Per contrastare i cambiamenti climatici, realizzare l’inclusione sociale e dare un’occupazione a tutti, anche ai soggetti svantaggiati, ognuno di noi dispone di un potentissimo strumento: la forchetta! Il problema è che questo strumento ormai viene usato dalle persone per ingerire distrattamente del cibo (chi può permetterselo, ovviamente) che viene prodotto in modo da far ammalare contemporaneamente sia la terra che noi stessi. Le malattie legate ad una alimentazione e a una dieta sbagliata sono in crescita costante in tutto il mondo, mentre per i cibi sani, nutrienti e coltivati secondo natura, essendo quasi sempre più costosi di quelli convenzionali, vi è la convinzione diffusa che siano alla portata solo della fascia più abbiente della popolazione. Questa convinzione è profondamente sbagliata ed è solo il pessimo risultato di un modello alimentare/economico che, per così dire, ha perso completamente la memoria e il senso dei rapporti tra uomo e natura. Tutto dipende da cosa diamo da mangiare alla terra, non da altro. Vediamo perché.
Per spiegare cosa intendiamo dire proviamo ad immaginare il volto dei bambini quando, seguendo le nostre indicazioni, estraggono con le loro mani delle carote dal terreno, le lavano, le puliscono e danno subito un morso a una di queste. Molto probabilente li sentiremo dire dopo che è più buona di quelle che si comprano al supermercato e confezionate dentro una vaschetta di plastica. Lo stesso effetto si produrrà sicuramente facendo assaggiare loro delle mele colte direttamente dall’albero e dopo un breve percorso gustativo e sensoriale quei bambini avranno sicuramente trovato il tutto molto divertente e gratificante. Mangiare cibi freschi, di stagione e tipici della zona dove abitiamo quindi, fa la differenza sia in senso educativo che nutrizionale. Ma questo percorso è possibile farlo facilmente in una fattoria che si trova in campagna, dove alle esperienze sensoriali con la verdura e la frutta si possono abbinare anche quelle di dare da mangiare, con gli avanzi degli stessi vegetali, ai polli e ad altri animali da cortile dai quali otterranno le uova. Il punto centrale quindi è far riscoprire alle persone, e ai bambini in particolare, il nostro legame inscindibile con la terra nella quale viviamo e dalla quale traiamo il nostro nutrimento quotidiano. E’ un legame che, anche a causa della pandemia da Covid 19, le persone sentono sempre di più il bisogno di riscoprire e rafforzare, soprattutto per chi vive, per scelta o per necessità, in una città caotica.
In ogni città comunque esistono molti spazi verdi abbandonati, incolti o inutilizzati, che possono essere facilmente riconvertiti all’agricoltura. Questo accade già con gli orti sociali e didattici che però non dispongono degli spazi, delle dimensioni e delle opportunità che può offrire una fattoria di campagna. D’altra parte una fattoria collocata in ambito urbano, inquinamento a parte, non sarebbe in grado di produrre a sufficienza una quantità di cibo che permetta di avere un reddito sufficiente a chi la conduce. Ecco che allora stanno spuntando in varie parti del mondo delle fattorie urbane e peri-urbane indirizzate alla riscoperta del legame tra le persone e la natura attraverso un reciproco rapporto di solidarietà. Come a dire: “se tu dai una cosa buona da mangiare a me, io poi do un’altra cosa buona da mangiare a te”. Il concetto fondamentale è che la terra per prima deve essere ben nutrita e non genericamente “concimata” con prodotti di sintesi del tutto estranei alla biodiversità locale. L’impegno dunque è quello di realizzare un sistema agricolo che crei un nutrimento reciproco (da quì il concetto di solidarietà), che non estragga eccessivamente le risorse dal suolo e che permetta di mantenere in buona salute le nostre comunità attraverso un’alimentazione sana.
Questo si può fare benissimo in ogni città e con poco spazio a disposizione: per realizzare un progetto del genere, basta un gruppo di persone determinate e convinte degli obiettivi da raggiungere. Il reddito quindi non verrà ricavato dalla produzione vera e propria (o almeno, non solo da quella) ma sarà determinato dalle esperienze cognitive, sensoriali e nutrizionali che si riuscirà a mettere a disposizione dei partecipanti tramite appositi percorsi. Poi, una volta riacquisito il legame, le persone potranno effettuare più consapevolmente le scelte alimentari che vogliono, incluso il “fast food” (si fa per dire).
Una di queste fattorie peri-urbana la sta allestendo l’autore di questo articolo nella zona dove vive (Latina, in Italia) per offrire insegnamenti, lezioni e percorsi didattici a bambini e adulti, i quali possono partecipare e collaborare anche con attività svolte sui campi. Il lavoro verrà poi retribuito con il raccolto diretto da parte dei partecipanti in base a dei parametri precedentemente concordati. Tra gli apprendimenti che vengono offerti ai partecipanti ve ne sono tre che hanno molta importanza in tutto il progetto. Il primo riguarda le tecniche di agricoltura biologica che portano ad avere cibi saporiti, sani e nutrienti: riguardano più che altro la gestione della fertilità dei suoli. Il secondo spiega come possiamo combattere i cambiamenti climatici con le nostre forchette, ma anche con i cucchiai, al fine di sequestrare più gas serra possibile dall’atmosfera (compostaggio dei rifiuti organici), ma anche come immetterne sempre di meno con le nostre scelte alimentari (ad esempio con la riduzione del consumo di carne).
Il terzo apprendimento offerto, il più importante di tutti, fa capire alle persone perché i prodotti convenzionali costano di meno dei prodotti biologici all’atto dell’acquisto, ma in realtà costano molto di più sotto il profilo della sostenibilità sociale e ambientale. Questi prodotti vengono ottenuti sfruttando al massimo sia gli esseri umani (spesso ridotti al limite della schiavitù) con il lavoro in nero e sottopagato, sia i terreni agricoli, con lo spargimento di fertilizzanti chimici e pesticidi. I prodotti ottenuti dalla fattoria biologica pertanto, sempre per rispettare i criteri della solidarietà (in questo caso tra gli esseri umani) non verranno venduti esclusivamente al miglior offerente. Attraverso la raccolta di sovvenzioni e altre risorse economiche verrà permesso l’acquisto a prezzo convenzionato anche a coloro che dispongono di un reddito basso.
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