Ci sono diverse possibilità per realizzare una vera transizione ecologica dell’economia, ma ognuna di queste alternative deve prima fare i conti con le fonti energetiche alle quali intendono ricorrere. Bisogna stabilire a monte (“ex ante”, non “ex post”) quanto può venire a costare e quanto sia sostenibile, sia sotto il profilo economico che quello sociale, come si intende finanziare ognuna di queste possibilità. Questa è una scelta prettamente politica che può avere effetti sulla vita dei cittadini diametralmente opposti a quelli ufficialmente dichiarati. Da un lato c’è chi sostiene ancora oggi, in linea con le vecchie e ammuffite “leggi del mercato”, che occorre confermare l’attuale tendenza a far innalzare deliberatamente il prezzo delle fonti energetiche fossili (gas, petrolio, carbone e uranio) in modo che tutte le tecnologie legate alle fonti rinnovabili diventino rapidamente più competitive, mentre dall’altro c’è chi ritiene necessario mantenere il più basso possibile il prezzo delle energie convenzionali ed usare i soldi così risparmiati per raggiungere la medesima competitività delle fonti rinnovabili, grazie anche ai fondi pubblici. Noi tendiamo per questo secondo scenario perché non ci vuole molto a capire che la prima ipotesi comporta un pesante aggravio economico per le fasce meno abbienti della popolazione, soprattutto quelle colpite dalla disoccupazione, mentre le fasce più ricche vedrebbero aumentare i loro guadagni grazie all’aumento dei prezzi. Al contrario dei ricchi, per le famiglie povere e a basso reddito è impossibile installare un sistema di pannelli solari sulla propria abitazione (ammesso che ne abbiano una), quando sono costretti ad acquistare il combustibile e l’energia elettrica di cui hanno bisogno per vivere ad un costo molto elevato. L’opzione di maggiorare i prezzi al fine di incoraggiare l’energia rinnovabile inoltre è sostanzialmente una trappola politica che mette a dura prova i meno abbienti, giustificando in loro la diffidenza e il sospetto già vagante che i movimenti pubblici e i partiti politici a favore del risparmio energetico e dell’energia solare facciano probabilmente di più gli interessi dei ricchi, che quelli dei “poveracci” e dei disoccupati.
Non a caso ad ogni elezione i partiti ambientalisti ottengono sempre uno scarso consenso in queste fasce di popolazione. Questo è esattamente quello è sempre successo in passato e che sta di nuovo avvenendo da un anno a questa parte. Malgrado il clamorosi fallimenti registrati in tutto il mondo nei servizi idrici, nei trasporti, nella sanità, etc., secondo queste tesi anche per far espandere le fonti energetiche rinnovabili ancora una volta bisognarebbe affidarsi a quel “libero mercato” tanto caldeggiato ormai più di quaranta anni fa da Margaret Thatcher nel Regno Unito e Ronald Reagan negli USA. Anche se il sole, la pioggia, la fotosintesi, il vento e il calore della terra che vengono utilizzati per sviluppare le tecnologie fotovoltaiche, idroelettriche, a biomasse, eoliche e geotermiche non costano nulla, per la loro transizione secondo queste tesi sarebbe obbligatorio pagare il solito “dazio” di sempre: quello di offrire al produttore un profitto maggiore di quello che si potrebbe ottenere da un qualsiasi altro investimento con le fonti fossili tradizionali.
Insomma, si tratta della solita strategia che soddisfa unicamente le vecchie compagnie da sempre arroccate nel campo energetico: prima con il carbone, poi con petrolio, oggi con il gas naturale e poi… quando saranno in comodo, anche con le fonti pulite e rinnovabili. E dunque, in base a questo misero criterio di convenienza momentanea (quì, ora e a vantaggio di pochi esseri viventi appartenenti alla specie umana) è impossibile realizzare un’economia realmente sostenibile per tutti noi e per le future generazioni. Il criterio del profitto immediato, lo stesso che ci ha portato alla catastrofica situazione attuale, comanda ancora il banco e il gioco del casinò: o si vince o si perde.
E’ proprio questa follia che deve essere sostituita il più rapidamente possibile con il concetto del bene comune. Le fonti rinnovabili sono di fatto elementi naturali disponibili per tutti e che non potranno mai appartenere a qualcuno: né allo stato, né al mercato. Per farle affermare definitivamente su scala globale, in fondo si tratta di fare gli stessi investimenti statali già adottati in passato quando sono stati costruiti i ponti, le strade, gli elettrodotti (anche in zone rurali e montane), i porti, gli oleodotti, i gasdotti e tutte le altre infrastrutture che sono state utilizzate per lo sviluppo e lo sfruttamento delle fonti fossili. Le stesse centrali nucleari, ad esempio, in nessun angolo del mondo sarebbero state costruite senza l’apporto di ingienti finanziamenti pubblici. Ed allora, se ci fosse una vera volontà politica, la stessa possibilità può essere data rapidamente a quella transizionsizione verso le fonti energetiche rinnovabili che già oggi sono altamente competitive: queelle fotovoltaiche, eoliche e geotermiche in primo luogo. Con i risparmi così ottenuti, in poco tempo si potranno implementare anche tutte le altre, in particolare quelle legate alle biomasse e all’idrogeno.
