La sistematica comunicazione negativa su ciò che fa l’avversario politico, ogni volta senza proposte alternative, è sicuramente l’aspetto più odioso di questo periodo di coronavirus. Lo è ancora di più in un contesto dove sono proprio i partiti populisti radicali ed estremisti che attualmente hanno più successo a livello mondiale, a dover dare spiegazioni ai cittadini. Minimizzando il problema all’inizio, andando in giro senza mascherina, organizzando assembramenti senza distanziamento individuale e restandone infettati, per poi accusare l’avversario politico di non aver fatto nulla contro la diffusione del coronavirus.
E’ l’ennesima riprova della pericolosa modalità in cui si stanno formando le classi dirigenti in molti paesi e il distacco totale che queste classi rappresentano e dimostrano di avere per i problemi vissuti dalla popolazione. Può sembrare questa un’affermazione superficiale, ma in realtà che è proprio ciò che stiamo documentando su questo sito (nato anche per questo) perché quello che stiamo attraversando è un tunnel in fondo al quale c’è il rischio della tenuta della democrazia.
Quella di dare la colpa ad altri (al governo e/o all’opposizione, ai cinesi, ai pipistrelli, ecc.) è una tecnica per individuare comunque un nemico ed è da sempre una delle principali modalità per ottenere consenso elettorale. Il problema è che questa forma di comunicazione per “acchiappare” voti è ormai diventata l’unica e di fatto siamo costretti a vivere dentro una campagna elettorale permanente. Molti studi internazionali che stanno monitorando il fenomeno, sviluppatosi a partire dagli anni Novanta, hanno dimostrato che gli effetti di queste campagne elettorali negative hanno già prodotto gravi danni. Non si parla più di critiche sostanziali che contengono le conseguenti proposte alternative e neanche di fisiologici disaccordi tra posizioni politiche diverse. Il deterioramento del linguaggio e del rapporto politico ha ormai raggiunto un livello tale che fasce crescenti di elettori non vanno più a votare, perché convinti che il loro voto non serve a niente. Si auto rinuncia cosi ad un diritto per il quale i nostri padri hanno lottato, sono stati imprigionati e combattuto guerre. Quelli che vanno a votare invece effettuano sempre più scelte “regressive”, cioè spinti dalla paura, dalla rabbia e dalla frustrazione per come vanno le cose. La caratteristica che più offende di tale fenomeno è il fatto che queste campagne vengono studiate a tavolino proprio per alimentare la disaffezione verso la politica e le istituzioni. Altri studi infatti, hanno dimostrato le differenze tra deboli espressioni di critiche con le parole forti e i messaggi incivili: questi ultimi da un lato producono sempre sentimenti negativi verso la politica e la democrazia, dall’altro però ottengono un discreto consenso immediato. La strategia elettorale quindi si impernia sul “non voto” in assoluto e/o a favore dell’avversario. Obiettivo da raggiungere con ogni mezzo e spudoratezza.
E’ stato cosi che nel 2016, il team della campagna elettorale di Donald Trump ha utilizzato le riprese casuali di un malore di Hillary Clinton, per uno spot che suggeriva una sua mancanza di “resistenza” fisica per affrontare le sfide della presidenza deli USA. Nelle elezioni britanniche del 2010, i conservatori (oggi guidati da Boris Johnson, uno che di queste cose se ne intende molto – vedi Brexit) hanno prodotto una serie di manifesti che attaccavano l’allora Primo Ministro Gordon Brown, ritenuto responsabile di aver “sottratto miliardi di dollari alle pensioni”, di aver “raddoppiato il debito nazionale” o di aver “fatto uscire in anticipo dalla galera 80.000 criminali”. Durante le elezioni presidenziali francesi del 2017, sono state diffuse voci che suggerivano che il presidente eletto, Emmanuel Macron, era omosessuale (visto che la moglie ha molti più anni di lui).
Matteo Salvini, anche lui grande esperto della materia, nelle ultime elezioni europee ha effettuato una campagna per uscire dall’euro e dall’Europa perché ritenuti responsabili della crisi economica, anche se adesso se la prende con il governo attuale perché dai 209 miliardi di euro del “Recovery Fund” assegnato all’Italia non stanno uscendo proposte che lui condivide (quali siano le sue ancora non lo sa nessuno). Tutte queste elezioni sono state vinte proprio perché associate a campagne di comunicazione politica negativa. Le risse mediatiche a cui assistiamo quotidianamente in televisione, sui social network e sui giornali, servono a questo scopo e non stanno facendo altro che aumentare la disaffezione dei cittadini verso la politica e le istituzioni. Del resto le “fake news” alle quali ricorrono spesso queste classi dirigenti, perseguono lo stesso obiettivo. Ma è proprio la sfiducia nelle istituzioni che alimenta l’irresponsabilità individuale, che a sua volta aumenta la diffusione della pandemia. Non a caso c’è una matrice politica dietro le manifestazioni di piazza a cui stiamo assistendo in questi giorni, almeno in Italia. Cosa fare?
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