Il nostro viaggio nella nascente “Nature Economy” prosegue questa volta affrontando il più preoccupante dei problemi oggi all’ordine del giorno: come convertire in modo sostenibile l’attuale produzione di cibo a livello mondiale. Tra l’altro, proprio mentre la popolazione sta aumentando sempre di più ed è generale la preoccupazione di poter fornire ad ogni ospite della nostra Madre Terra tutto il nutrimento quotidiano di cui ha bisogno. Nutrimento che già sarebbe disponibile se solo si affrontassero alla radice le gravi diseguaglianze economiche esistenti attualmente tra i popoli e le nazioni. Ma per soddisfare questo bisogno occorre comunque mantenere rese produttive elevate dai terreni coltivati. Ed anche questa cosa oggi è possibile soprattutto, però, attraverso l’utilizzo di grandi quantità di pesticidi e fertilizzanti chimici.
SI PUO’ FARE ANCHE SENZA PESTICIDI
Ma questo secondo aspetto molto controverso, l’alta produttività dei campi garantita da veleni e altri prodotti chimici che hanno pesanti effetti collaterali, è ormai superabile.
Una società agricola americana (la Adaptive Symbiotic Technologies) ha trovato una “via biologica” per rendere questo traguardo facilmente raggiungibile, persino risparmiando un’altra risorsa limitata qual è l’acqua. Lo ha fatto capovolgendo completamente l’approccio e i metodi di coltivazione. Metodi che finora si sono basati sull’uccisione e l’allontanamento di tutti quegli esseri viventi (erbe spontanee, batteri, funghi, insetti, volatili, ecc.) che danneggiano o interferiscono con le coltivazioni stesse. L’azienda americana invece ha pensato di utilizzare la simbiosi (un fenomeno naturale molto conosciuto ma poco studiato) per aumentare le rese produttive.
CREATURE ALLEATE
La simbiosi è in sostanza la capacità di due esseri viventi di aiutarsi reciprocamente a crescere. Ne sono un tipico esempio i tartufi che si sviluppano insieme alle radici degli alberi che li ospitano; quindi non a loro spese, come avviene per altri tipi di microrganismi. L’azienda di Seattle ha pensato di trattare i semi dei cereali con dei particolari tipi di batteri e funghi (la formula ovviamente è segreta) in grado di aiutarli ad essere più resistenti e più produttivi. Gli studi hanno dimostrato un aumento di rese fino all’85% per il mais, mentre il consumo di acqua si è ridotto generalmente di un terzo e persino del 50% nel caso del riso.
Per ora si tratta di indicazioni fornite dalla società che ha messo a punto il metodo, ma sempre di più gli scienziati di tutto il mondo ritengono questa strada molto più praticabile rispetto all’ingegneria genetica. Appare insomma scientificamente evidente che funziona di più e meglio “copiare” la natura e usarne gli stessi “trucchi” e le stesse risorse rispettandone l’ordine profondo che ha in sé, anziché stravolgerne il corso come avviene con gli organismi geneticamente modificati. Studiare, conoscere e seguire la Natura, è dunque non un fatto ideologico o una scelta naïf e poco razionale per i soliti “alternativi” del biologico alla moda.
È la vita stessa che funziona così.
Le cifre dell’insostenibilità
Fino a poco tempo fa (la situazione è solo in parte cambiata con la crisi economica in corso) ogni anno sui terreni agricoli italiani, che sono circa 13 milioni di ettari, vengono buttati oltre 100mila tonnellate di fungicidi, circa 40mila tonnellate di insetticidi e circa 30mila tonnellate di diserbanti. Se si calcola che mediamente servono 100 litri d’acqua per distribuire in campo 100 grammi di prodotto, si rileva che ogni anno vengono utilizzati circa 1,7 miliardi di litri, solo per questo scopo. Mediamente in Italia, negli ultimi anni sono state utilizzate oltre 4 milioni e mezzo di tonnellate di concimi, cui corrispondono circa 1,7 milioni di tonnellate di fertilizzanti in gran parte idrosolubili, che cioè si sciolgono nell’acqua: sempre come media, ogni anno un ettaro di terreno agricolo coltivato ha ricevuto 53,2 kg di azoto (per lo più sotto forma nitrica e ammoniacale), 31,4 kg di fosforo e 23,7 kg di potassio. L’azoto chimico non esiste in natura; si estrae dall’aria ad altissime temperature con processi produttivi molto complessi.
INSETTI CHE PRODUCONO COMBUSTIBILE
Nelle nostre case non sono ben viste, specie quando troviamo i loro buchi sui mobili e vestiti: le termiti in natura sono in grado di realizzare nidi spettacolari, vere e proprie costruzioni alte alcuni metri che in proporzione fanno risultare i nostri grattacieli come delle casette insicure, dispendiose di energia e calore. I termitai, che si trovano soprattutto in Africa ed Australia, rappresentano tutt’oggi un vero mistero edilizio: alla base presentano un terreno argilloso che è un ottimo materiale ceramico da costruzione, migliore persino dei laterizi comunemente usati nel settore edile. Una volta abbandonato il nido, i terreni intorno risultano molto più fertili. Ora però si è scoperta un’altra interessante caratteristica di questi laboriosi insetti: metabolizzando il legno di cui si nutrono, producono idrogeno, ormai considerato il combustibile del futuro.
Quello che ha colpito i ricercatori di microbiologia terrestre dell’Istituto Max Planck di Marburg e Giessen in Germania è la loro grande efficacia nella conversione energetica. Basti pensare che dalla cellulosa contenuta in un normale foglio di carta A4 sono in grado di ottenere 2 litri di idrogeno: una quantità di carburante pulito e rinnovabile in grado di far viaggiare un’auto alimentata da celle a combustibile per 10 km. Il processo è completamente ecologico, non produce alcun tipo di rifiuti. Per il momento però la scoperta non è ancora sfruttabile a livello industriale; questo cosiddetto bioidrogeno ha una resa ancora lontana rispetto ai carburanti convenzionali (benzina e diesel).
Formiche “zappatrici” al posto dei fertilizzanti chimici
Un altro modo di utilizzare, anziché sterminarlo, ciò che vive nei campi a vantaggio dell’agricoltura e della produzione di cibo è quello dei ricercatori delle Università tedesche di Göttingen, Würzburg e Lund. Questi scienziati della terra sono partiti da un approccio diverso da quello della società americana, di cui parliamo nell’altro qui accanto, ma orientato dallo stesso principio di ricerca di vie naturali e biologiche per incrementare i raccolti. E i risultati non mancano: alcune prove in campo realizzate in Indonesia hanno dimostrato che una colonia di un particolare tipo di formica può aumentare il rendimento delle piantagioni di cacao in modo significativo. Questi alberi di cacao sono popolati dalle formiche naturalmente ed i ricercatori hanno scoperto che i raccolti scendono in media del 27% negli alberi dove le stesse formiche sono assenti. La causa esatta di questi incrementi produttivi le ricerche non l’hanno ancora dimostrata, ma appare sempre più chiaro che si tratta di una capacità indiretta di fertilizzazione causata proprio dalle attività delle formiche. Scavando e metabolizzando i microorganismi di cui si nutrono, gli insetti permettono alle radici di espandersi e di approvvigionarsi meglio di acqua e dei nutrienti di cui hanno bisogno per far crescere le bacche di cacao. I laboriosi animaletti, dunque, opererebbero come mincuscole “zappe”. Anche in questo caso dunque la Natura ha pronta la soluzione ai costosi ed inquinanti metodi con cui si producono attualmente i fertilizzanti agricoli.