Potrebbe sembrare una fantasia quella di produrre energia elettrica con il movimento dei rami degli alberi o per mezzo di un terreno coltivato a riso, ma sono esattamente queste le fonti rinnovabili alla base di tre interessanti progetti che cercano di “copiare” quanto succede normalmente in Natura.
Il primo si basa su un principio molto semplice: trasformare in elettricità l’energia cinetica, ossia dal movimento, prodotta dai venti con intensità anche molto lievi. È noto infatti che per far muovere le pale delle turbine installate negli appositi parchi eolici – spesso molto rumorosi e situati in zone paesaggistiche di pregio – occorre un vento relativamente sostenuto: di conseguenza la produzione di energia elettrica da tale fonte risulta intermittente e poco prevedibile. Le brezze e gli spostamenti lenti delle masse d’aria invece sono presenti durante l’arco di tutta la giornata per quasi tutti i giorni dell’anno. Ce ne accorgiamo soprattutto d’estate, quando osserviamo le foglie degli alberi che si muovono, anche se non avvertiamo la presenza del vento: come se fossero spinte da una forza invisibile.
ALBERI EOLICI, MEGLIO DELLE PALE
Alla startup francese New Wind, fondata dall’imprenditore Jèrôme Michaud-Larivière, è venuto così in mente di realizzare un “albero eolico” con tanto di tronco e di rami. Solo che al posto delle foglie ci sono dei piccoli mulinelli, delle vere e proprie micro-turbine, che ruotano intorno al proprio asse verticale: esattamente come avviene con i cappelli in acciaio inox che aspirano i fumi dai camini.
La giovane società francese dichiara che con una intensità di vento di circa 5 metri al secondo (18 km orari) ogni albero eolico è in grado di produrre 3.200 kwh l’anno: la quantità di energia che corrisponde grosso modo al fabbisogno medio annuo di una famiglia francese. Ogni struttura comunque potrebbe arrivare a produrre anche tre volte di più se collocata in posti più ventosi.
Pur se il suo costo di installazione risulta ancora elevato, questa nuova tecnologia (molto più silenziosa rispetto alle turbine eoliche classiche) potrebbe rivelarsi presto competitiva per tutte le necessità di energia elettrica a bassa tensione: tipo sui lampioni per l’illuminazione pubblica che utilizzano lampade LED.
ENERGIA “ARBOREA”
Il movimento delle foglie, inoltre, ha ispirato anche un altro tipo di albero generatore di energia elettrica (meglio definito dai progettisti come “oggetto arboreo”). In questo caso l’ispirazione è stata ricavata dall’energia meccanica che il vento esercita sulle fronde e sulla chioma degli alberi, con la produzione del tipico movimento altalenante.
Con questo pensiero fisso in testa i ricercatori della Ohio State University (USA) hanno quindi ideato una struttura con dei rami e delle foglie artificiali ai quali sono state collegate delle bobine magnetiche per mezzo di piccole funi. Una volta passata la folata del vento, anche di piccola intensità, delle piccole molle restituiscono l’energia meccanica assorbita, riposizionando i rami artificiali al punto di partenza. Per intenderci, possiamo immaginare quel che succede agli ammortizzatori delle nostre auto, spiega il giovane professore Ryan Harne, direttore del laboratorio di ricerca del suono e delle vibrazioni dell’Università dell’Ohio. Le continue vibrazioni e il relativo movimento oscillatorio generano in tal modo energia elettrica per mezzo delle bobine magnetiche.
Le foglie e i rami possono essere realizzate con stampanti tridimensionali. Tali le strutture arboree così concepite sono in grado di decorare ambienti urbani, dove è difficile realizzare aree verdi e parchi attrezzati.
Impianto eolico a casa
Altro esempio di mini-eolico ispirato ad una creatura marina: il Liam F1 Urban Wind, una girandola grande all’incirca quanto un’antenna parabolica tv e può perciò essere installata ovunque, anche presso le abitazioni, essendo anche molto silenziosa. Segue la direzione del vento – anche di piccola entità – che passa all’interno della turbina, sfruttandolo al massimo. Praticamente è il contrario di ciò che avviene negli impianti eolici classici, molto contestati da alcune associazioni ambientaliste per il loro impatto sul paesaggio, dove la forza del vento deve essere consistente per muovere da fuori le pale. Il rendimento energetico effettivo, cioè quanta energia contenuta nel vento viene convertita in elettricità, è di circa il 50%, altissimo rispetto alla tecnologia eolica tradizionale. Un impianto può produrre la potenza di 1,5 kilowattora: il consumo medio giornaliero di un’abitazione da 80 metri quadrati. Costa circa 4mila euro. L’ingegnere olandese che ha progettato questo generatore eolico si è ispirato al nautilus, una delle poche conchiglie sopravvissute all’era dei dinosauri. Questa creatura ha una particolare forma a spirale logaritmica, che si avvita con un rapporto che da sempre affascina gli esseri umani: è la sezione aurea, anche detta rapporto o numero aureo, costante di Fidia o proporzione divina. È molto importante nelle belle arti in geometria e matematica, in botanica, fisica, zoologia e musica. Ed ora anche nell’innovazione energetica “green”!
Le piante come batterie
Un altro progetto che ha sviluppato la possibilità di ricavare energia elettrica, copiando letteralmente quello che succede in Natura, è quello messo a punto dalla società olandese Plant-e.
È noto che le piante vivono e si sviluppano grazie alla fotosintesi, utilizzando l’energia solare per creare materia organica. Soprattutto attraverso le foglie, la stessa sostanza organica ricade poi al suono, dove i funghi e altri microrganismi la degradano per mezzo di una scomposizione elettrochimica.
In tal modo, si libera una quantità significativa di elettroni come sottoprodotti di scarto. Inserendo due elettrodi inerti (l’anodo e il catodo, il ‘più’ e il ‘meno’ delle batterie per intenderci) e in presenza di acqua stagnante nella superficie interessata, i ricercatori sono stati in grado di generare energia elettrica a bassa tensione 24 ore al giorno, senza interferire con la crescita delle piante.
Dalla crescita vegetale, centrali elettriche senza emissioni
Lo sviluppo della tecnologia e la creazione della Plant-e si deve soprattutto a Marjolein Helder e David Strik, che hanno lavorato presso l’Università olandese di Wageningen, dove si sta mettendo a punto il progetto anche dal punto di vista commerciale. Si tratta di un sistema modulare composto da 400 elementi, per una superficie di circa 100 metri quadrati, realizzato sul tetto di un edificio della zona universitaria.
L’elettricità a bassa tensione così ottenuta è sufficiente per applicazioni di piccole e medie dimensioni (ricarica di cellulari e smartphone, ad esempio) o per le reti WiFi dentro l’edificio. In laboratorio attualmente il sistema genera circa un watt per metro quadrato, ma i ricercatori pensano che è possibile ottenere fino a tre watt per mq. In questa prospettiva occorrerebbero circa 125 metri quadrati di terreno (o di terrazze) per soddisfare il fabbisogno medio giornaliero di una famiglia olandese.
Il sistema ha bisogno d’acqua come conduttore. Perciò l’idea comunque è quella di generare grandi quantità di corrente là dove sono presenti naturalmente, o per mezzo dell’attività umana, ampie zone umide, torbiere, foreste di mangrovie, delta dei fiumi e, perché no, i terreni utilizzati per coltivare il riso nel periodo in cui restano sommersi dall’acqua.
Gli ideatori sperano di arrivare ad prodotto pronto per il mercato nel giro di due anni.