In un pianeta dove la popolazione in aumento si va urbanizzando sempre di più, gli immobili abbandonati, deteriorati o che comunque che non hanno alcuna utilizzazione, costituiscono delle risorse importantissime per evitare altri consumi di suolo. Questi beni poi sono fondamentali anche in funzione di giustizia sociale per contrastare la progressiva “gentrificazione” dei centri storici e dei quartieri caratteristici delle città: cioè, di quel processo di sostituzione della popolazione residente (quasi sempre povera, anziana e con reddito basso) con le fasce di popolazione più benestati, attraverso una rivalutazione artificiosa e pilotata del patrimonio immobiliare esistente. Le famigerate “leggi del mercato”: un modo per costringere persone e famiglie ad abbandonare le abitazioni dove hanno sempre vissuto e che dal punto di vista etico non è molto diverso dallo sfollamento causato dalle guerre. Della partita fanno parte ormai anche le incalcolabili quantità di seconde, terze e quarte case, costruite a livello globale ogni volta in luoghi di pregio paesaggistico e che in realtà vengono utilizzate per piccoli periodi durante l’anno. Queste sostanzialmente sono le basi sulle quali in tutto il mondo occidentale si stanno formando delle organizzazioni (quasi sempre promosse dalle istituzioni locali) che adottano delle strategie per creare proprietà immobiliari condivise tramite cooperative, fondazioni e associazioni di scopo. Le più diffuse sono le “Community Land Trust” (CLT) che, attraverso acquisti, donazioni e concessioni perpetue, mettono insieme varie proprietà in disuso, in particolare terreni inseriti in un contesto urbano o suburbano, puntando alla rigenerazione e alla riqualificazione di interi quartieri in favore dei residenti più poveri: l’esatto contrario di ciò che fa la speculazione edilizia.
Permettendo l’accesso alla proprità condivisa queste organizzazioni aiutano le famiglie con basso reddito a migliorare e garantire il possesso della loro casa, prezzi accessibili per l’affitto degli alloggi, la pratica dell’agricoltura urbana e la creazione di piccoli distretti commerciali di quartiere. Viene garantita anche la gestione a lungo termine degli alloggi e di altri beni della comunità, preservando sempre l’accessibilità economica, promuovendo una sana manutenzione e prevenendo il loro pignoramento. Queste organizzazioni vengono sostenute sempre da un robusto “terzo settore” locale fatto di associazioni di volontariato, sia private che pubbliche e senza scopo di lucro, in grado di lavorare di concerto con il governo municipale per acquisire sia gli alloggi che gli altri immobili non utilizzati. L’aspetto ulteriormente interessante sta nel fatto che le Community Land Trust rappresentano non solo un modello collaudato per la creazione e la ristrutturazione di immobili a prezzi convenienti per le famiglie che ne usufruiranno per la prima volta, ma anche per tutte quelle che si insedieranno nella stessa abitazione nel futuro. Questi immobili di fatto vengono sottratti ai mercati immobiliari attraverso la restrizione del prezzo di acquisto/ristrutturazione che poi, automaticamente impone la stessa restrizione nel caso di rivendita. Essendo queste unità abitative create appositamente per le persone con reddito basso o moderato grazie ai finanziamenti messi a disposizione dalla proprietà fondiaria comunitaria, la speculazione immobliare non può entrare in alcun modo in tale meccanismo perché al momento della vendita l’acquirente si limiterà a restituire lo stesso importo finanziato iniziale con la sola maggiorazione di interessi, comunque molto bassi. Di conseguenza anche tutti gli altri immobili interessati da queste iniziative per rigenerare e riqualificare i quartieri, per creare orti sociali, parchi e luoghi di aggregazione, a loro volta vongono sottratti ai meccanismi speculativi, anche se il loro valore di mercato (come verificato in un apposito studio a San Francisco, in California) nel frattempo era cresciuto di oltre il 1.000 per cento. Ma questo modello è solo all’inizio di una rivoluzione ben più ampia.
Proprio in questi ultimi anni negli Stati Uniti d’America, a queste poliche rispettose sia della sostenibilità sociale che di quella ambientale, si sono affiancate anche alcune banche fondiarie (negli USA attualmente ce ne sono 172) che si trovano a gestire proprietà immobiliari espropriate per varie cause ai loro clienti, ma che da un lato non hanno più mercato, mentre dall’altro non hanno alcun interesse a gestirli per mancanza di economiticità e lontananza dai propri scopi istituzionali. Dopo le crisi finanziarie del 2008 e del 2011, create proprio dall’inqualificabile speculazione immobiliare delle banche con i cosiddetti “crediti sub prime“, le acquisizioni immobiliari da parte degli istituti di credito sono letteralmente esplose, con milioni di persone che hanno perso tutto o quel poco che avevano. Viceversa i CLT quasi sempre il problema opposto a causa della necessità di trovare immobili da gestire nel lungo periodo e reperire finanziamenti per sviluppare i progetti nei quartieri interessati prima di farseli approvare dalle autorità interessate. Anche alcune amministrazioni comunali però si stanno muovendo in tal senso attraverso l’emissione di ordinanze sindacali che impongono l’acquisizione al patrimonio pubblico delle proprietà vacanti o in stato di abbandono dopo un certo numero di anni, per ridestinarle ad un uso produttivo, evitando così il degrado urbanistico e la diffusione di comportamenti anti-sociali tra i giovani. Tutte e tre le parti in causa quindi (responsabili politici, mondo finanziario e organizzazioni per la proprietà comunitaria) si stanno rendendo conto che una collaborazione su questo tipo di progetti può portare molti vantaggi reciproci: ridare redditività a beni inutilizzati, fornire alloggi a prezzi accessibili a chi ne ha bisogno e ottenere consenso sociale, prima ancora che politico. Questo è esattamente il percorso complementare intrapreso con successo, tra i primi in assoluto, nella città americana di Albany (capitale dello stato di New York e capoluogo dell’omonima Contea) dove nel 2016 è stata creata una collaborazione tra l’Albany Community Land Trust (ACLT), l’Albany County Land Bank (ACLB) e le autorità locali. Un percorso che ha prodotto non solo un modello replicabile, ma anche una serie di approfondimenti sulle migliori pratiche da attuare nei progetti di questo genere. La collaborazione in sostanza ha portato ad un’autentica rivitalizzazione dei quartieri interessati che è stata affidata e guidata dalla stessa comunità residente. Senza contare il fatto che numerose famiglie sono state sollevate dall’angoscia di trovarsi e pagarsi una casa dove far crescere in pace i propri figli: quello che si definisce una politica guidata dal basso verso l’alto per realizzare il bene comune.
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