Se si organizzasse un premio internazionale sui provvedimenti più insensati adottati dalle autorità pubbliche, di sicuro avrebbe un successo clamoroso. Quante volte abbiamo dovuto arrenderci alla burocrazia, non riuscendo a portare avanti un progetto personale, non avendo accesso ad atti che ci interessano, non adeguandoci ai tempi lunghi per una risposta, non assecondando ad una richiesta vessatoria (perizia di impatto acustico per un condizionatore domestico), non pagando una multa per aver salvato un animale in difficoltà senza indossare il caschetto protettivo, non partecipando ad una gara palesemente illegittima attivata esclusivamente per far vincere chi era già stato deciso. Di casi del genere ce ne sono talmente tanti che se ne potrebbero riempire intere biblioteche. Il bello è che nella loro essenza questi provvedimenti sono quasi sempre “politicamente corretti”, cioè sorretti da una norma voluta da un parlamento nazionale o un governo locale, ma che poi, quando vengono applicati in modo sciocco, ridicolo, inutile e deprimente, determinano delle palesi ingiustizie che amplificano a dismisura la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni. Quasi sempre si finisce con l’avere, oltre al danno, anche la beffa.
Perché ne parliamo su questo sito? Perché non ci sarà mai nessun passaggio all’economia circolare, almeno nei tempi attesi e necessari, se le attuali amministrazioni pubbliche, soprattutto quelle locali, non creano le condizioni affinché i loro funzionari riflettano, pensino, pianifichino, decidano e agiscano con competenza, immaginazione e creatività. Per essere ancora più chiari, i due pilastri su cui si basa il programma “Next Generation 2.0” dell’Unione Europea, che prevede un finanziamento complessivo di 750 miliardi di euro da spendere entro il 2026, sono rappresentati dalla transizione ecologica dell’economia e dalla digitalizzazione di tutte le procedure delle amministrazioni pubbliche. Se questi pilastri non stanno insieme e restano scollegati tra di loro, il programma può già definirsi fallito in partenza e di fatto questi ingenti capitali verranno gettati al vento. In Italia, ad esempio, che ha un territorio interamente circondato dai mari e dalle Alpi e che è tra i più esposti al mondo ai terremoti e ai dissesti idrogeologici, c’è chi sta riproponendo di nuovo il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina (vecchio di almeno 50 anni e che tutti sanno che non si farà mai), oltre ad imponenti spese per il Trasporto ferroviario ad Alta Velocità (TAV) con il resto dell’Europa. Altre opere altamente impattanti che hanno bisogno di decenni solo per essere progettate: figuriamoci per essere realizzate entro il 2026. Tutto questo viene chiamato “Modernizzazione dei trasporti pubblici”. Ma torniamo alle questioni locali.
L’autore di questo articolo è stato amministratore della sua città (Latina, Italia) per alcuni anni ed ha dovuto fare i conti personalmente con la quella cultura burocratica vecchia e ottusa che risponde sempre e solo con un “no, perché ….” alle richieste dei cittadini: è la mentalità che vede in ogni richiesta prima di tutto un problema e che solo alle proprie condizioni, può trovare una soluzione, eventuale e comunque con tempi lunghissimi. E’ la classica burocrazia che crea i problemi invece di risolverli. Ci è voluto tanto lavoro per far subentrare, anche se solo in minima parte, la cultura del “si, se …” che vede prima di tutto le opportunità che possono derivare dalle medesime richieste. Ogni volta che si cercava di introdurre immaginazione e creatività, l’obiezione dei funzionari interessati era sempre la stessa: “Ma noi abbiamo fatto sempre così …” anche se era evidente che la risposta data ai cittadini era a dir poco inadeguata e inefficace (per non parlare d’altro). Non è solo un problema italiano questo, perché in tutto il mondo le burocrazie stavano andando sempre più in crisi, già prima della pandemia da Covid 19. La crescente diseguaglianza economica tra le nazioni e all’interno delle stesse, l’aumento della popolazione mondiale, l’invecchiamento delle persone nei paesi più ricchi e il relativo aumento dei servizi di assistenza, l’emigrazione dai paesi poveri che viaggia alla media di 3-4 milioni di individui l’anno a livello mondiale (quasi tutti giovani), lo sconsiderato consumo del suolo e le crescenti preoccupazioni per l’emergenza climatica, non ci consentono più di avere meccanismi decisionali lentissimi, metodi egoistici di portare avanti le pratiche amministrative, comportamenti e atteggiamenti scostanti, maleducati e prepotenti nei confronti dei cittadini, oltre alla stupidità del potere che tutto questo rappresenta.
Si tratta invece di far emergere in primo luogo il ruolo di pubblica utilità e di buon senso di una burocrazia che risolve il problemi invece di crearne di nuovi. Basta fare le scelte giuste. Del resto, dopo decenni di riforme e sfide tecnologiche, finalmente stanno facendo breccia le procedure basate sui sistemi informatici e che si possono fare in modo semplice, automatico e direttamente da casa. Queste procedure hanno anche il vantaggio di ridurre drasticamente l’interazione tra funzionari svogliati e i cittadini. L’ulteriore digitalizzazione della pubblica amministrazione quindi può diventare una grande opportunità per velocizzare, in trasparenza e nella legalità, tutte le procedure che ci devono portare nell’era dell’economia circolare. I funzionari che non vogliono o non intendono adeguarsi a tali procedure, devono essere messi nelle condizioni di non nuocere ulteriormente alla comunità, laciando spazio ai colleghi molto più motivati. Questo perché più che un problema di adeguamento alle innovazioni tecnologiche, si tratta quasi sempre della mancanza di volontà di effettuare un cambiamento culturale e per restare aggrappati ai vecchi modi di far carriera nelle pubbliche amministrazioni.
In realtà c’è un grande serbatoio di soddisfazioni da ottenere all’interno degli apparati burocratici: con il raggiungimento dei risultati programmati, con l’eliminazione di passaggi inutili (tipo la riproduzione da parte degli utenti dei documenti che sono già in possesso dell’amministrazione), con la progettazione condivisa e partecipata attraverso i cittadini (mi è capitato personalmente con la scelta degli alberi che dovevano sostituire le piante ammalate di un parco e ormai diventate secche), con l’individuazione degli obiettivi da finanziare nel budget del bilancio partecipativo, con il recupero, soprattutto, della sensazione di svolgere un lavoro utile alla collettività. In altre parole, mettere in campo quella burocrazia che in buona parte è già presente in ogni amministrazione pubblica e privata e che ci tiene tantissimo a far bene le cose e per far del bene agli altri.
In tutto questo la politica conta moltissimo. Anche questo però è un problema di cambiamento culturale. Quella orientata dalla filosofia dei beni comuni appare l’unica politica in grado, almeno nelle intenzioni, di mettere le persone giuste al posto giusto, proprio in un momento storico così delicato come quello che stiamo attraversando. Perché anche se non le trova al proprio interno, le persone giuste se le può andare a cercare all’esterno, non avendo alcun interesse personale da preservare. Trasformati in questo modo gli apparati amministrativi, il premio internazionale sui provvedimenti insensati, probabilmente a quel punto diventerebbe inutile. Non a caso in tutto il mondo si stanno diffondendo le esperienze di burocrazia creativa. Sembra impossibile anche solo pensarlo, ma è così. Ne riparleremo presto.
Leggi anche su questo sito:
La stupidità della burocrazia che produce danni all’economia
Comments 1