Il calcestruzzo oggi è il materiale artificiale più usato al mondo e l’industria del cemento (componente base del calcestruzzo) è uno dei maggiori produttori di gas serra. Anche sotto il profilo dell’inquinamento, polveri sottili in particolare, questo settore non se la passa molto bene. I quattro miliardi di tonnellate di cemento prodotte ogni anno per la preparazione del calcestruzzo, costituiscono l’8% delle emissioni globali totali di anidride carbonica in atmosfera. La ricerca di soluzioni a questo problema è attiva praticamente in tutto il mondo e quella del granito liquido è sicuramente l’innovazione più originale che è stata messa a punto negli ultimi anni nel settore, perché da un lato abbatte almeno il 60% delle emissioni, mentre dall’altro può arrivare fino al 70% della sua composizione con il riciclaggio e il riutilizzo di materiale edile destinato alla discarica.
Rispetto al cemento inoltre, resiste a temperature superiori ai 1.100 gradi centigradi, anche per periodi molto più lunghi. Per questo non “esplode”, come invece avviene, una volta superata una certa temperatura, per il cemento stesso. Temperatura che varia a seconda dei materiali impiegati per l’amalgama del calcestruzzo, che si indurisce dopo esser stato mischiato insieme alla ghiaia, alla sabbia di cava e al ferro per l’armatura dei pilastri e dei solai. Ma è ugualmente versatile ed anzi, utilizza meno di un terzo delle materie prime complessive utilizzate per produrlo.
Il “granito liquido”, messo a punto, sviluppato ed immediatamente brevettato (per ovvie ragioni commerciali) circa dieci anni fa dalla Hallam University di Sheffield in Inghilterra, rappresenta una vera e propria rivoluzione nel settore dell’edilizia, ma anche un bel “respiro di sollievo” per l’intero pianeta.
I numeri dell’industria del cemento sono ancora oggi impressionanti, soprattutto se si confrantano con quelli del passato, per un settore che dagli anni ’60 vede l’Italia come leader mondiale nel consumo (prima della crisi la media era di 800 kg pro-capite all’anno), che da sola contribuisce attualmente al 5% delle emissioni complessive di gas– serra nell’atmosfera. Come accennato i cementifici sono in assoluto tra le industrie più inquinanti perché occorre una temperatura di circa 1.500 gradi centigradi per realizzare il prodotto. A livello mondiale ne vengono utilizzate circa 4 miliardi di tonnellate annue (c’è stato un raddoppio negli dieci anni), ognuna delle quali ne produce 0,4 di anidride carbonica. Si tratta di una quantità maggiore di quella prodotta dall’intero settore aereo, sempre a livello mondiale.
Ma anche per le ditte e gli addetti al settore, con questo nuovo materiale, si prospetta una svolta epocale. Il problema è ormai noto da tempo: dopo la fase iniziale, il cemento perde la sua caratteristica di “elasticità” (ad esempio nella resistenza al vento quando si costruisce un grattacielo), e diventa un materiale “plastico”: cioè che può ancora resistere ad urti e deformazioni, ma non oltre una certa soglia: vedi, ad esempio, il crollo del Ponte Morandi di Genova di due anni fa. Il “granito liquido” sembra promettere anche una soluzione a questo problema strutturale ed archittettonico, garantendo maggiore elasticità e resistenza agli edifici in quanto assorbe molta meno umidità.
Naturalmente restano segrete le formule per la composizione e per la produzione di tale materiale innovativo; materiale che, garantiscono i suoi scopritori, potrà sostituire integralmente il cemento stesso nel calcestruzzo (il brevetto è detenuto dalla “Liquid Granite Ltd”) e che sta attirando rilevanti interessi economici.
Nel frattempo lo si è cominciato ad usare. Questo nuovo materiale infatti è stato impiegato per realizzare le strutture portanti del Villaggio Olimpico delle Olimpiadi di Londra del 2012 e per la ristrutturazione di un grande “Shopping Centre”, sempre nella capitale inglese. L’uso di questo prodotto per la sostituzione totale del cemento in nuovi progetti probabilmente si rivelerà essenziale anche per garantire la sicurezza, soprattutto per quei progetti che dovranno rinnovare le vecchie infrattutture esistenti: ponti e viadotti stradali in primo luogo.