Questo semplice passaggio però è anche il principale ostacolo da superare nell’attuale sitazione geo-politica globale. In altre parole, si può dire che questa soluzione “è un problema maggiore” che si stà valutando al banco del tavolo del casinò e qundi è meglio tenersi il problema così com’è attualmente, anche se ci sta portando alla catastrofe planetaria. Il problema è che le fonti rinnovabili sono per loro natura gratis, facilmente accessibili ovunque e gestibili direttamente dalle popolazioni locali: sono, in due parole “troppo democratiche”. Ovunque splenda il sole si può catturare l’energia solare con i collettori per usarla per riscaldamento e per produrre acqua calda, oltre a ricavarne elettricità con le celle fotovoltaiche. In alcuni luoghi, la forma piú disponibile di energia solare può essere il vento (che soffia perché il sole scalda l’aria della superficie terrestre in modo non uniforme). Il vento a sua volta trasporta l’umidità formatasi con il riscaldamento degli oceani e che poi, con la condensazione negli strati più freddi dell’atmosfera, precipita a terra sottoforma di pioggia e di neve. Nelle aree agricole, l’energia solare è disponibile sotto forma di biomassa (materia organica prodotta fotosinteticamente dalle piante verdi). Parliamo di letame, residuati agricoli o colture fatte apposta per essere convertite in metano e in biodiesel: entrambi combustibili rinnovabili all’infinito. Nelle aree boschive si può convertire in calore, sia direttamente che per trasformazione in gas, il legname in eccedenza fornito da alberi e rami ormai morti e/o anche coltivato allo scopo. Questo senza considerare l’immensa disponibilità della fonte geotermica che in alcuni paesi (vedi l’Islanda) potrà determinare l’autosufficienza energetica in pochi anni. Questo è il vero futuro.
Viceversa ancora oggi le nazioni più ricche al mondo, le stesse che si erano impegnate nel 2016 a bloccare i sussidi concessi al settore delle fonti fossili entro il 2025, di fatto li hanno quasi raddoppiati nell’arco di appena cinque anni: nel 2021 questi sussidi hanno raggiunto l’astronomica cifra di 700 miliardi di dollari. Lo ha rivelato nei mesi scorsi l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), che ha compiuto uno studio su 51 paesi “chiave”. La giustificazione ufficiale è stata la necessità di ridurre il prezzo dell’energia per i consumatori mentre l’economia globale si stava riprendendo dalla pandemia di Covid-19, ma poi è arrivato il conflitto tra Russia e Ucraina e pertanto i finanziamenti stanno aumentando ulteriormente. La voce più grossa di questo surplus di spesa verrà impiegata per cercare nuovi giacimenti e costruire nuovi gasdotti lunghi migliaia di chilometri.
Come si vede, le questioni principali sono ancora una volta politiche prima ancora che economiche. Ma ormai non è più possibile continuare a discutere su quanto e quando sarà conveniente la transizione totale e definitiva alle fonti rinnovabili. Il costo del combustibile convenzionale inquinante e destinato comunque all’esaurimento salità sempre di più e cosí sarà ancora per un tempo indefinito. Il costo dell’energia rinnovabile invece è sempre più determinato solo dal costo delle apparecchiature, in drastico calo negli ultimi dieci anni, senza avere niente a che fare con guerre e conflitti per il possesso e il controllo di una fonte energetica limitatata e inquinante. Tutto il resto è solo propaganda per mantenere lo status quò. Dai nostri calcoli basta spostare ogni anno una parte minima della spesa media annuale per l’acquisto delle fonti fossili (noi abbiamo ipotizzato il 5% annuo) e nel giro di un ventennio l’intero fabbisogno di ogni nazione potrebbe essere soddisfatto con energia pulita. Tra l’altro una riconversione del genere può determinare la creazione di decine di milioni di posti di lavoro in più in tutto il mondo. Tutto questo vuol dire, contrariamente a quanto qualcuno insiste a farci credere, che ogni volta che si installa un pannello solare, una pala eolica (oggi sempre meno ingombranti, poco rumorose e con un impatto paesaggistico minimo) o altri impianti che usano fonti realmente rinnovabili, risparmiamo per sempre l’acquisto di risorse che, tra l’altro, una volta bruciate ci inquinano l’aria che respiriamo noi e i nostri bambini. Dunque, oltre alle nostre tasche ne guadagnano anche occupazione, salute e Pace tra i popoli.
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