L’ennesimo vertice mondiale sul clima che si sta tenendo in questi giorni a Glasgow fallirà a causa delle stesse ragioni di sempre: per stupidità. I loro protagonisti pensano ancora che i tempi della politica prevalgano sempre e comunque sui tempi ecologici e biologici del pianeta che ci ospita, non sappiamo ancora per quanto tempo. Considerare il 2050, piuttosto che il 2060 o il 2070 per eliminare completamente le emissioni di carbonio nell’atmosfera, è una cosa stupida che fa venire in mente i suonatori dell’orchestrina del Titanic che continuavano a suonare mentre stava affondando una nave ritenuta inaffondabile. Considerare risolutivo, sul piano politico, lo spostamento di qualche decennio della data per eliminare queste emissioni è una decisione ancora più stupida, perché è come scommettere che il motore di una macchina continuerà a funzionare regolarmente anche se la spia dell’olio è ormai accesa da troppo tempo. Spostare poi queste scadenze per riproporre un modello di sviluppo predatorio di risorse e territorio in tutte le nazioni del pianeta, così come sta facendo il capitalismo totalitario in Cina, è una cosa ancora più stupida. Il fallimento del colosso immobiliare cinese Evergrande (considerata la “copia” del fallimento della banca Lehman Brothers nel 2008) ne è un classico esempio.
Insieme al nulla di fatto di Glasgow quindi, da questo ennesimo vertice non ci si può attendere nient’altro che un ulteriore, stucchevole e inutile, rimpallo di responsabilità. Questo malgrado anche per i sassi è ormai chiaro che eliminare immediatamente queste emissioni, con l’immediato avvio di una serie di azioni per diminuire la concentrazione di gas serra nell’atmosfera è l’unica strada eticamente e strategicamente praticabile per risolvere per sempre il problema. Si dà il caso però che questa strada è anche quella tatticamente più svantaggiosa per i colpevoli che hanno determinato anche tutte le altre emergenze in corso. L’esito del vertice di Glasgow non sarà molto diverso da quelli che lo hanno preceduto (siamo ormai al numero 26) perché ormai da tempo la politica non è più una leva per cambiare in meglio questo mondo, ma solo uno strumento per piegare le maggioranze di governo (a prescindere dal colore politico) alla volontà di chi controlla l’economia, la finanza e l’informazione.
Attenzione, però. Nell’inversione dei tempi ecologici e biologici del pianeta con i tempi politici dei governati di turno, c’è inserita un’altra grande stupidità che attualmente non viene considerata da nessuna parte (neppure nel settore scientifico), ma che potrebbe capovolgere completamente la situazione in pochissimo tempo, se usata al contrario. E’ una stupidità che solo le nuove generazioni possono eliminare utilizzando una ben precisa e risolutiva strategia politica: quella di piantare alberi a più non posso, occupando fisicamente e politicamente lo spazio così conquistato. Come se si dovesse combattere una guerra di trincea, ma solo con iniziative politiche e pertanto pacifiche. Chi è abituato a frequentare questo sito sa che i numeri e la logica sono alla base di ogni nostro approfondimento e anche se la prenderemo un po’ alla larga, questa volta ne faremo un uso più che abbondante per spiegare cosa intendiamo dire.
