C’è un leader politico italiano, Matteo Salvini, che dopo aver evitato per mesi l’utilizzo della mascherina in pubblico, ora la sta usando sistematicamente per esibire, soprattutto davanti alle telecamere, il simbolo elettorale del suo partito, oltre che di se stesso. Si tratta di una propaganda elettorale indiretta non giustificata da iniziative istituzionali e realizzata in piena violazione delle regole sulla par condicio, perché svolta al di fuori di un procedimento elettivo in corso. Ma siccome in Italia non esiste una legge che regola la propaganda politica nei periodi non elettorali, ecco che questa diventa la solita “furbata all’italiana” per catturare facilmente consenso parlando male di ciò che stanno facendo gli attuali avversari politici (in parte ex alleati, rispetto a quando era lui al governo), proprio in un periodo di grave crisi come quello che stiamo attraversando. Non ci interessa in questa sede schierarci per una o l’altra parte politica, ma semplicemente evidenziare un fenomeno che sta ulteriormente alimentando, proprio in quest’epoca drammatica, la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni. La propaganda elettorale quindi è la motivazione di questa logica che alimenta più la sfiducia che la ricerca di soluzioni condivise. La mascherina in questo modo, invece di essere un semplice mezzo di protezione individuale e collettiva dalla pandemia, diventa un ulteriore strumento per ottenere consenso, attraverso l’alimentazione della paura e la demolizione dell’avversario.
L’esempio ci serve anche per indicare quanto la politica nostrana, ma anche quella di altri paesi, sia ormai ridotta ad una petulante, ripetitiva, impreparata e perfettamente inutile riproposizione degli stessi argomenti di parte. L’avversario, soprattutto se al governo, è sempre in errore e prende decisioni basate su menzogne nascoste ai cittadini. E se non è in errore e dice la verità è comunque sempre in ritardo. E anche se non è in ritardo comunque poteva far meglio quello che ha fatto. C’è sempre qualcosa che non va e che giustifica il disprezzo intellettuale e morale della controparte. E quando poi questa risponde con i propri argomenti, partono automaticamente la derisione e la diversione sugli argomenti in agenda: il “benaltrismo” (parlare di altro rispetto al problema all’ordine del giorno), lo sviamento delle proprie colpe attuali e recenti ed accertate anche dalla magistratura (ad esempio sui finanziamenti pubblici al proprio partito) rinfacciando all’avversario altre colpe di lontana e non accertabile provenienza; scambiare per errori altrui le proprie scelte propagandistico/elettorali di governo (vedi le politiche sull’immigrazione) ed altre amenità del genere.
A rinforzare questa perversa logica propagandistica ci si mettono quotidianamente anche i mass media nazionali e locali. Media che gran parte in Italia non potrebbero sopravvivere con i proventi delle loro attività, come avviene nei paesi dove l’editoria è un settore imprenditoriale a se stante (il famoso quarto potere), ma vengono editati solo grazie ad iniziative lobbistiche che nella politica di parte trovano le loro radici profonde e nascoste. Su questi media, in particolare giornali quotidiani, non passa giorno in cui non si trovano articoli che già nel titolo contengono il discredito che ne rappresenta il vero obiettivo di pubblicazione: insinuazione di dubbi inesistenti o comunque confutabili, incertezze amministrative pur in presenza di atti concreti già compiuti, esaltazione di problemi secondari rispetto a quelli principali, travisamenti sistematici della realtà attuale e storica. Ad esempio (parlo per esperienza personale), quando l’interesse lobbistico politico che sta dietro ad un quotidiano locale è quello di continuare a far produrre più possibile rifiuti indifferenziati (contrariamente a ciò che prevedono la legge e i princìpi dell’economia circolare). Per questo tipo di disinformazione le nostre città sono sempre indecorose, non perché vengono sistematicamente sporcate dagli incivili, ma perché qualcuno poi non passa tempestivamente a pulirle.
Se poi si prova ad eliminare il problema a monte, ad esempio con la raccolta differenziata domiciliare e la pesante repressione dei comportamenti illegittimi, si deve tenere ben presente il linciaggio mediatico che quel quotidiano riserverà ad ogni occasione sulle sue pagine (magari appositamente inventata), per attuare la disinformazione. Basta poi abbinare il tutto con qualche foto che ritrae il protagonista dell’articolo in modo poco attraente o sgraziato e il gioco è bello che fatto. Il discredito permanente dell’avversario ha sempre molte probabilità di andare a buon fine quando viene spacciato (letteralmente) per informazione giornalistica. Anche se a farne le spese, in ultima istanza, sono le istituzioni pubbliche e la fiducia che in esse vi ripongono i cittadini.
Ma questo modo di fare politica spalleggiato da un giornalismo servile è ormai arrivato, come si dice in Italia, “alla canna del gas”: una sorta di suicidio mal-destro e dissimulato (mal-destro perché è soprattutto la destra a farne un uso massiccio). Da sola la propaganda, anche con le mascherine, come dimostra l’ironico fotomontaggio qui a destra, non funziona; anzi, porta pure male. Soprattutto i giovani, tipo quelli raffigurati nell’immagine di apertura di questo articolo, se ne sono già accorti. In tutto il mondo la pandemia sta evidenziando come la società civile e molte organizzazioni di volontariato sono in grado di sostituirsi ai politici impreparati e incompetenti, soprattutto a livello locale, perché sono stati capaci di attenuare e confinare l’infezione in quanto già svolgevano ruoli chiave nella società in generale e nelle loro comunità in particolare. E’ una lezione su cui c’è molto da riflettere e da imparare per affermare un nuovo modo di fare politica in grado di eliminare la furbizia e la cialtroneria oggi imperante. Questi esempi, in sostanza, stanno dimostrando che è necessario e possibile, oltre che desiderabile, un cambiamento radicale nel modo in cui operano, ad esempio e in primo luogo, i Consigli comunali. Ma il discorso vale anche per le altre istituzioni rappresentative che periodicamente siamo chiamati ad eleggere, fino ad arrivare ai parlamenti nazionali e comunitari.
Ne riparleremo con altri approfondimenti su questo sito, ma intanto, se vi interessa, potete leggere anche quelli abbinati ai seguenti link:
Nella “tana del drago”, nuovi modi (vincenti) di fare politica
Le storie che cambieranno la Storia: il caso Flatpack 2021
Come creare consenso elettorale con la pandemia
Nuovi modi di fare politica: i progetti di comunità
La “magia” dei luoghi che sono già nel futuro
Vincere le elezioni dal basso e sconfiggere il populismo
La rinascita della politica che parte dal basso
Le alternative politiche per risolvere la crisi globale ci sono