Molte cose che siamo abituati ad utilizzare quotidianamente, si tratti di un televisore, di uno spazzolino da denti, una lavatrice o una stampante del computer, sono programmati per rompersi e rendersi inutili dopo poco tempo, invece che per durare a lungo. In tal modo, siamo costretti a comprarli di nuovo o farli aggiustare a nostre spese, anche se in realtà, in molti casi, funzionano ancora. E se poi questi prodotti diventano automaticamente rifiuti da smaltire, il problema non esiste per chi li ha costruiti. L’obiettivo è quello di farli ricomprare sempre più velocemente, secondo la perversa logica della crescita infinita dell’economia.
Questo è l’incredibile risultato di una approfondita ricerca, commissionata dal gruppo parlamentare dei Verdi tedeschi, effettuata in Germania da Christian Kreiss, professore di Economia all’Università di Aalen, in collaborazione con l’esperto in amministrazione d’affari Stefan Schridde.
E IO PAGO!
I due studiosi hanno calcolato che i consumatori tedeschi potrebbero risparmiare circa 100 miliardi di euro l’anno, se non fossero costretti a ricomprare ogni volta prodotti in cui è stata inserita l’obsolescenza programmata. Vale a dire circa 120 euro a testa.
Lo studio, oltre ad analizzare le cause dell’usura ad orologeria incorporata nei beni di uso comune, documentando una serie di esempi concreti e le relative conseguenze negative per il nostro portafoglio, ha fornito anche una sorta di manuale operativo per difendersi da questo tipo di truffe commerciali occulte. Truffe, tra l’altro, sempre più frequenti e per tale motivo i due studiosi hanno dichiarato che questa “obsolescenza programmata” dei prodotti è ormai divenuta un fenomeno di massa. Accade di solito quando la garanzia è già scaduta, anche da poco: improvvisamente e inaspettatamente gli oggetti si rompono oppure necessitano di una riparazione ad un costo che non vale la pena affrontare.
COLLANT DEBOLI, LAVATRICI “MALATE”, SCARPE FRAGILI, STAMPANTI BUGIARDE
Il meccanismo funziona inserendo dei veri e propri “punti deboli” nei prodotti, ma non sempre nello stesso punto per non destare sospetti nell’opinione pubblica. La rottura proprio di quel punto determina l’inutilizzabilità complessiva degli stessi. Il campionario è davvero immenso.
C’è il televisore a schermo piatto che non si accende più a causa del malfunzionamento dell’alimentatore. I jeans alla moda scoloriti artificialmente, con le cuciture che si rompono dopo pochi mesi. La lavatrice con la resistenza elettrica, quella che scalda l’acqua per intenderci, che si arrugginisce facilmente, determinando una sostituzione antieconomica del pezzo di ricambio (la vita media di una lavatrice nel 1998 era di 12 anni, oggi è di circa la metà). La stampante a getto d’inchiostro “bugiarda”, che dopo aver stampato un certo numero di pagine, attraverso il programmino installato dal produttore, indica la necessità di una riparazione; ma se si azzera il relativo chip la stampante funziona regolarmente. I collant per donne non trattati con poliammidi, quelle fibre di nylon che ne stabilizzano l’elasticità, conferendo maggiore resistenza agli strappi. La pompa di alimentazione di un’automobile con motore diesel che consuma facilmente alcuni componenti interni (lasciandovi sistematicamente a piedi). Le scarpe che un tempo duravano almeno un decennio e che invece oggi sono costruite con pelle troppo sottile, rompendosi all’altezza del tallone dopo al massimo 2 anni.
CELLULARI E DINTORNI
Ma sono soprattutto i prodotti a scatola chiusa, quelli che non si possono aprire, a destare preoccupazione per i loro costi economici e ambientali. Da un lato c’è in ballo lo spazzolino da denti elettrico, con la batteria incorporata e insostituibile che costringe l’acquirente, una volta scaricata la batteria, a buttare via anche lo spazzolino. Ma dall’altro ci sono anche alcuni prodotti di alta tecnologia, tipo i telefoni cellulari di ultima generazione (i primi smartphone). Buttarli via significa disperdere materiali. Il problema aggiuntivo sta nel loro smaltimento una volta che decidiamo di disfarcene: questi oggetti, oltre ad essere realizzati con metalli e minerali sempre più rari, contengono componenti (ad esempio le batterie) che per legge devono essere smaltiti in modo separato. Se per caso poi, proprio perché non separabili e non riciclabili, questi prodotti finiscono nella fornace di un inceneritore, a quel punto la beffa è completa.
COME DIFENDERSI?
Soprattutto in un momento di crisi come quello attuale, è bene non cedere alla logica che, se un prodotto costa meno di altri, è anche conveniente: in tal modo si alimenta la truffa invece che eliminarla. Poi, diffidare di pubblicità e annunci che non indicano alcun periodo di garanzia: a parità di costo e di qualità, almeno apparente, conviene scegliere quei prodotti che offrono una garanzia più lunga. Verificare che la carta su cui è stampata quella stessa garanzia non sia termica (tipo quella di fax o scontrini), perché l’inchiostro scolorisce dopo un certo tempo. Scegliere prodotti che già a prima vista si presentano come separabili e recuperabili. Infine, appoggiare coloro che intendono presentare proposte di legge che, come recentemente avvenuto in Francia, allungano di molto i periodi di garanzia e soprattutto perseguono penalmente questo tipo di truffe, mandando in galera i responsabili. Così si può tornare ad avere prodotti economici, durevoli, belli e riparabili.
OBSOLETI ANCHE CON LA MORTE
Si calcola che dal 1998 siano almeno 8 milioni le persone morte in Congo a causa della guerra per l’accaparramento del coltan, un minerale raro che viene utilizzato per far funzionare i telefoni cellulari e le play-station.
DOCUMENTARIO ON LINE
Comprar, tirar, comprar, tirar”. Comprare, buttare. è il documentario trasmesso dalla tv di Stato spagnola, che mostra come la maggior parte delle aziende progetta i prodotti affinché durino molto meno, per incentivare i consumi. Si iniziò con le lampadine: dovevano durare non oltre le 1.000 ore. Negli Usa, a seguito della crisi del 1929, fu proposta una legge per imporre che tutti i prodotti avessero una obsolescenza programmata e vietarne l’uso dopo la scadenza. Il documentario è su internet (in spagnolo, ma alcune parti anche in italiano su Youtube).
IPOD A SCADENZA: APPLE RISARCISCE
Milioni di iPod, il lettore personale di musica più diffuso al mondo, dopo 8-12 mesi cominciavano ad accusare problemi alle batterie, che però non potevano essere sostituite. E quindi bisognava comprare un nuovo iPod a 500 dollari. Perciò i consumatori americani hanno organizzato e vinto una class action (azione collettiva per risarcimento) e la celebre azienda ha risarcito i clienti e ha esteso la garanzia a 2 anni. Nel processo è infatti emerso che la Apple aveva realizzato appositamente le batterie al litio “a scadenza”, affinché terminassero il loro ciclo in quel lasso di tempo.
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