Potete anche non crederci, ma l’autore di questo articolo è nato proprio il giorno e nel luogo, Borgo Sabotino – Latina (in Italia), dove è stata realizzata la prima copia della prima centrale nucleare incidentata della storia e del suo modo fasullo di produrre energia “rinnovabile”. Per questa coincidenza sarebbe dovuto diventare un ingegnere nucleare, invece che il giornalista d’inchiesta che è oggi. Parliamo di scelte, quella dell’energia atomica e di chi l’ha sempre contrastata, che avranno conseguenze economiche, sociali, ambientali e sanitarie ancora per centinaia di anni, comunque vada a finire. Quell’incidente aveva anche altri primati, perché si è sviluppato nel primo impianto nucleare “commerciale” attivato al mondo dopo l’uso della bomba atomica su Hiroshima, alla fine della seconda guerra mondiale. La centrale nucleare incidentata era quella di Sellafield, nella contea della Cumbria, in Inghilterra. Un impianto che ora, secondo documenti ufficiali, dovrebbe raggiungere un nuovo primato: quello di essere il primo sito dove si promuove un turismo collegato alle centrali atomiche ormai dismesse e “messe in sicurezza”.
Dopo la sua chiusura, avvenuta nel 2003, le autorità competenti del Regno Unito hanno stabilito che il reattore si Calder Hall-Sellafield non potrà essere smantellato prima dei prossimi 100 anni. E siccome ci saranno da pagare un sacco di costi per la sicurezza, il controllo radiologico e le manutenzioni dell’impianto, hanno pensato che l’idea migliore per avere dei ricavi, è quella di trasformarlo in una “attrazione turistica di valore storico”. Ma non è chiaro in che cosa consisterà un’attrazione che dovrebbe motivare le persone a visitare un posto del genere al tal punto da pagare persino un biglietto d’ingresso.
Nelle conclusioni di un recente documento riservato redatto da una società incaricata dal governo inglese appositamente per verificare se con quel reattore ci si potesse guadagnare ancora qualche soldo, sostanzialmente è stata scoperta la formula dell’acqua calda: cioè che per gli imprenditori, le industrie e gli stakeholders locali l’impianto ha poco valore, che la conservazione del suo patrimonio immobiliare è molto limitata e per questo non se lo comprerà mai nessuno, che non ci sono infrastrutture adeguate per i potenziali turisti (mancanza di negozi, bar, parcheggi, ecc.), che un parco giochi tra i depositi di rifiuti radioattivi è poco attraente e che se si avvia lo smantellamento dell’impianto, difficilmente i genitori saranno invogliati a portarci i loro bambini per visitarlo. L’unico punto forte che sosterrebbe l’idea turistica è quella di creare una sensazione diffusa di tranquillità per un “mostro” che non fa più paura, anche se in realtà non ci sarà alcun accesso di visitatori all’interno del reattore, ma solo all’esterno. Tutto sommato la centrale ormai è ferma da anni e i pericoli per la salute della popolazione locale ormai sono passati. I visitatori quindi potrebbero essere attratti sia per prendere atto di come il “mostro” è stato reso inoffensivo definitivamente (mantenendolo in tale stato per almeno un secolo con i soldi dei contribuenti) sia per conoscere la storia dell’energia nucleare in quel sito. Sempre ammesso che si voglia raccontare la vera storia dell’impianto di Calder Hall – Sellafield e dei suoi tanti, tristi e misteriosi primati. E quì veniamo anche alle coincidenze di carattere personale che hanno coinvolto fin dalla nascita l’autore di questa inchiesta.
