidente degli Stati Uniti (il neo eletto Barack Obama) e del Primo Ministro cinese di assumere impegni concreti e ufficiali. Questa volta però a pesare maggiormente saranno i cosiddetti Paesi in via di sviluppo, in particolare quelli africani. Decisivo sarà il loro rifiuto, che appare ogni giorno sempre più convinto, nell’applicare le stesse politiche economiche dei Paesi più ricchi; quelle stesse politiche che hanno determinato la grave crisi ambientale attualmente in corso. L’Economia Naturale (Nature Economy) in tal senso potrebbe avere un ruolo chiave.