Quello dell’isola di Budoni è l’ ennesimo esempio degli incendi che ogni estate distruggono le bellezze del nostro territorio. Questo è un argomento di cui si parla quando si ripresenta, puntuale, ogni estate e solo in estate, anche malgrado la pandemia di quest’anno. Gli incendi diventano cronaca quotidiana, giornalisticamente parlando, esclusivamente perché sono legati ai mesi più caldi. Un “fenomeno” in cui siamo relegati, come sempre più spesso ci accade, al ruolo di semplici spettatori. Vale a dire di assistere, impotenti, alle ennesime immagini degli ormai “mitici” aerei Canadair, che come uccelli mitologici riescono a spegnere le fiamme, anche nei luoghi più impervi e nelle condizioni più difficili. A parte l’encomiabile lavoro dei Vigili del Fuoco e delle squadre della Protezione Civile. E meno male che esistono questi aerei. Perché in realtà, a causa dell’emergenza climatica, il fenomeno si sta estendendo sempre di più (vedi in questo sito Il lavoro del futuro è nella Natura: la riforestazione della Terra) anche nelle altre stagioni dell’anno e per motivi non casuali.
Caro aereo, quanto mi costi?
Ma quanto costa usufruire dei Canadair? Per ogni ora di volo di questi aerei in Italia si spendono almeno 10.000 euro; il costo è quasi raddoppiato negli ultimi 10 anni e varia a seconda della zona dove viene richiesto l’intervento. Ci sono stime che parlano anche di 15mila euro l’ora ma molto dipende dalle difficoltà operative e dalle condizioni meteo. Per acquistare ogni velivolo si spendono al cambio attuale circa 37 milioni di euro (fonte “La Repubblica”). La ditta produttrice, la canadese “Bombardier”, detiene il monopolio mondiale. In Italia i Canadair, 15 in tutto (dato 2019), sono di proprietà del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, ma negli altri paesi vengono per lo più presi a noleggio per la stagione estiva. Negli Stat Uniti ad esempio, la maggior parte sono di proprietà privata e vengono affittati a seconda dell’occorrenza dalle varie autorità nazionali interessate (guardia Nazionale e Vigili del Fuoco in primo luogo). A parte il loro costo, resta indubbio il fatto che con la sua possibilità di immagazzinare oltre 6mila litri di acqua in appena 12 secondi, per poi scaricarla entro pochi minuti nel luogo dell’incendio, il ricorso a questi particolari aerei sembra ormai diventata l’unica arma a disposizione per combattere il “fenomeno”. Quando un incendio divampa, non c’è altro a cui pensare: bisogna spegnerlo, punto e basta, costi quel che costi!
Aerei necessari o incendi ‘utili’?
Ma proviamo per un attimo a rovesciare il ragionamento. Se gli incendi non scoppiassero, questi mezzi diventerebbero perfettamente inutili. Così come diventerebbero inutili tutti i programmi di “rimboschimento” delle aree interessate da parchi nazionali e/o regionali percorse dalle fiamme (chissà perché in Italia gli inneschi avvengono quasi sempre negli stessi luoghi). Idem per quelle aree che ogni 4 anni “devono” essere incendiate da sprovveduti pastori per rinnovare il sottobosco al fine di alimentare il proprio bestiame (comprargli il foraggio costerebbe 200 volte di meno). Inutili infine, ma non per ordine di importanza, diventerebbero quegli effetti “emulativi” che colpiscono sempre di più i nostri giovani: provocando altri incendi, sentono appagato (per un brevissimo periodo) il loro bisogno di sentirsi importanti. Non parliamo di “piromani”, perché nella maggior parte dei casi, semplicemente non esistono. Insomma, si risparmierebbero un sacco di soldi.
Il metodo creato dal Professore
Di questi aspetti del “fenomeno” si è accorto per primo Tonino Perna, un economista e sociologo italiano e Professore Emerito di Sociologia Economica presso l’Università degli studi di Messina, quando era stato nominato, nel periodo 1999-2005, Direttore del Parco dell’Aspromonte, in Calabria. A lui si deve l’invenzione dei “contratti di responsabilità” a fini anti-incendio. Attraverso questi contratti, le associazioni di volontariato (spesso formate da giovani disoccupati) che rispondono ad appositi bandi, ricevono un rimborso spese ed altri emolumenti economici inversamente proporzionale alla superficie incendiata nelle aree a loro assegnate. Tutto è basato sulla prevenzione “palmo a palmo” del territorio. Meno fuoco c’è, più si guadagna.
Sistema troppo poco costoso
Il sistema è costato circa 200 mila euro a stagione per tutelare un’area di 80.000 ettari. L’iniziativa sembrava morta lì perché come sempre, quando una cosa funziona in Italia, deve essere rimossa o cambiata. Questa cifra infatti corrisponde ad una piccolissima parte del costo di acquisto di un Canadair (senza parlare della manutenzione e dei costi operativi); senza parlare del fatto che con quella cifra si potrebbero risparmiare ogni anno somme significative che potrebbero essere destinate al rimboschimento e all’acquisto del foraggio per il bestiame ovo-caprino. Per qualcuno, forse costa troppo poco la prevenzione degli incendi in questo modo! Circa 2,5 euro per ettaro per anno. E, siccome in Italia ci sono circa 6 milioni di ettari di boschi (molti dei quali non corrono grossi rischi), fatti due calcoli ci si accorge che metterli in sicurezza con il “metodo Perna” costerebbe meno della metà di quanto costa allo Stato italiano oggi spegnere gli incendi con i Canadair. Infatti qualcuno deve aver pensato che l’aver ridotto del 90% (con questo sistema) il numero complessivo delle aree percorse da incendio, non andava bene: per scelta politica Perna non è stato riconfermato nell’incarico.
Ma nel frattempo qualcun altro ha seguito il suo esempio: in particolare il Parco del Pollino (sempre in Calabria) e la Provincia di Macerata. Oggi il sistema anti-incendio “Perna” è diventato un modello di riferimento a livello europeo. Le cose cambiano, se le si vuole fa cambiare …