Quel reattore infatti, era stato progettato per motivi militari (era denominato inizialmente Windscale) allo scopo di produrre plutonio: un elemento quasi inesistente in natura (si trova solo in particolari zone del pianeta, quasi sempre associato all’uranio), che all’epoca era indispensabile per la realizzazione degli arsenali di bombe atomiche. Il plutonio si ottiene in quantità relativamente abbondanti con la fissione degli atomi di uranio (cioè dalla loro spaccatura). E’ con questo elemento che è stata fatta esplodere la bomba atomica su Nagasaki: non quella di Hiroshima che era ad uranio arricchito (ci torneremo su con un altro articolo). Per mascherare il reale scopo militare per il quale la tecnologia nucleare è stata messa a punto, i paesi che avevano avviato programmi per dotarsi della bomba atomica a fissione, tra i quali l’Inghilterra, inventarono lo slogan “Atomi per la Pace” al fine di costruire impianti elettronucleari commerciali in giro per il mondo. A quello di Sellafield fu dato il nome di “Magnox” e fu il primo reattore ad essere venduto ad un altro paese. L’ordinazione fu commissionata dal governo italiano di allora e il sito individuato per la realizzazione era quello di Borgo Sabotino – Latina, circa 60 km a sud di Roma. I motivi di questa scelta ancora oggi sono sconosciuti. Oggi sappiamo comunque che l’ordinazione è stata firmata proprio nei giorni in cui nell’impianto inglese è accaduto il primo incidente nella storia delle centrali nucleari. Si stava vendendo in sostanza il prototipo di una macchina già rotta, non collaudata e che già si sapeva (o almeno immaginare) che poteva essere pericolosissima. Ma nessuno disse niente.
La causa dell’incidente infatti fu un incendio che rapidamente si estese a tutto il reattore per via della presenza di grafite (un materiale altamente infiammabile) nel suo nocciolo. La grafite veniva impiegata come “moderatore”, cioè per fare in modo che la scissione degli atomi avvenisse alla velocità giusta (né troppo veloce, né troppo lenta) per ottenere una reazione a catena ottimale. Per spegnere l’incendio, durato 4 giorni, fu utilizzata acqua di marina (Sellafield si trova sulla costa a nord del Mare d’Irlanda) che creò una imponente nube radioattiva e che a sua volta finì direttamente in atmosfera. Si legge su Wikipedia che il rilascio radioattivo è stato pari ad un decimo della bomba atomica di Hiroshima. Per quell’incidente sono stati ufficializzati solo 300 morti, anche se la nube radioattiva attraversò tutta l’Europa del Nord. A Londra, che è distante 500 km, la radioattività salì di 20 volte rispetto ai livelli di fondo naturale.
Queste informazzioni sono di particolare importanza perché la grafite è stata utilizzata in tutti i reattori “Magnox” (incluso quello italiano), ma era anche il moderatore inserito nel reattore di Chernobyl, esploso nella notte del 26 aprile 1986. E’ stata la causa principale della nube radioattiva che poi si è propagata in tutto il mondo. Fu proprio la corrente ascensionale dovuta all’incendio della grafite a far arrivare la nube negli strati più alti dell’atmosfera.
Ed è proprio la presenza della grafite impregnata di radioattività, visto che non si sa come rimuoverla senza correre rischi, il vero motivo per cui le autorità inglesi hanno deciso che lo smantellamento di Sellafield e degli altri reattori Magnox non inizierà prima dei prossimi cento anni. Senza considerare che il plutonio che vi è sicuramente contenuto, ha un tempo di dimezzamento della radioattività di oltre 24mila anni. Con buona pace per Greta Thunberg e dei movimenti “Fridays For Future”.
Questo è il reale “valore storico” che dovrebbe essere raccontato ai potenziali futuri turisti delle centrali nucleari disseminate in tutto il mondo, realizzate con i soldi dei cittadini per fare da paravento alla costruzione delle bombe atomiche e alla stupidità umana che le ha prodotte.
Leggi anche su questo sito:
L’incubo nucleare può ritornare nel prossimo futuro
Il mito dell’energia “amica” del clima
La finta ecologia dell’idrogeno “verde”
Comments 1