Creare prodotti di valore dai rifiuti, da quelli organici in particolare, è sicuramente il principale degli obiettivi dell’economia circolare. In gergo tecnico il processo si chiama “bioconversione” ed utilizza una molteplicità di esseri viventi (insetti, lombrichi, funghi, batteri, ecc.), che vengono riprodotti in condizioni controllate per ricavarne prodotti farmaceutici, lubrificanti, biocarburanti, coloranti naturali, proteine, lipidi e persino fertilizzaznti. Per la verità le attività commerciali incentrate sulla produzione di massa di insetti “trasformatori” esistono da secoli (api mellifere, falene della seta, insetti della lacca): lo stesso discorso vale con certi tipi di funghi con i quali si ottengono formaggi molto pregiati. Tuttavia il processo è in fortissima espansione in tutto il mondo per due ragioni di fondo. La prima sta nel fatto che la bioconversione permette di estrarre ricchezza da prodotti di scarto (avanzi di cucina, sfalci e potature, residui di lavorazione delle agro-industrie, ecc.) che rappresentano un problema sia economico (la tassa sui rifiuti) che ambientale, soprattutto quando devono essere smaltiti o comunque trattati per ottenerne biogas e compost. La seconda consiste nel fatto che si possono crare in questo modo nuovi business che incrementano notevolmente i posti di lavoro disponibili; questo in base al modello cosiddetto ad alta intensità di mano d’opera (“labour intensive”), che permette di abbandonare il vecchio modello ad alta intensità di capitale (“capital intensive”). Il processo della bioconversione basata sugli insetti, già da anni fornisce soluzioni tecniche e pratiche per riutilizzare grandi quantità di scarti agricoli e i rifiuti alimentari provenienti dall’agricoltura e dalle industrie di trasformazione alimentare. Questo modello di business è entrato così in competizione con le discariche, i termoinceneritori e persino con i tradizionali inpianti di compostaggio: tutte strutture che erano e sono, per l’appunto “capital intensive”. Oltretutto questi processi richiedono poco spazio per essere realizzati e necessitano di poche risorse energetiche. Ma la caratteristica più importante sta nel fatto che i bioconvertitori riescono ad estrarre gas serra dall’atomosfera (invece che immeterli) per poi convertirli in prodotti a più alto valore di quelli ottenuti da processi convenzionali: tipo l’allevamento del bestiame. Vuol dire che dare da mangiare gli scarti organici alle mosche soldato (i più promettenti tra gli insetti bioconvertitori) piuttoto che direttamente alle mucche o ai polli, determina un maggiore valore aggiuntivo. All’atto pratico si danno da mangiare gli scarti organici direttamente agli insetti che poi a loro volta verranno trasformati in farine e mangimi per alimentare gli animali. Questo perché, a parità di condizioni con le mucche e i polli, il processo di bioconversione degli scarti alimentari con gli insetti rispecchia meglio la decomposizione naturale della materia organica negli interi ecosistemi nel loro complesso e non solo attraverso alcune specie animali (quelle di allevamento, nel nostro caso). In questi sistemi gli insetti, i lombrichi, i funghi, i batteri e una vasta gamma di invertebrati colonizzando, degradando e digerendo i rifiuti alimentari, convertono i nutrienti contenuti nella sostanza organica per i propri bisogni metabolici e riproduttivi. In condizioni controllate, le specie responsabili del processo di decomposizione possono essere regolate e le condizioni ambientali costanti possono essere ottimizzate per favorire la crescita e la bioconversione delle specie che svolgono il servizio. È importante sottolineare che il valore può essere prodotto in più fasi del processo di bioconversione, ma quella più interessante dal punto di vista economico-ecologico è lo stadio larvale degli insetti. L’ulteriore aspetto da tenere in considerazione è il notevole incremento occupazionale che si determina con la raccolta domiciliare dei rifiuti: in particolare di quelli organici che, anche per motivi di igiene, devono essere raccolti prima possibile. Ma passiamo agli esempi.Lo stabilimento sudafricano di Agriprotein è stato tra I primi ad impiegare giornalmente circa 72 tonnellate di rifiuti alimentari per generare 16 tonnellate di “farina di insetti” (polvere essiccata dalla biomassa di insetti macinati ) e 9 tonnellate di olio di insetti (estratto dal grasso delle larve) e 88 tonnellate di fertilizzante ( www.agriprotein.com). L’azienda francese Ÿnsect a sua volta trasforma gli insetti in ingredienti di qualità ad alto valore aggiunto per animali, pesci, piante e, in futuro, esseri umani. La società ha già in mano 300 brevetti riguardanti 30 diverse famiglie di bioconvertitori (inclusi i coleotteri “Molitor” e “Buffalo”) che vengono allevati in apposite fattorie verticali che dispongono di un’impronta di carbonio negativa (www.ynsect.com). A sua volta l’altra azienda francese Nextalim ha avviato uno stabilimento industriale che si trova a Poitiers e dove si sviluppamo, si testiamo e si implementamo le nuove soluzioni tecnologiche per allevare mosche soldato( www.nextalim.com ). Altre aziende attive in questo nuovo settore sono la UNIQUE ( www.gzunique.com.cn ) e la Alapre ( www.insectmeal.com.co ).Dunque, la strada maestra dell’economia circolare per la riutilizzazione dei nutrienti da trasformare in risorse economico-ecologiche con maggiore valore aggiunto, non solo è aperta, ma promette di diventare presto il nuovo business del futuro tra i modelli produttivi basati sull’alta intensità di lavoro e sulla sostenibilità. Qualcosa di impensabile fino a pochi anni fa, ma che dei visionari hanno saputo trasformare in realtà: anche quì parliamo di nutrimento. Ma in questo caso della nostra mente.Leggi anche su questo sito:Eliminare i rifiuti usando intelligentemente gli insettiServizi ecosistemici: la ricchezza inconsapevole