Quella di eleggere amministrazioni locali composte da cittadini non professionisti della politica, con la volontà di reinventare collettivamente il modo in cui si gestiscono i loro Comuni, prendono decisioni condivise e ri-distribuiscono il potere, è ormai diventata una realtà in tutta Europa. Lo hanno confermato le elezioni tenutesi recentemente sia in Croazia che in Francia. Prima delle elezioni parlamentari che si sono tenute alcune settimane fa e che hanno visto vincere la destra moderata, una pesante sconfitta dei socialdemocratici e un arresto significativo dell’estrema destra, gli attivisti croati di Možemo! (che significa “Possiamo” – intenzionalmente ispirati all’esperienza spagnola di “Podemos”) speravano di ottenere al massimo un seggio in Parlamento. Doveva succedere a Zagabria, dove le radici del movimento promosso soprattutto dalle associazioni di volontariato avevano già avuto una buona espansione e un buon attecchimento. Sei settimane dopo i parlamentari eletti sono stati sette e in Croazia ora tutti i “politologi” di mestiere si stanno domandando come sia potuto succedere.
In Francia il risultato è stato ancora più clamoroso anche se il sistema mediatico nazionale e internazionale, come sempre del resto, lo ha fatto passare sotto silenzio. Ben 66 Comuni sono stati conquistati dalle “liste di partecipazione e innovazione democratica”, mentre erano pressoché inesistenti solo 5 anni fa. Di questi Comuni, 18 hanno una popolazione tra 10mila e 100mila abitanti e uno (Annecy) ha una popolazione superiore a centomila abitanti.
Malgrado le condizioni inusuali in cui si sono svolte le elezioni (emergenza sanitaria da pandemia che ha determinato il rinvio del voto), questi risultati elettorali hanno fatto emergere le questioni che sicuramente saranno il ragionamento futuro sul ruolo della politica, almeno in Europa.
1) La crisi del sistema rappresentativo dei partiti che determina una progressiva disaffezione dei cittadini nella partecipazione al voto (l’astensione è arrivata al livello record del 60%);
2) La necessità di trovare la via giusta per una transizione sostenibile (economica, sociale ed ambientale) all’attuale modello di sviluppo, ha creato una “onda verde” e ambientalista che ha conquistato alcune grandi città francesi (Bordeaux, Strasburgo, Tours, Lione – nella foto qui a destra il nuovo Sindaco, ecc.), espandendo l’esperienza già realizzata a Grenoble;
3) L’affermazione delle donne che sono state elette o riconfermate alla carica di Sindaca (Parigi, Lille, Nantes, Strasburgo, Marsiglia e molte altre città) e che erano capolista in oltre il 40% delle città dove si è votato;
4) Una netta affermazione, come accennato, dei movimenti creati dai cittadini con le cosiddette “liste di partecipazione”.
Alcuni analisti indipendenti hanno poi dimostrato che proprio queste liste, sia al primo turno che al ballottaggio tenutosi il 28 giugno scorso, sono state determinanti per “disarticolare” il solito gioco delle parti che si realizzava in passato tra i partiti tradizionali, soprattutto nelle medie e grandi città. Attenzione, si parla di vere “liste di partecipazione” di cittadini, con tanto di valori e pratiche quotidiane associate: non di “liste civetta” che gli stessi partiti tradizionali allestiscono a ridosso delle elezioni per acchiappare qualche voto in più. Queste liste di partecipazione, che hanno coinvolto oltre 400 collettivi locali, oltre ad arrivare al governo di 66 Comuni, sono riuscite a far eleggere quasi 2.000 consiglieri comunali: quasi tutti alla prima esperienza politica. Di questi, oltre 2/3 sono andati a formare una nuova maggioranza consiliare, mente gli altri hanno scelto un’opposizione che si annuncia molto agguerrita, ma più sulle questioni pratiche e le scelte di fondo e non in base a preconcetti di schieramento. Ogni lista infatti, ha scelto in base alla realtà locale e alle prospettive di sviluppo della comunità che si intendevano portare avanti con i programmi.
Alcune hanno scelto di confermare una linea di confine invalicabile con i partiti che in passato erano rappresentati in Consiglio comunale. Altre, dopo aver elaborato i propri programmi amministrativi alternativi direttamente con i cittadini, hanno scelto di ricevere l’appoggio dei partiti politici, ma a condizione di mantenere la totale autonomia decisionale. In altre realtà si è scelto invece di attuare un’alleanza strategica per il turno di ballottaggio, mentre altre liste ancora hanno deciso di sottrarsi completamente al gioco tra i partiti tradizionali, decidendo persino di restare fuori dal Consiglio pur di continuare ad esistere come collettivi e assemblee locali: se ne riparlerà alla prossima elezione.
Qualche osservatore, giustamente, ha fatto notare che questi risultati elettorali sono spiegabili con la crisi sanitaria da coronavirus, che ha fatto emergere ancora di più le profonde diseguaglianze sociali e le emergenze ambientali in corso. Ma è indubbio che è stata la società civile, spinta dal bisogno di fare qualcosa e dal desiderio di partecipazione a decidere di mobilitarsi per la necessaria trasformazione democratica, ecologica e sociale delle nostre società. Una vera e propria rinascita della politica partita e gestita dal basso che si aggiunge alle esperienza già maturate in Spagna e Inghilterra. Vedi su questo sito: Le alternative politiche per risolvere la crisi globale ci sono e Nella “tana del drago”, nuovi modi (vincenti) di fare politica
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