Di solito avere a che fare con le vespe non è molto piacevole, ma sono proprio loro ad aver dato l’ispirazione decisiva ad un progetto che promette di realizzare un sogno: costruire case a basso costo, tendenzialmente a zero, soprattutto per le popolazioni povere sparse per il pianeta.
Le vespe vasaie, in particolare, costruiscono i loro nidi con il fango e vanno a procurarselo ogni volta che ne hanno bisogno. Questi nidi poi risultano molto resistenti nonostante il materiale usato possa indurre a pensare il contrario. Il primo progetto innovatio ispirato a questa tecnica costruttiva naturale è stato presentato 5 anni fa durante un evento intitolato proprio “La realtà del Sogno” che si è tenuto a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna, in Italia. Oggi questa tecnica si sta diffondendo sempre di più.
In questa città ha sede la società WASP (World’s Advanced Saving Project), che ha realizzato la più grande stampante 3D esistente al mondo. Le stampanti 3D, per intenderci, realizzano oggetti tridimensionali di qualsiasi tipo sulla base di un programma preimpostato al computer e stanno diventando sempre più importanti proprio nel settore immobiliare, in particolare nel campo della bioedilizia. I progettisti guidati da Massimo Moretti, un vero e proprio “rivoluzionario” del settore, avevano il problema di trovare il materiale adatto. Per questo si sono ritrovati un bel giorno dalle parti di Ait Ben Haddou, nel centro del Marocco, situata in pieno deserto, ma con un clima molto piovoso: è una città patrimonio dell’Unesco, dove le case sono fatte interamente di argilla mischiata con fibre naturali. Sono abitazioni che non hanno alcun bisogno di ristrutturazione, ma solo di una semplice manutenzione: aggiungere 2 centimetri di terra argillosa sui muri esterni ogni 5 anni.
Armati di pale, setacci e sacchi, i progettisti hanno quindi verificato le caratteristiche delle argille multicolori presenti sul posto. L’argilla rossa sottostante un primo strato superficiale si è rivelata il materiale perfetto per la stampante, perché aveva le proporzioni giuste di sabbia. L’argilla svolge la funzione drenante dell’acqua piovana e la sabbia da collante: l’intera città di Ait Ben Haddou è fatta proprio con questo materiale. Argille di questo genere comunque si possono trovare in tutto il mondo e questo consente di impastare i materiali sul posto dove viene costruita l’abitazione, con consistenti risparmi di energia.
La società che ha sviluppato il progetto, anche con l’obiettivo di realizzare case a chilometri zero (cioè solo con elementi e componenti costruttive presenti sul posto) assicura che le combinazioni di materiali utilizzabili è praticamente infinita. Questo perché la ricerca si è rivolta “verso materie prime che fossero donate dalla terra, ad alto rendimento, con un costo di produzione basso, per la crescita delle quali non servissero concimi chimici e che fossero coltivabili ovunque”. La canapa, che non richiede terreni particolari e trattamenti specifici e che ha un rendimento di circa una tonnellata ad ettaro, ne è un tipico esempio: viene utilizzata come fibra discontinua di rinforzo e viene posta all’interno dell’impasto, con il quale la stampante realizza la costruzione.
Le fasi di sviluppo del progetto hanno portato ad un prototipo con la quale sono state realizzate delle curiose costruzioni in scala ridotta. Successivamente è stata presentata la stampante che è in grado di costruire una casa vera e propria in argilla. Al posto dell’inchiostro, spruzza argilla a strati secondo la forma impostata al computer, tra l’altro con forme costruttive che possono essere create a proprio piacimento dal progettista o dallo stesso proprietario della casa.
“Le stime internazionali – afferma la società che ha realizzato il macchinario – prevedono che entro il 2030 ci sarà un rapido aumento delle domande di abitazioni per più di quattro miliardi di persone, che attualmente dispongono di un reddito inferiore a 3mila dollari l’anno”. È chiaro che BigData (questo è il nome dato alla stampante alta 12 metri) è una risposta già pronta per affrontare questa enorme sfida.
I progettisti di WASP promettono che questa è solo la prima tappa di una gigantesca rivoluzione culturale ed economica: sono infatti fautori della “Maker Economy”. Questo modello economico prevede che “tutto può essere autoprodotto”. C’è la possibilità di non dipendere più da entità invalicabili che detengono il monopolio produttivo: vale a dire le multinazionali e i colossi finanziari. Tutta la ricerca di WASP è incentrata sul benessere collettivo e la conoscenza condivisa. “Non è necessario essere grandi per trattare grandi temi, sono proprio questi contenuti a dare un senso al nostro operato- scrivono sul loro sito. La casa, il cibo, il lavoro e la salute sono ciò di cui l’uomo necessita per vivere”. Come definirli, se non rivoluzionari?