Se c’è una cosa che non deve assolutamente tornare “normale” dopo la pandemia, cioè esattamente come funzionava prima, è il sistema bancario internazionale. Il perché è presto spiegato. Fatto 100 il denaro messo in circolazione da questo sistema, solo il 15% viene effettivamente prestato al mondo della produzione e di questa già bassa percentuale, ben poco finisce alle piccole e medie imprese: cioè a quelle attività che costituiscono la forza motrice della nostra economia. L’altro 85% viene usato dall’economia speculativa, sostanzialmente per alimentare se stessa e per farla diventare sempre più grossa e vorace. Parliamo dei prodotti finanziari derivati (pensavate che erano scomparsi dopo il fallimento della Lehman Brothers del 2008, quando è scoppiata la crisi finanziaria internazionale?), del mercato azionario e dei suoi giochi di borsa, delle scommesse sui prezzi delle materie prime e dei prodotti petroliferi, della speculazione sugli immobili con valutazioni astronomiche per le case situate in certe zone (ad esempio nei centri storici delle città). In sostan
za, già prima del Covid 19 ben poco della ricchezza prodotta dalle comunità locali tornava nelle mani di chi l’aveva creata sotto forma di investimenti. Dopo la pandemia la situazione sicuramente sarà peggiore, restando così le cose, visto che sono proprio le medie e piccole imprese ad avere maggior bisogno di sostegno in questa delicata e tormentata fase. C’è quindi bisogno di un forte ripensamento e di una drastica riforma del mercato del credito, di abolire quel concetto “too Big, to Fail” (troppo grandi per fallire) che ha permesso alle stesse mega banche che avevano provocato la crisi, non solo di sopravvivere a se stesse, ma anche di diventare sempre più grandi. Non c’è altra scelta se si vuole realmente finanziare tutti gli interventi che ci debbono portare in tempi brevi a risolvere la crisi climatica, la crescente disoccupazione, la fame e la denutrizione e la spaventosa ingiustizia sociale che si sta ampliando sempre più su scala globale.
E come sempre non stiamo parlando di tirare fuori l’ennesimo coniglio dal cilindro del prestigiatore, ma di azioni e iniziative concrete che si stanno già realizzando nel mondo.
Negli Stati Uniti in particolare dove esiste la “Bank of North Dakota”, interamente di proprietà pubblica e che è stata creata oltre cento anni fa da un movimento organizzato dagli agricoltori dell’omonimo stato. La creazione della banca era stata una sorta di mossa difensiva “campanilistica” perché gli stessi agricoltori si erano resi conto in quel periodo che le grandi banche di altri stati si stavano impossessando delle loro aziende a causa della mancata restituzione dei prestiti. Subito dopo una legge specifica aveva stabilito che tutte le entrate dello stato del Nord Dakota, dovevano essere depositate esclusivamente in quella banca, mentre i prestiti venivano concessi solo all’economia locale. Si è accumulato in questo modo un consistente capitale perché la banca ha mantenuto i suoi costi molto bassi per la clientela, sono state eliminate le intermediazioni e non si sono distribuiti i dividendi (perché non c’era nessun proprietario a reclamarli). Inoltre, non c’erano dei super manager da pagare profumatamente con milioni di dollari all’anno “guadagnati” con le speculazioni fatte con i soldi depositati dai loro clienti. E’ sempre stata questa una banca che ha fatto bene il suo mestiere. L’esatto contrario di quanto fatto da tutte le altre banche, ad iniziare dalla Lehman Brothers e dalla Northern Rock: la banca inglese che ha dato il via al tracollo finanziario mondiale che è poi scoppiato definitivamente nel 2008. Vale la pena ricordare quell’episodio per evidenziare come funzionava e “funziona” tutt’oggi, l’intero sistema bancario mondiale.
La Northern Rock è stata tra le prime banche che sono fallite tra il 2007 e il 2008; per questo era stata nazionalizzata dal governo inglese allora guidato da Gordon Brown. Aprendo i libri contabili i funzionari governativi si erano accorti che la banca aveva venduto a se stessa ben 49 miliardi di sterline per crediti derivanti da mutui ipotecari concessi ai suoi clienti: tutti i mutui erano stati utilizzati per comprare case. La vendita dei mutui concessi ai propri clienti avveniva attraverso un’apposita società, costituita dalla stessa banca, la cosiddetta società “veicolo”, denominata Granite (granito) che aveva sede nell’isola di Jersey, nel Canale della Manica: l’isola di Jersey era ed è un noto “paradiso fiscale”. La società veicolo ufficialmente apparteneva ad una organizzazione caritatevole: agli occhi del fisco appariva come una fondazione a scopo benefico, situata nel Nord Est dell’Inghilterra, che doveva occuparsi di raccogliere denaro da destinare ai bambini nati con la sindrome di Down. Bambini le cui famiglie in realtà non avevano mai visto un soldo perché la fondazione era solo un paravento per coprire una gigantesca operazione di evasione fiscale. Si trattava di un fondo “off-shore” che era stato messo in piedi dalla stessa Northern Rock, attraverso il meccanismo della cosiddetta cartolarizzazione dei mutui ipotecari concessi per comprare case. In sostanza la fondazione creata dalla banca era stata collocata ufficialmente nel paradiso fiscale di Jersey dalla stessa banca proprio perché queste organizzazioni caritatevoli sono esentate dal pagamento di qualsiasi tipo di tassa. Anche di quelle ridicole che si pagano nei paradisi fiscali.
A seguito del tracollo del 2008 e al contrario di tutte le altre, la Bank of North Dakota non è mai andata in perdita, ha avuto il più basso tasso di disoccupazione tra i dipendenti, il puù basso tasso di insolvenza tra i clienti e il maggior numero di sportelli nel territorio rispetto agli altri stati. Non a caso un articolo del Wall Street Journal già nel 2014 l’aveva indicata molto più redditizia delle mega banche di Wall Street. A seguito della pandemia, ma non solo, proprio all’esperienza di questa banca stanno oggi guardando anche altri stati americani per istituire banche pubbliche, sane e sicure, con il fine di investire i soldi pubblici a favore dell’economia locale. Lo ha fatto già la California lo scorso anno prevedendo che le amministrazioni comunali delle città, anche in associazione tra loro, possano creare delle banche municipali per finanziare il bene pubblico, le piccole imprese e quei soggetti che non sono considerati “bancabili” dal sistema attuale: quello che pensa solo a produrre profitti e a prescindere di come li produce in danno dell’ambiente e del futuro dei nostri giovani. Da alcune settimane la città di San Francisco ha avviato la costituzione della propria banca pubblica e altre città californiane si stanno già organizzando con lo stesso obiettivo. Un po’ in tutto il mondo stanno nascendo gruppi di azione locale per proporre e replicare la stessa esperienza.