La grande tragedia che sta caratterizzando la nostra epoca è la mancanza di fiducia. La questione No o Pro Vax, il terrapiattismo, le teorie complottiste di ogni genere hanno semplicemte questo micidiale “lievito” che poi fa cresce ogni forma di protesta. Ed è un lievito che viene spesso alimentato dalle stesse cause che lo dovrebbero eliminare, visto che stiamo ancora aspettando di diventare tutti ricchi come il capitalismo predatorio delle risorse naturali ci aveva promesso. Le persone continuano ad ammalarsi e a morire perché resta imperante una medicina allopatica che considera una “fesseria” la medicina omeopatica e tutte le cure tradizionali derivate da conoscenze millenarie. Cure che, tra l’altro, sono tutte basate su medicine di sintesi chimica testate su animali e che continuano a prendere come parametro di riferimento della loro efficacia (momentanea) una persona adulta, di genere maschile (bianco) e che pesa mediamente 70 kg. Centinaia di milioni di persone, soprattutto bambini, continuano a morire ogni anno di fame, mentre una piccola parte della popolazione mondiale (quella che vive negli opulenti paesi occidentali) continua a sprecare quotidianamente quantità enormi di cibo. Milioni e milioni di persone, soprattutto giovani, continuano a cercare un lavoro per ottenerne un reddito minimo, mentre i manager di banche e multinazionali si distribuiscono stipendi e dividendi miliardari. I giovani che hanno chiesto a gran voce misure serie per il contrasto ai cambiamenti climatici, anche a seguito del recente vertice di Glasgow, si sono visti restituire dai lider politici mondiali ulteriori promesse di interventi futuri e solo ipotetici. Perché mai le persone, diciamo pure l’intera umanità, dovrebbero continuare a fidarsi di questo sistema e di questa classe politica?
La domada non è retorica perché questa enorme sfiducia globale rischia di travalicare anche tutte le battaglie sacrosante che in ogni parte del mondo le comunità hanno affrontato e stanno affrontando per affermare il più importante, il più inalienabile in assoluto, dei diritti umani: il libero accesso all’acqua potabile. E’ ormai certo che la privatizzazione e la trasformazione di questo diritto universale nella possibilità o meno di acquistare una qualsiasi merce di consumo a pagamento, sarà la causa dei più gravi conflitti sociali del futuro sul nostro pianeta. Particolarmente su questo tema, così come per le altre questioni su indicate, per uscirne in modo pacifico e costruttivo ormai non è più consentito a chiunque continuare a ragionare in termini di interessi privati. Per fortuna non mancano gli esempi da seguire e che, non a caso, risalgono a tradizioni culturali e storiche nella gestione dei beni comuni e che sono tutt’oggi ancora vive e perfettamente funzionanti.
A Valencia, in Spagna, esiste il “Tribunal de las Aguas” (Tribunale delle Acque) che nel settembre del 2009 è stato designato “Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità” da parte dell’UNESCO. La sua funzione giurisdizionale, non solo è pienamente vigente in quanto riconosciuta espressamente dalla legislazione spagnola, ma nella prospettiva dei cambiamenti climatici e delle crisi idriche che ne deriveranno, rappreseta una soluzione quasi ottimale. Il Tribunale infatti si occupa di risolvere i conflitti e le cause legali derivanti dall’uso e dallo sfruttamento dell’acqua per l’irrigazione dei campi della campagna valenciana. Campi che hanno una organizzazione molto particolare perché la città sorge alla foce del fiume Turia e tutti i terreni coltivabili ricevono l’acqua dai canali principali d’irrigazione derivati da questo fiume (otto in tutto), che si diramano nel territorio esterno al nucleo urbano. Questi canali vengono chiamati “acequias” (fossati) e l’organizzazione per l’utilizzo collettivo delle acque pubbliche, sia superficiali che sotterranee, è affidato a delle millenarie organizzazioni comunitarie di diritto pubblico che si chiamano “Comunidades de regantes” (Comunità d’irrigazione): i sistemi di regolamentazione infatti risalgono ai tempi delle dominazioni romane e arabe. Queste comunità sono formate da agricoltori ed hanno la finalità di gestire la distribuzione dell’acqua destinata all’irrigazione in modo efficace, ordinato ed equo tra i suoi membri. Quando sorgono questioni relative all’utilizzo scorretto o illegale dell’acqua, non serve incaricare avvocati, depositare ricorsi giudiziari o presentare richieste di risarcimento: le controversie vengono portate direttamente all’attenzione del Tribunale dell’Acqua che si riunisce in seduta pubblica ogni giovedi, alle ore 12, presso la Porta dei Santi Apostoli di Valencia.
Ogni Comunità (otto in tutto al quale si aggiunge un Presidente a tempo indeterminato) è rappresentata da un “sindaco” che svolge anche la funzione di giudice: ognuno si accomoda nell’apposita sedia che corrisponde al nome del canale di irrigazione. Una sorta di cancelliere del Tribunale (chiamato “alguacil” – sceriffo), rivolge una tradizionale frase in lingua valenciana a tutti i presenti e serve a conosce chi sono i denuncianti e i denunciati. Segue una rapida discussione tra le due parti, sempre in lingua valenciana, al termine della quale il Tribunale pronuncia la sua decisione con l’escusione del sindaco denunciato. Le sanzioni sono quantiticate in “sueldos” che già dai tempi del medioevo corrispondono ad uno stipendio giornaliero del responsabile del canale di irrigazione condannato. Il tutto si risolve in poco tempo e poi ogni componente del Tribunale torna alle sue occupazioni quotidiane.
Nel tempo questa particolare forma di giustizia diretta ha visto ridurre la sua importanza a causa della costruzione di una diga sul fiume Turia a circa 110 km da Valencia. E’ stato creato così un grande bacino artificiale con il quale vengono immagazzinate anche le grandi quantità d’acqua che poi necessitano per l’irrigazione dei campi. Ciò non toglie il grandissimo valore di testimonianza per il futuro di questo Tribunale perchè nel passato la maggior parte delle questioni per le quali veniva chiamto a pronunciarsi erano dovuti a carenze d’acqua riscontrate nei principali canali di irrigazione. Una situazione che, purtroppo, diventerà sempre più frequente nel prossimo futuro anche in molti altri angoli della Terra.
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