La pandemia ha fatto rallentare l’economia, come se ci si stesse per avvicinare ad un incrocio pericoloso. Per la ripartenza occorre scegliere senza indugio la strada dell’economia circolare, ma sembra che la maggior parte dei governi di tutto il mondo stiano cercando di “aggiornare” la stessa economia lineare precedente al Covid 19, semplicemente con qualche ritocco d’immagine (il famigerato “greenwashing”). Si tratta della solita trappola delle scelte a breve termine, dettate essenzialmente da motivi economici di breve respiro e ragioni elettorali contingenti, che trascura completamente i fondamentali fattori di cambiamento a lungo termine. In altri termini: si fa un gran parlare delle auto elettriche senza guidatore, dei motori alimentati ad idrogeno e delle flotte di droni che ci consegneranno i pacchi dal cielo invece che da terra, ma per gestire questi cambiamenti servono competenze specifiche che sono ancora di là dall’essere immaginate. Restiamo su questi esempi per intenderci. I meccanici delle autovetture oggi disponibili hanno fatto una grande fatica ad adattarsi alla tecnologia che controlla il funzionamento dei motori a combustione interna tramite la centralina del computer di bordo: anche le nuove generazioni sono cresciute con l’idea che non esistessero molte alternative rispetto ai motori alimentati con combustibili fossili, mentre ora, improvvisamente, servono competenze molto diverse per lo stesso ruolo in quanto completamente diversi sono i fattori di funzionamento nei motori delle autovetture, sia elettriche che ad idrogeno. Lo stesso discorso vale per la consegna dei pacchi: gli attuali autisti e addetti alla consegna, che perdono ore e ore nel traffico urbano ma con tempi di consegna comunque a loro imposti dall’amministrazione, dovranno essere sostituiti da programmatori e controllori di volo di breve raggio dei droni, che è cosa ben diversa dal guidare un furgone e contattare i clienti con il cellulare per l’appuntamento della consegna.
In sostanza c”è da trovare la soluzione (unica) a due importanti questioni: 1) come possiamo raggiungere gli obiettivi del “New Green Deal” e del programma “Next Generation UE” se i lavoratori non hanno le competenze per raggiungerli nei tempi imposti dall’emergenza climatica in corso? 2) Visto che gli ingenti sforzi sforzi compiuti dai governi per uscire dalla crisi, tendono a concentrarsi sulle competenze necessarie per stimolare la crescita secondo lo stesso modello lineare che ci sta portando al disastro ambientale e sociale, come se ne esce? A queste domande non c’è risposta se, attraverso le scelte che man mano gli stessi governi stanno compiendo, non si rendono le competenze future parte integrante, anzi la parte fondamentale, per la ripartenza delle economie nazionali. E come sempre, noi preferiamo parlare con esempi pratici per far capire cose cosi complesse. Partiamo da alcuni esempi seguiti direttamente dall’organizzazione Zero Waste Scotland con l’appoggio del relativo governo.
-Siccome il mondo delle imprese di costruzione scozzesi non stava considerando la fine del ciclo di vita degli impianti di illuminazione interni alle case, con linee elettriche che spesso dovevano essere sostituite insieme agli apparati rotti anche per piccoli guasti, le nuove progettazioni e istallazioni si sono focalizzate su apparecchi di illuminazione che durano quanto gli edifici (decine di anni) con le parti che possono essere sostituite e riciclate di volta in volta. Quando l’apparecchio raggiunge il fine vita (o è diventato obsoleto sottolio profilo dei consumi), la ditta specializzata EGG lo riacquista, lo ristruttura e lo rimonta di nuovo nello stesso edificio o da qualche altra parte. Abbinata a questa reimpostazione che un’altra azienda (Judice) che aggiorna l’illuminazione dei propri clienti offrendo un modello di leasing per l’illuminazione a LED, basato sul concetto che i clienti hanno bisogno solo di luce a basso costo, ma non hanno alcun bisogno di possedere i corpi illuminanti e gli accessori.
