Produrre più energia di quanta se ne consuma con le fonti rinnovabili, magari guadagnandoci pure, non è più una speranza o una utopia. L’ha dimostrato una società interamente pubblica del distretto/circondario di Barnim a nord-est di Berlino, in Germania, che comprende 6 città e 19 Comuni e che ora copre con queste fonti il 133% della domanda annua di energia elettrica dei suoi residenti (circa 180.000 persone). Residenti che ora respirano un’aria molto più pulita, pagano una bolletta più bassa e che hanno migliori prospettive occupazionali per i loro giovani. La Kreiswerke Barnim (KWB), costituita nel 2017, è una società controllata al 100% dai municipi locali ed è stata creata appositamente per utilizzare al meglio le risorse del distretto per quanto riguarda l’utilizzo delle energie rinnovabili, con lo scopo specifico di arrivare il prima possibile all’auto sufficienza. Ma in realtà sono andati molto oltre.
Ci sono voluti due anni di dibattiti molto intensi per convincere tutti i partiti politici locali a fare il primo passo, ma poi i risultati si sono visti subito. In questo modo le autorità municipali del distretto, a prescindere dal colore politico che ne è momentaneamente al governo, possono sviluppare e perseguire meglio gli obiettivi comuni in termini di strategia a emissioni zero dei gas serra. Questa strategia era già stata impostata nel 2007 e solo quatto anni dopo la riduzione complessiva delle emissioni nella regione era già arrivata al 44%. Ma qualcosa non quadrava. Si sono accorti che questo era l’effetto congiunto di tre fattori estranei all’economia locale: 1) gli incentivi statali per l’acquisto dell’energia (che di li a poco sarebbero terminati); 2) l’acquisto e/o affitto di terreni agricoli da parte di compagnie specializzate che lucravano sugli incentivi, soprattutto con la realizzazione di grandi parchi eolici e di impianti fotovoltaici; 3) veniva utilizzato tanto spazio per questo business senza pagare le tasse locali. Quel 44% comunque era già un buon risultato (la media nazionale in Germania all’epoca era del 13%) e in base al principio che “l’appetito viene mangiando” il distretto ha deciso di proseguire con la strategia delle emissioni zero, chiedendo ed ottenendo quasi un milione di euro di finanziamenti federali per questo scopo. È stata istituita cosi un’agenzia per studiare la questione e nel 2013 il distretto ha poi fondato la propria società a responsabilità limitata a gestione distrettuale, la Barnimer Energiegesellschaft (BEG). Questa società si è occupata di fornire consulenza alle città e alle aziende locali e per gestire programmi che le aiutassero a ridurre ulteriormente le emissioni di CO2. Da questa scelta è poi scaturita la nascita della società interamente dedicata alla produzione di energia da fonti pulite. Oggi nel distretto ci sono 2.300 installazioni, tra turbine eoliche, pannelli solari e impianti di biogas (inteso come bio-metano con recupero di compost di qualità per l’agricoltura) che producono energia verde in una quantità che non solo soddisfa pienamente la domanda locale, ma che genera anche dei guadagni con la vendita del surplus.
Nel 2018 la società interamente pubblica di Barnim ha venduto energia pulita per 85,2 milioni di euro. Ed essendo una società che non ha tra i suoi scopi societari quello di realizzare dei profitti, le città ne beneficiano direttamente usando questi soldi per costruire scuole, palestre e altre infrastrutture. Non solo: le attività commerciali e le aziende locali si stanno mettendo in rete con i municipi, sia per sviluppare i nuovi progetti che per offrire formazione a coloro che desiderano specializzarsi in energia verde. Dallo scorso anno inoltre l’azienda ha allestito un parco di veicoli elettrici (22 auto e tre moto da carico) con le quali viene gestito un servizio di car-sharing che sta avendo molto successo.
E anche questo non è un caso. Da uno specifico studio condotto quattro anni fa dall’Istituto per le tecnologie energetiche decentralizzate della Germania (IDE) che ha paragonato due progetti molto simili, uno di una società privata e uno di una società pubblica, ha concluso che quello pubblico generava un valore aggiunto tra 8 e 10 volte maggiore rispetto a quello privato: questo valore rimaneva per lo più a disposizione dell’economia locale. Ovviamente tutto questo non poteva passare inosservato agli occhi dei colossi del settore energetico tedesco e che ancora oggi utilizzano soprattutto il carbone per alimentare le loro centrali termoelettriche. Questi colossi non hanno alcuna intenzione di eliminare, anche se gradualmente, questo combustibile fossile non rinnovabile dai loro cicli produttivi, al fine di rintracciare rapidamente soluzioni alternative. Tant’è che lo scorso anno un’apposita commissione governativa ha stabilito che la Germania smetterà di utilizzare il carbone entro il 2038: quando i ghiacciai della Terra saranno un buona parte scomparsi e nell’altra parte gravemente compromessi. Intanto però l’esempio di Barnim sta facendo scuola e altri distretti amministrativi tedeschi stanno creando aziende energetiche interamente pubbliche. La partita è solo all’inizio.
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