La superficie complessiva del nostro pianeta è di oltre 510 milioni di chilometri quadrati: ricordiamo che un km2 corrisponde a 100 ettari e un ettaro corrisponde a 10.000 metri quadrati. Come noto, il 71% di questa superficie è occupato dall’acqua (circa 361 milioni di km2) mentre le terre emerse occupano il restante 29% (quasi 150 milioni di km2, corrispondenti a 15 miliardi di ettari). La superficie agricola utilizzata attualmente in tutto il mondo corrisponde ad 1/3 delle terre emerse ed è pari a 5 miliardi di ettari. Di quest’ultima dimensione, 3,4 miliardi sono costituiti da terreni dedicati al pascolo (incluso l’alpeggio), 1,4 miliardi sono terreni arabili e 140 milioni
sono occupati da coltivazioni permanenti (frutteti, vigneti, palmizi, coltivazioni di caffè, thè, cacao, ecc.). Qui sta la grande stupidità finora completamente trascurata che le giovani generazioni potrebbero trasformare in una potentissima arma politica per il cambiamento. Malgrado i continui disboscamenti che continuano ad essere attuati soprattutto nella fascia tropicale del globo (Brasile, Africa e Indonesia in particolare) per ricavare terre coltivabili, la superficie agricola complessiva utilizzabile sulla Terra sta diminuendo invece che aumentare. Da circa 50 anni il disboscamento sta procedendo ad una media di 12 – 13 milioni di ettari l’anno, ma a causa della progressiva salinizzazione delle aree irrigate, dell’erosione del suolo, dell’impoverimento di sostanza organica, della desertificazione e dell’avanzamento dell’urbanizzazione, la superficie totale dedicata all’agricoltura e alla zootecnia è rimasta pressoché costante negli ultimi decenni. In base ad alcuni rapporti pubblicati recentemente risulta che pur essendo aumentata del 12% la superficie agricola complessiva, in realtà negli ultimi decenni il 30% dei terreni coltivabili è diventato improduttivo: in particolare nell’Africa Sub-Sahariana, in America del Sud, nel Sud-Est Asiatico e nelle altre zone sub-tropicali.
Vuol dire che non sono i deserti che stanno avanzando, ma sono i terreni coltivabili e pascolabili che si stanno ritirando. Questa stupidità in sostanza da un lato sta eliminando una quantità enorme di alberi che finora hanno contribuito a mantenere dentro i limiti naturali il nostro clima, mentre dall’altro non sta comportando nessun aumento nella disponibilità di terra coltivabile. Anzi, sta succedendo l’esatto contrario: il disboscamento quindi è considerabile come l’uso sistematico di un tampone per contenere e far regredire una emorragia di sangue che ormai non si riesce più neppure a bloccare. Ma è proprio ribaltando questa stupidità che si ottiene la soluzione.
Ora, per brevità di esposizione, qui tralasciamo il fatto che il modello alimentare adottato in quasi tutti i paesi del mondo è completamente sbilanciato sulle produzioni agricole dedicate all’alimentazione animale (ce ne siamo occupati in altri approfondimenti su questo sito, vedi i link a fine testo). Ci concentriamo sui 5 miliardi di superficie agricola utilizzata a livello mondiale, in particolare sulle aree agricole desertificate, ma consideriamo anche le aree montane disboscate, le zone in qualche modo non del tutto urbanizzate e tutti quegli spazi urbani ed extraurbani asfaltati e cementificati per usi saltuari (parcheggi, mercati, aree di rifornimento, ecc.). Prendiamo anche in considerazione la proposta lanciata dal professore italiano Stefano Mancuso ed accolta dal recente G20 di Roma, per piantare in breve tempo nelle aree degradate e desertificate mille miliardi di alberi, al fine di far regredire in pochi anni la quantità di gas serra presenti nell’atmosfera. Con questo intervento si potrebbe raggiungere l’obiettivo climatico già fissato dalla Conferenza di Parigi del dicembre 2015, per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi. Il problema è: dove li trapiantiamo tutti questi alberi, visto che in bosco mediamente ci sono circa 300 – 500 piante ad ettaro? Risposta: 1) intanto in quel 30% dei terreni agricoli ormai diventati improduttivi che corrispondono a circa 1,5 miliardi di ettari; 2) in tutte le aree disboscate in passato nel mondo, non solo nelle zone tropicali, ma anche in montagna e in pianura; 3) in tutte quelle aree urbane, semi urbane e periferiche dove ormai l’agricoltura è impraticabile; 4) in tutte le aree urbane ed extraurbane impermeabilizzate con asfalto e cemento e che in estate di trasformano in vere e proprie “bombe di calore”. Da un calcolo approssimativo che abbiamo eseguito con i dati in nostro possesso, il totale fa 2,5 miliardi di ettari: trapiantare mille miliardi di alberi quindi si può fare. Le aree urbane in particolare potrebbero essere le zone dove i giovani possono realizzare il cambiamento, sia fisico che politico, tanto auspicato da tutti a parole, ma mai realizzato nei fatti neanche nel summit di Glasgow. Piantando alberi i giovani possono occupare il potere, mandare a casa questa politica stupida e rendere il futuro veramente sostenibile per tutti noi.
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