Imparare dal passato per conoscere meglio il futuro è sempre stata una caratteristica evolutiva del genere umano, soprattutto quando si tratta di creare delle alleanze con altri essere viventi al fine di migliorare le proprie condizioni di vita. Questa alleanza, anche se potrà sembrare strano, è stata realizzata su larga scala in passato anche con i pipistrelli. Una specie recentemente caduta in disgrazia perché ritenuta responsabile dell’emergenza Covid 19. E’ una responsabilità che andrebbe restituita al mittente perché in realtà è stato l’uomo che è andato ad esporsi ad un contagio che normalmente “non gli competeva”. Inaccettabile inoltre è il fatto che, nella grande confusione mediatica che sta caratterizzando l’attuale pandemia, si stia creando una fobia nei confronti di questi piccoli mammiferi (cioè che crescono i loro piccoli con il latte e non con il sangue umano come qualche stupida credenza vuol far credere), mentre in verità sono sempre stati nostri alleati proprio nella lotta alle malattie infettive: la malaria, in particolare.
L’autore di questo articolo è nato, vive ed opera nell’Agro Pontino dove un tempo, prima dei lavori della bonifica integrale, la malaria era principale causa di morte. Dall’inizio del secolo scorso si era già scoperto che la malattia veniva diffusa da un particolare insetto, la zanzara anofele, che proliferava, soprattutto d’estate, negli acquitrini delle zone paludose. Constatato quindi che erano molto ghiotti di questo tipo di insetti, proprio durante i lavori della bonifica i pipistrelli divennero, letteralmente, di casa. Nel senso che, man mano che venivava colonizzato, nel territorio delle ex Paludi Pontine furono costruite delle vere e proprie “case dei pipistrelli” o “pipistrellaie”: le cosiddette “Bat-tower” progettate dal medico texano A.R. Campbell.
Quella che si vede nella foto quì di fianco era stata realizzata a Colonia Elena, che si trovava tra San Felice Circeo e l’entroterra di Sabaudia. Costruzioni del genere furono installate anche in Provincia di Foggia e in Sardegna. Questo perché tutte le specie di pipistrelli presenti in Europa arrivano ad ingerire in una sola notte fino a cinquemila insetti, soprattutto zanzare e falene. Ancora oggi nessun insitticida al mondo, biologico o chimico che sia, riesce a fare altrettanto. E visto che si è ormai ricreato il problema degli insetti che diventano vettori di nuove malattie (vedi zanzara tigre per il virus della chikungunya) sarebbe il caso di riprendere in considerazione progetti del genere. Anche perché qualcuno lo sta già facendo per motivi agro-economici, oltre che sanitari.
L’idea è stata attuata qualche anno fa da un coltivatore californiano, Glenn Anderson, che le ha reintrodotte su larga scala nella sua azienda, dove si producono soprattutto mandorle. In precedenza aveva piazzato due strutture del genere all’interno della sua proprietà per verificare la sua personale ipotesi di ricerca, ma ci sono voluti alcuni anni perché i pochi pipistrelli sopravvissuti della zona, decimati indirettamente dal venir meno del loro cibo preferito (gli insetti a loro volta erano stati sterminati dai pasticidi) cominciassero a mostrare interesse verso quelle strane strutture.
E’ successo quando alcuni confinanti hanno ricominciato a piantare il mais nei loro terreni. Questa coltura, che si realizza solo d’estate e che ha bisogno di essere annaffiata in continuazione, è un ottimo habitat per le zanzare. Si tratta però di un tipo di zanzare che non sono particolarmente dannose per i frutteti ma con il loro ritorno il coltivatore californiano, certificato biologico da quasi 30 anni, ha potuto verificare l’esattezza della sua ipotesi: i pipistrelli avevano abbattuto drasticamente le popolazioni di altri due insetti notturni, piralidi e falene, che colpivano, oltre al mais, il nocciolo delle sue preziose mandorle. La teoria del frutticoltore è stata recentemente dimostrata con prove sperimentali dai ricercatori dell’Università della California. Si tratta quindi di un’altra conferma del valore di quelli che l’economia moderna definisce “servizi ecosistemici”, i quali non comprendono solo il controllo di una vasta gamma di parassiti delle colture (mais, cotone, noci varie, e riso) ma anche l’impollinazione di circa 300 varietà di frutta. Aldilà del Covid 19 quindi, l’alleanza dell’uomo con i pipistrelli continua a funzionare bene.