– CelluComp è un’altra azienda scozzese con sede a Fife, vicino a Edimburgo. La nostra attività principale è quella di sviluppare e commercializzare un materiale ottenuto dall’estrazione di fibre di nanocellulosa di ortaggi a radice, principalmente dalla polpa di barbabietola da zucchero, un sottoprodotto dell’industria dello zucchero. Il prodotto offre buone proprietà meccaniche e reologiche per numerose applicazioni, come vernici e rivestimenti, inchiostri, cosmesi e cura della persona, cura della casa, carta, cibo, calcestruzzo, fluidi di perforazione, compositi e altre potenziali applicazioni. La vastità dei settori di applicazione di questo prodotto ne ha determinato un rapidissimo successo, ma ha aperto anche la strada per competenze professionali che prima erano legate esclusivamente alla petrolchimica.
– Nel settore energetico, almeno il 60% delle piattaforme petrolifere e del gas nel Mare del Nord sarà dismesso entro il 2030. Di conseguenza, saranno resi disponibili quasi un milione di tonnellate di materiali provenienti dalle infrastrutture. Questo apre un’enorme opportunità per cogliere le varie opzioni di ridistribuzione basate sulle competenze che derivano dallo smantellamento, dal riutilizzo e dalle fonti energetiche alternative. La società CessCon Decom recluta regolarmente lavoratori del settore petrolifero e del gas per aiutarli a raggiungere le loro ambizioni di riutilizzo e riciclaggio. Attraverso la previsione e la pianificazione, le competenze già esistenti in molti settori potrebbero anche essere reindirizzate verso attività circolari. Inoltre, i lavoratori hanno spesso una conoscenza approfondita dei processi, dei materiali e delle proprie competenze e quindi possono essere i migliori nel definire le opportunità e le soluzioni.
Questi esempi indicano quali sono le scelte di fondo che realizzano già da ora le competenze per i lavori del futuro. Il rallentamento imposto dalla pandemia ci ha insegnato, per prima cosa, che non si possono più fare gli affari come si facevano una volta. I media sono pieni zeppi di articoli e servizi su quali sarebbero le figure professionali future più appetibili e meglio pagate: in realtà si tratta di figure professionali, per cosi dire, “già nate morte”. Chiunque voglia mettersi in testa di creare una nuova impresa o di riconvertire un’attività già esistente, o anche semplicemente la propria professione, deve già immaginare in partenza che gli affari si faranno in modo completamente diverso. Come seconda cosa, questi affari e i lavori che ne deriveranno, saranno ispirati dal buon senso e non da avventure imprenditoriali del “qui ed ora” a proprio esclusivo vantaggio e in danno di tutto il resto: il fattore cooperazione è fondamentale. In terzo luogo, bisogna immaginare che ci possono essere dei guadagni non solo con la riduzione degli sprechi, ma soprattutto con i mancati costi: la decrescita intelligente, sta soprattutto in questo semplice concetto (quello che adottavano le nostre nonne per far quadrare i conti di casa, per intenderci). In quarto luogo, non si può immaginare un lavoro futuro senza abilitazione alle competenze digitali e trasferibili, anche per i soggetti con bassa scolarizzazione, che costituiscono di solito la stragrande maggioranza della disoccupazione. Le competenze trasferibili contribuiscono anche alla resilienza del posto di lavoro, consentendo ai lavoratori di essere impiegati in diverse attività e catene del valore completamente diverse da quelle del passato. Si tratta di un concetto molto diverso, diremmo diametralmente opposto, rispetto alla vecchia concezione aziendale lineare della “mobilità”, cioè di un diritto quasi assoluto dell’impresa di licenziare i propri dipendenti. Molti piani di risanamento e di sostenibilità a lungo termine attualmente non considerano sufficientemente i requisiti delle competenze. Il piano d’azione per l’economia circolare (CEAP) emesso dall’Unione europea all’inizio di quest’anno, ad esempio, non si concentra affatto sulla trasferibilità. Pur affrontando elementi chiave che possono aumentare la resilienza del mercato del lavoro, come l’apprendimento modulare, non lo fa nel contesto della transizione circolare o verde. Le imprese e i governi invece dovrebbero prendere esempio da chi si è già avviato senza indugi lungo la strada dell’economia circolare e dovrebbero coinvolgere e ascoltare i lavoratori durante lo sviluppo di programmi di riqualificazione orientati alla circolarità.